Primario a 35 anni in Gran Bretagna Valentina Lafemine sogna però di tornare a casa. Un giorno.
da tipitosti.it
E’ una storia di successo quella di Valentina Lefemine, originaria di Castellana Grotte (Bari), ma anche una di sacrificio e determinazione. Perché non è facile lasciare la famiglia e la propria terra. La sua non è però la storia di chi scappa dall’Italia. Anzi. Un giorno Valentina in Italia vorrebbe tornare anche se ormai la Gran Bretagna è diventata la sua seconda patria: è lì che ha trovato le soddisfazioni professionali, è lì che ha trovato l’amore. Nel 2013 ha sposato il collega inglese James Horwood. Nel 2002 si laurea brillantemente in medicina e chirurgia presso l’Università Cattolica di Roma e subito vola in Gran Bretagna dove inizia la sua specializzazione. Nel 2006 supera l’esame che le permette di entrare ufficialmente nella società di chirurgia inglese e meno di un anno dopo ha completato il training di base in chirurgia; nel 2011, con due anni di anticipo rispetto alla media dei suoi colleghi, supera l’esame finale di primariato che la vede vincitrice della medaglia d’oro assegnata ogni anno dai chirurghi di Gran Bretagna. Dal 2013 è primario di senologia, si occupa di ricostruzione mammaria in donne colpite da cancro al seno”.
Valentina quando hai capito che saresti diventata un medico?
“Non ricordo esattamente quando ho deciso di diventare medico, è una professione che ho sempre sentito mia. Devo molto ai miei genitori e soprattutto a mia madre che nella sua ‘mente di mamma’ già mi vedeva come chirurgo affermato. Così ho superato i concorsi e mi sono iscritta alla facoltà di medicina all’Università Cattolica di Roma. È una scelta di cui non mi sono mai pentita. Il secondo anno di università sono andata in Bulgaria per un’esperienza di studio e lavoro in un ospedale di Sofia ed è lì che ho scoperto l’amore per la chirurgia”.
Per te la medicina cos’è? Una passione, una missione?
“Ci vogliono certamente passione e grande determinazione per intraprendere la carriera di chirurgo. Gli ostacoli sono tanti e i sacrifici ancora di più. Ma è stata l’esperienza di una giovane paziente che ho incontrato verso gli ultimi anni di università che mi ha lasciato particolarmente il segno. Il suo coraggio, la sua determinazione e disperazione nel combattere il cancro al seno hanno acceso qualcosa dentro di me: ho deciso di voler diventare senologa, però non volevo portare solo disperazione alle mie pazienti ma anche speranza ed è per questo che mi sono poi specializzata in ricostruzioni mammarie. È un togliere e dare nello stesso momento che rende il dolore della malattia appena più sopportabile”.
Già prima di raggiungere la laurea, sei volata nel Regno Unito per un’esperienza di studio, dove poi hai scelto di tornare per completare la tua formazione ed iniziare a lavorare. Cosa ti ha guidato in questa scelta?
“Sì, al mio quinto anno di università ho partecipato al programma Erasmus di scambio internazionale tra studenti. La mia università aveva appena allora allacciato rapporti con l’Università di Cardiff. Avendo studiato inglese negli Stati Uniti è stato facile riuscire ad ottenere il posto. Non nascondo di avere avuto un po’ di pregiudizi verso il Regno Unito. Mi aspettavo freddezza e indifferenza, invece sono stata accolta calorosamente. Ma ciò che più mi colpì all’epoca fu la qualità del training in chirurgia. Vedere giovani chirurghi in grado di operare indipendentemente e sempre incoraggiati e supportati dai loro colleghi anziani fu poi ciò che mi fece decidere di ritornare definitivamente in questa nazione. Infatti prima del termine del mio programma di Erasmus avevo firmato un contratto per ritornare a lavorare a Cardiff come junior Doctor. Penso che sia stata la scelta migliore della mia vita. Una volta tornata Roma mi sono laureata e ho subito ripreso il volo per il Regno Unito. E qui sono rimasta”.
A 35 anni sei già primario e nel tuo curriculum troviamo anche una medaglia d’oro ottenuta battendo la concorrenza di medici inglesi. Qual è il tuo segreto?
“Ah be’ la medaglia d’oro è stata sicuramente una grande sorpresa anche per me. Ho sostenuto l’ultimo importante esame di specializzazione un po’ in anticipo, quando ero al quarto anno del mio High surgical training in chirurgia. Qui la specializzazione dura molto di più che in Italia ed è divisa in vari livelli. L’ High surgical training è il livello più alto e dura sei anni . Non ero neanche sicura di averlo superato quando, con mia grande sorpresa, mi sono vista recapitare una medaglia d’oro, un assegno ed una lettera al merito. Sì, lo ammetto, ho studiato molto per l’esame ma ci vuole anche un po’ di fortuna in queste cose”.
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