La bellezza della scrittura. Anche come dissenso, politico, sociale, culturale
La scrittura ci avvicina a noi stessi, ci fa spuntare le ali e ci porta a scoprire periferie del nostro io che pensavamo non esistessero. La scrittura è mondo puro, senza infingimenti o compromessi, nel quale possiamo perderci senza mai avere il timore di non ricordare la strada per tornare indietro. Inventiamo universi paralleli, affidiamo al foglio segreti riposti negli angoli più nascosti, ci mettiamo a nudo senza vergogna, provando a risalire il flusso dei ricordi, morendo un poco e rinascendo ogni volta.
Scriviamo, perché così cristallizziamo le nostre emozioni, ci soffermiamo sul respiro delle cose importanti e le soppesiamo, nel silenzio di un istante tutto nostro, magari nottetempo, quando il resto del mondo dorme, quando i figli sono stati messi a letto, quando abbiamo appena finito di lavorare, fuori casa o dentro le mura domestiche.
La scrittura è terapia; parliamo con noi stessi, oltre che con gli altri, ci facciamo mille domande, ci diamo, a volte, poche risposte, che però ci aiutano a prendere delle decisioni che ci stanno a cuore. Scrivendo abbiamo proclamato il nostro amore a qualcuno, rotto relazioni, recuperato vecchie amicizie, pianto insieme ad un amico lontano.
Certo oggi, la tecnologia ci avvicina al mondo esterno in un modo assolutamente innovativo e ci si approccia a gli altri in maniera più diretta; la scrittura risulta svilita nella miseria delle poche, essenziali lettere degli sms, di cui tutti ci serviamo per ottimizzare il tempo.
Eppure possiamo utilizzare proprio questa tecnologia per mandare lontano il nostro pensiero.
Possiamo utilizzare un figlio elettronico, anziché la cara, vecchia carta, per imprimere le nostre parole e lasciarle agli altri, perché le leggano e le facciano proprie.
Senza sentimentalismi, (se ne abbiamo voglia) possiamo anche dimenticarci della penna e digitare sulla tastiera uno scritto, salvandolo, modificandolo, levigandolo come uno scultore fa col marmo.
E noi donne, così analitiche, che guardiamo all’universalità delle cose partendo dalla scomposizione di ogni minimo particolare, noi dobbiamo regalarci il piacere della scrittura, come facevano le donne dei tempi più remoti (quelle che avevano avuto l’opportunità di imparare a leggere e a scrivere), che tenevano diari, in epoche in cui non era concesso loro di fare granché, se non occuparsi della casa, dei figli e fingere di non capire le dinamiche della vita. Oggi che siamo alfabetizzate, che abbiamo dimostrato tutto quello che c’era da dimostrare, riprendiamoci l’intimità con noi stesse, inventiamoci storie, scriviamo poesie, facciamo conoscere la bellezza del nostro sentire, senza imbarazzi, senza paure.
Scriviamo, con la penna, col computer, annotiamo tutti i tumulti che ci rincorrono, scriviamo ai nostri compagni, agli amici, ai figli, ai genitori, alla società.
Facciamo in modo che la scrittura diventi più che mai strumento di approfondimento, o anche di dissenso, politico, sociale, culturale.
E poi leggiamo, teniamoci informate, comunichiamo coi giornali, con le redazioni letterarie, col mondo esterno che a volte ci appare irraggiungibile e ostile.
Facciamo della scrittura e ovviamente della lettura, delle bandiere che il tempo non possa scolorire.
fonte: http://www.cinquew.it