Chiara trentenne ragusana, ma ormai cittadina livornese, dopo la sua esperienza a Kabul ha sentito la necessità di raccontare il suo anno vissuto in Afghanistan in epoca di pace.
Dopo una lauea in Scienze internazionali e diplomatiche con specilaizzazioni nell’islam che ha sembre amato, ha voluto fare esperienza sul ‘’campo’’ e seguendo le casualità della vita, dopo un tirocinio universitario ad Abu Dabhi per quattro mesi, si è trovata a Kabul invitata da un diplomatico conosciuto all’ambasciata italiana.
Chiara racconta le sue giornate a Kabul che non è più un paese in guerra permanente, o quantomeno la sua posizione privilegiata le ha permesso di vedere i lati positivi di un paese che uscendo distrutto da una guerra, sta cercando di ricostruire e conservare se stesso e le sue tradizioni.
Una prosa fresca fluida, avvolgente, che ci porta ad amare l’esotismo dell’Afghanistan lontano ormai dai rulli dei tamburi
Ho telefonato a Chiara per intervistarla quando è tornata in Italia. Mi ha risposto mentre era al supermercato, perchè ora, tornata alla normalità si è costruita ua vita ‘’italiana’’ fatta di lavoro, emozioni e programmi per il futuro. E’ fidanzata con un italiano e lavora nella pubblica amministrazione dove si occupa di comunicazione.
Ti ho conosciuto grazie al tuo libro appena uscito. E mi sono chiesta cosa volesse dire il titolo.
Il titolo rispecchia quello a cui mirava il libro stesso: parlare di un paese che si sta rimettendo in marcia e non solo ricordare le brutture della guerra passata. Sono stata un anno a Kabul, da gennaio a dicembre, un periodo intenso in cui sono riuscita però ad ad assaportare qualcosa di diverso dalle immagini negative che affollano la nostra mente.
In che cosa è diverso il tuo libro da altri che trattano lo stesso argomento?
Ho cercato di raccontare non solo la negatività, ma anche gli aspetti positivi, la cultura, l’umanità. Come per esempio l’incontro con il famoso ”libraio di Kabul”
E il tè cosa c’entra?
Come avrai letto nel libro, il tè sostituisce in parte il nostro rito del caffè. Indica ospitalità e voglia di entrare in contatto con te…Il tè accompagnato spesso da caramelle e pinoli…
E adesso cosa fai, farai?
Sono stata in giro per l’Italia ed adesso eccomi qui.Mi sono anche fidanzata con un ragazzo che non è quello con cui stavo prima di partire. La mia permanenza a Kabul mi ha cambiato e mi ha dato modo di osservare la mia vita e rimetterla a posto.
Ma ha scelto un’esperienza ”dura” per rimettere a posto la tua vita. Cosa ti aspettavi e cosa hai trovato?
Mi occupavo già in Ambascuata di facilitare la vita dei nostri conazionali e quindi mi ero già avvicinata a questa cultura. Ma volevo conoscerla più da vicino.
La cosa più bella e quella pùi brutta?
La più bella, la loro ospitalità. Aprivano sempre la loro casa , anche allo straniero.
La cosa più brutta è la situazione delle donne.
Come racconto nel libro mi sono travestita da afgana in una visita in area pericolosa. Con il burka ero una di loro ed ho provato una sensazione claustrofobica. Il burka impedisce di essere viste ma anche di vedere. Le donne sono quindi escluse dal mondo anche fisicamnente.
Perchè hai usato proprio questo titolo?
E’ un proverbio afgano che indica proprio che il tè non è solo una bevanda ma viene prima di tutto, anche della gerra. E’ un momento di approfondimento e di scambio. Rifiutarlo è offensivo.
Quello che tu racconti non è solo una differenza cultuale, ma di una visione diversa del mondo?
Il libro è nato perchè volevo proprio raccontare ai miei cosa mi stava succedendo a Kabul.
Che ne pensi della vita della donne a Kabul?
Sono abituate a questa vita di sacrifici a cui sono educate fin dalla nascita. Non se ne rendono forse conto forse prechè non conoscono le alternative, il mondo che c’è fuori. Nascere donna è una fortuna quindi in Afghanistan. Non solo per il burka. E’ un fardello per le famiglie che devono cercare anche un marito.
‘’Prima bevi il tè. Poi fai la guerra’’ – Un anno a Kabul
Di Chiara Castaldi
2 commenti
Brava Chiara!
“BISOGNO LAVARE GLI OCCHI, E VEDERE DIVERSAMENTE”
Noi (Afghani) abbiamo bisogno di persone come te per far verdere al mondo un Afghanistan divreso da quello visto dagli occhi di un politico.
Grazie,
Grazie a te Qasim! grazie di cuore! 🙂