Una vita complessa non si può riassumere in poche parole.
Enrico Andreoli, padovano, classe ’56, sposato con figli. E una vita strana alle spalle…che vi consiglio di leggere fino in fondo anche se lunga. Ma si sa, una vita complessa non si può riassumere in poche parole.
Ci racconti di te?
Sono nato a Padova il 10 gennaio del 1956. Molti gli astrologhi considerano il 10 gennaio come il giorno più sfortunato dell’anno. Io l’ho sempre saputo, fin prima di nascere. Hanno dovuto tirarmi fuori col forcipe: al mondo proprio non volevo venire e la sfortuna si è messa subito all’opera. Il forcipe mi ha provocato una lesione cerebrale così verso i 16 anni ho cominciato ad essere epilettico. La prima crisi durante il compito in classe di matematica. La mia amica Onda Bianca (vedi profilo su FB) mi aveva passato un foglietto con le soluzioni. La prof l’ha trovato e nonostante il pietoso caso umano mi son beccato un bel tre!
In ospedale son rimasto due mesi: cercavano un tumore al cervello ma la sfiga aveva grandi progetti per me! Ho calcolato di essere stato ricoverato in ospedale per 12 volte tra fratture, febbri ed infezioni. Ma non mi lamento contro la sorte (porta male!): non sono mai stato povero, ho viaggiato, ho vissuto in molti lontani paesi ed ho potuto studiare quanto e quello che mi pareva.
Sulla strada del sapere ho incontrato grandi maestri, primo fra tutti il prof di filosofia al liceo: Mario Themelly. Poi, dopo avere studiato duramente, ho criticato pubblicamente Emanuele Severino che, in una pagina scritta 14 anni dopo, mi ha dato ragione. Avevo 20 anni quando mi hanno regalato un libro di Giorgio Colli: un contemporaneo sapiente della antica Grecia che è diventato asse portante della mia ricerca di senso. Ma il maestro della mia vita è Haim Baharier che ha impresso una svolta etica al mio essere nel mondo: distraendomi dall’ontologia ha portato al mio centro la questione della dignità e dell’incontro con l’Altro.
E questo Altro è entrato nella mia vita nelle belle sembianze di mia figlia Olga: un fragrante essere umano disabile, “altro” appunto. Poi abbiamo portato ad esistenza Lorenzo per ridurre la nostra angoscia del “dopo di noi”. Adesso studia con soddisfazione in Olanda e fra poco farà sei mesi in una prestigiosa università americana. Ha grandi progetti e l’indubbia capacità di realizzarli.
Che attività hai svolto in passato?
Ho lavorato nel settore dell’impiantistica industriale: vendevo impianti in Africa; poi comunicazione in grandi gruppi industriali internazionali; poi analista/progettista di software, siti internet e molta collaborazione con il terzo settore; tra le ultime cose anche venditore di impianti fotovoltaici. A dirti la verità le mie attività non sono mai state molto lineari, non ho curato mai molto la mia carriera perché ero troppo impegnato con la … mia anima.
Si, lo so! Questa è proprio un’affermazione “sgradevole”, una puttanata da intellettuale del cazzo. Ma… ma io, non dovete dimenticarlo, ho la sfiga dalla mia parte! A 18 anni sono venuto a sapere di avere il 50% di probabilità di aver ereditato da mia madre i geni della malattia di Huntington, una malattia neurologica devastante che progressivamente cancella ogni tuo tratto umano fino alla morte per consunzione. La Medicina la considera tra le più tragiche malattie. Capirete dunque che vivendo con un futuro in “questo” allarme non ti curi molto della carriera ma piuttosto ti avvolgi nella placenta protettiva delle tue vitali passioni.
E la mia passione è sempre stata la filosofia, l’interrogazione infinita sull’essere, sull’essere gettati nel mondo dice Heidegger.
A 41 anni ho fatto il test genetico, reso finalmente disponibile dallo sviluppo della genetica. E allora…
E allora?
All’ora: “ora”, al contrario dell’immediato apparire, è un concetto spaziale senza alcuna relazione con il tempo. “Ora” è il nome di una stretta regione tra limite e punto di rottura. Se ti mantieni nei tuoi limiti non sbagli, perché fai solo quello che sai fare. Ma così ti ripeti, ti annoi e alla fine anche ti disprezzi.
Qui, nella “ora”, tra limite e rottura vivono i creativi. Superare i propri limiti è naturale appetito, direbbe Aristotele, ma bisogna stare attenti a non superare il punto di rottura, dove tutto si sfascia e le forze devono essere recuperate e rimesse in gioco. Un gran perdita di tempo.
