La Ragazza con gli Occhi Verdi
Perché il nome è più che una parola: invoca ed evoca la presenza.
(Ermes Maria Ronchi)
Lara Cove se ne stava lì, seduta a quel tavolino a scrivere il suo pseudonimo su un foglietto di carta tutto stropicciato: La Ragazza con gli Occhi Verdi. Dopo averlo tracciato con la penna nera per ben 28 volte, sospirò.
Per un attimo fissò il vestito che indossava. A casa ne aveva provati diversi prima di decidersi, ma sul nome non poteva sbagliarsi. Se lo sentiva addosso come un sortilegio, come una missione. Se lo trascinava dietro come un profumo.
Prima di uscire aveva salutato la bambina regina che era nell’altra stanza a giocare con Camilla e Bley, il fantasma immaginario. Le aveva fatto un cenno lieve con la mano, per non smuovere aria e armonia, ma le due balene fluttuanti nei suoi occhi balzarono come un presagio. Quel guizzo la fece istintivamente avvicinare allo specchio. Il verde dell’iride era offuscato da una nebbia, una carrozza bianca volante. Chissà cosa vedrò oggi, pensò Lara.
“Lo spazio prima di un abbraccio. La perdita dell’attesa. Le ombre sul muro della vita che solo voi due avete visto”, disse la Delfica all’improvviso.
Lara si girò di scatto e disse: “Quindi oggi la rincontrerò”.
“Sì e quando la vedrai, trattienila. A cento passi di distanza ti scioglierai in mille parole e nel riquadro oro dell’ora tarda, l’orizzonte scialbo circonderà le vostre mappe, come un grido di sirena. Adempirai all’obliquo e indovinerai il suo dolore. Da lembo a lembo, userai una a una ogni lettera dell’alfabeto e premerai contro la vita, contro la trafittura di cuori e luoghi, che solo voi avete visitato. Non conterai i minuti e mieterai spighe d’acqua nelle tue tante voci, ma nel faro il Fante ed io intrecceremo una corona di stelle per te”. L’oracolo era stato pronunciato e a Lara non restava altro che andare incontro al suo destino.