17 autrici contemporanee ci raccontano le Marche, l’unica regione al femminile plurale, restituendoci le voci e i talenti delle donne di cui nel passato si è sminuito il valore o addirittura negato l’esistenza.
17 autrici contemporanee ci raccontano le Marche, l’unica regione al femminile plurale, restituendoci le voci e i talenti delle donne di cui nel passato si è sminuito il valore o addirittura negato l’esistenza.
Una terra dei padri che diviene dunque terra -anche- di madri, come Maria Sybilla Merian, naturalista nata nel 1647 e marchigiana per scelta, che “quando espresse il desiderio di divenire pittrice, nessuno pensò che l’esercizio dell’arte le avrebbe guastato le ovaie”.
Tra queste pagine scopriamo luoghi, come Sforzacosta, “il lager dimenticato“, “simbolo di una memoria non condivisa” “frutto dell’urgenza e della voglia di gettarsi il dolore alle spalle”, e a cui invece si dovrebbe tornare, “di tanto in tanto, ma non quando ce lo impone un ricordo istituzionalizzato, ma quando più forte emerge in noi la certezza di essere liberi”.
Volge invece al presente lo sguardo su Ancona, “città dell’acqua della pietra e della scogliera”, “città di tragedie e di macerie”, “città del Teatro e delle meraviglie”.
Volge al presente attraverso la statua di Violata, che si dichiara negli intenti un’opera di denuncia contro la violenza sulle donne, mentre ci mostra “una donna stuprata la cui bellezza è esibita nella sua nudità più spettacolare e ammiccante”, che “sembra riproporre ancora una volta l’idea della donna come semplice preda-oggetto sessuale”. Una vicenda che ha dato vita ad una protesta condivisa da cittadin*, movimenti, associazioni e centri antiviolenza sia in italia che all’estero. Una vicenda che sorprende soprattutto per la committenza istituzionale, che questa statua “ha scelto, finanziato e installato sul suolo pubblico”, poiché “attraverso l’arte istituzionale una comunità viene rappresentata, parla, racconta di sé e dei valori in cui crede”.
Al presente ci riporta anche il capitolo intitolato “Sbarcare il lunario”, perché Ancona è una città che vive intorno alla Fincantieri, dove “una volta il cantiere era pieno di vita, ci lavoravano 2000 persone, invece ora il cantiere è fermo, è morto, quasi completamente chiuso.”
In questa narrazione dalla voce femminile si rende omaggio anche ad artisti come i poeti Franco Scataglini e Luigi Di Ruscio, un Di Ruscio che “frugava con quel suo sguardo penetrante i profili dei paesi, come a ritrovare i lineamenti di persone che non vedeva da tanto tempo”.
Storie di amori e di amicizie, di incontri, di relazioni, appunto, tra le persone e con i luoghi, siano essi città d’arte o piccoli eremi tra le colline, con una terra verso la quale quest’opera si rivela un atto d’amore.