E’ proprio quello che è successo a me! Fatto il test sono inciampato in un delirio di onnipotenza: mi sono dimesso da un lavoro abbastanza creativo, fisso e sicuro, internazionale per aprire una mia impresa di comunicazione… che è subito fallita!
Ci ho messo qualche anno per trasformare la mia vita da “corsaro” a quella di una persona normale. Ho dovuto fallire per rendermi conto che non si può vivere sull’onda dell’entusiasmo per lo scampato pericolo; che è necessario procedere con cautela, calcolare e progettare fin nel minimo particolare. Non esiste alcun sentiero se non quando viene pensato.
Perché sei andato a vivere in campagna?
Per cercare marito.
… per cercare marito?
Si per cercare marito per mia figlia Olga che a causa di un parto andato male è disabile. Anche se è la più bella disabile dell’Ovest non potrà mai trovare una ragazzo normodotato che la ami così tanto da sposarla: troppe sono le attenzioni, le delicatezze di cui Olga ha bisogno.
Dunque ho fatto un ragionamento prettamente statistico: per aumentare la probabilità che Olga trovi, nell’universo delle persone con disabilità, qualcuno con cui vivere – un compagno con disabilità complementari immagino (posso, noh?) , è necessario massimizzare le occasioni di incontro con maschi di tale natura. Un obiettivo che si può perseguire creando una struttura – nel mio caso ho pensato ad una fattoria sociale – che possa essere frequentata da un grande numero di ragazzi con disabilità: prima o poi arriverà quello buono per Olga. E’ matematico!
Una speranza matematica dunque!
Si è così. Del resto non possiamo mai dimenticare quanto ci insegna l’Oscuro come ci riferisce Clemente Alessandrino: “Chi non spera l’insperabile non lo scoprirà, poiché è chiuso alla ricerca, e a esso non porta nessuna strada.” (Colli, 14 [A 64])
Ritorna sempre la filosofia! Ma non sarà che vivi un po’ sulle nuvole?
Nella realizzazione della fattoria sociale, che ho chiamato Sole Solidale, ho rimesso insieme tutta la mia precedente esperienza lavorativa. Così, grazie alla mia esperienza nell’impiantistica industriale ho potuto suggerire le linee guida della progettazione della struttura delle serre. Sono serre con il tetto coperto di pannelli fotovoltaici.
Una scelta che deriva dalla esperienza maturata nella realizzazione di un sito web per una impresa del settore: avevo studiato ed ben analizzato i notevoli vantaggi finanziari dell’investimento fotovoltaico. Prima di raccogliere tutti i risparmi di famiglia per investirli nelle serre avevo realizzato un impianto molto più piccolo sul tetto del fienile per verificare l’effettivo rendimento dell’investimento.
Mettendo a frutto gli anni spesi nella gestione di contratti industriali ho potuto seguire da solo tutta la complessa procedura burocratica con ENEL, col Comune, Provincia ed almeno un’altra dozzina di istituzioni. Ammetto di essere giunto molto prossimo al collasso nervoso. Ad un certo punto, dopo aver aspettato 5 mesi una prestazione contrattuale di tre giorni, sono andato dall’organismo coinvolto ed ho minacciato, con urla che hanno scosso l’intero edificio, il suicidio. Nel giro di tre giorni hanno cominciato i lavori.
Da più di due anni sono impegnato manualmente nell’impresa; ho imparato a fare l’elettricista, l’idraulico, il muratore, il coltivatore. Ho fatto tre corsi di formazione professionale in ambito agricolo. Ho tagliato, montato, avvitato, collegato, seminato, pulito, aggiustato, dipinto, scavato, trasportato, alzato ed alla fine ho anche fatto il sito web www.solesolidale.org
Sono diventato talmente concreto da esser quasi “materico”.
Qualche giorno fa stavo piantando gli ultimi alberi di pero quando è passato sulla strada di confine uno dei simpatici contadini miei vicini che mi fa con tono ammirato: “ ma lei è sempre qui a lavorare!” Ho risposto con Seneca “virtù del saggio è amare la necessità!”. Gli lasciato qualche secondo per assorbire il “bon mot” ed ho subito denunciato l’autore. (Maestro Haim Baharier insiste molto nel rispetto puntuale delle fonti.) Nel territorio mi sto costruendo il personaggio del contadino sapiente… nei bar della zona tutti mi salutano con rispetto : ingegnere, ingegnere! …. Non dirò mai loro che sono laureato in Economia Politica!
Insomma il richiamo alla terra è faticoso!
E’ una fatica psicologica molto leggera ma un notevole sforzo muscolare e c’è anche il pericolo di farsi male.
Non avendo il fisique du role mi è venuta una dolorosa tendinite al gomito destro, il famoso gomito del tennista; male alle spalle e due dita a scatto nella mano destra. Non so più quante infiltrazioni di cortisone ho fatto negli ultimi due anni!
Innumerevoli i tagli alle mani, di piccola entità ma molto fastidiosi; mi è anche scappato il flessibile di mano e mi sono tagliato la pancia (cinque punti sopra il grasso). Ultimamente sono caduto mentre scavalcavo una staccionata con una dolorosa contusione al muscolare della coscia: otto giorni di quasi totale immobilità con un pulsante dolore diffuso su tutta la gamba. Bisogna stare molto attenti e mantenere sempre alta la concentrazione anche nelle più banali attività: a farsi male non ci vuole niente! Uno strappo muscolare è sempre in agguato e, alla mia età, ci vogliono mesi per venirne fuori.
Se poi fai il contadino non puoi far altro. Arrivi la sera senza più molte energie. Ti prepari la cena, magari un salto al bar per ciacolare ma poi a letto presto. Non c’è spazio, non c’è energia per la sana abitudine borghese della lettura, non fosse altro che del giornale. In campagna c’è sempre qualcosa da fare e, anche senza proprio volerlo, continui a lavorare, a far qualcosa finché non scende l’oscurità. La terra e le piante che la ricoprono hanno un magico potere seduttivo; ti reclamano fino a quando non hai dato loro l’ultima goccia di energia. O almeno è così per me.
In cambio ti offrono la soddisfazione immediata dalla cosa fatta, del gesto compiuto in un risultato evidente. L’energia spesa acquista immediatamente una consistenza materiale. C’è una sottile e indicibile felicità nel vedere un germoglio spuntare dal vaso, l’acqua piovana incanalarsi nel fossato appena scavato. La terra parla per ombre; il suo profumo condensa l’inesprimibile relazione con la tua anima, riempie ogni interstizio e dà peso e sapore ad ogni vuoto.
Tornare alla terra. Lo consiglieresti ai giovani e non più giovani?
Non posso dirlo. Io sono andato a vivere in campagna, come ho detto prima, mosso da un imperativo categorico: cominciare a risolvere adesso il problema del “dopo di noi”.
Durante i corsi per diventare imprenditore agricolo professionale ho conosciuto un paio di coppie di migranti dalla città. Tutte i quattro mi hanno detto che se avessero saputo prima quanto era la fatica fisica richiesta, non avrebbero certamente scelto la vita contadina. Io credo che per i giovani sia molto importante la dimensione collettiva: trasferirsi in campagna con un gruppo, anche piccolo, di amici o magari fare prima qualche mese di training on the job presso una cooperativa di giovani.
In questa direzione si muove il mio prossimo passo.
I ragazzi disabili hanno bisogno che qualcuno li segua durante l’attività lavorativa. Nei casi più gravi la relazione deve essere di uno-a-uno ma, in generale, un supervisore riesce a gestire fino a quattro o cinque portatori di disabilità. Nella nostra piccola tenuta sono venuti nei mesi più calci una dozzina di ragazzi, in forza dia convenzione che avevo stabilito con i servizi socio assistenziali dei comuni qui intorno. Ma ci sono problemi di budget; come sappiamo le casse dei comuni sono vuote: è difficile trovare i soldi anche per pagare il trasporto dai paesi in un raggio di 10km.
Così vorrei lanciare una iniziativa di aiuto-aiuto: con una ristrutturazione leggera di edifici rurali qui vicino, posso mettere a disposizione 3 o 4 appartamenti monofamiliari per ospitare neo pensionati urbani in fuga dalla città.
Ovviamente offro loro in percorso graduale di ingresso nella vita contadina con periodi di prova, di lunghezza crescente, per apprendere le nozioni basilari e il “fare” della agricoltura leggera: cura dell’orto, del frutteto e degli animali da cortile. Dopo questo periodo di prova, necessario anche per saggiare sulla propria pelle lo sforzo psicofisico della vita contadina, proporrei un contratto annuale durante il quale l’utente-cliente-fruitore si impegna a lavorare insieme ai ragazzi disabili.
Se trova dentro sé il talento e la passione per la cura dell’Altro, da sommare a quello per la cura della terra e degli animali… beh allora è fatta!
Se volete venire a lavorare con me:
Azienda agricola Ind. Enrico Andreoli
Progetto Sole Solidale
Via Vernara 1, 42030 Viano RE
3337493887
Mail: enrico.andreoli@pec.agritel.it