Ha il parrucchino, si tinge i capelli, è miliardario, tocca il culo alle donne, è sessista, fascista, nazista, misogino, omofobo, xenofobo, stupratore, puttaniere, sessodipendente. E c’ha pure una moglie bona. Questo hanno detto di lui per mesi. Praticamente, peggio del demonio.
da Lia Mintrone
Ma da oggi, e per i prossimi quattro anni, sarà il presidente degli Stati Uniti d’America, l’uomo più potente del mondo, quello che tutti vorrebbero incontrare e non per farsi un selfie ma per entragli nelle grazie. Donald Trump Duck diventa leggenda e getta a mare l’algida Hillary e i sui vestiti da outlet di Donna Karan e le sue collane di perle XXL di H&M. Ma lo hanno votato milioni di americani e mica tutti avevano il cappello da cow boy in testa, la sedia a dondolo sul patio, le mucche nella staccionata e i fiocchi di cotone addosso. No, l’hanno votato anche quelli di New York, Los Angeles, San Francisco, Chicago. I cosiddetti americani evoluti e non quelli delle paludi della Louisiana con le caviglie a mollo nel fango.
Quella è ‘ the land of freedom’, la terra della libertà, dove tutto si avvera. O quasi. Dove un miliardario decide, contro ogni pronostico, di diventare il presidente degli Stati Uniti e lo diventa contro tutti, contro i media, i sondaggisti, gli analisti, i maghi, i veggenti e i paragnosti. Aveva tutti contro e ha vinto. E non sono bastati i blow job di Madonna, i tacchi di Lady Gaga e quel gran maschio di Bruce Springsteen a convincere gli americani. Quello che è accaduto in America stanotte è epocale, Jack lo squartatore che batte Candy Candy (!). Per molti americani entrambi erano ‘shit’ ma hanno scelto, secondo loro, la shit meno peggio. D’altronde, l’America che percepiamo noi da questo lembo di terra sconsolata e ai margini anche dell’Europa, è quella dei viaggi, dei selfie sotto la statua della libertà, delle vetrine di Tiffany, di una capatina al Moma, di un giro a Disneyland e una corsetta fashion a Central Park.
Ma possiamo dire che questa è l’America che vivono gli americani? Quali tempeste sociali sono in atto in quegli immensi stati? Quel gap, enorme, che neanche l’amato Obama , il primo presidente nero della storia americana da cui ci si aspettavano miracoli, è riuscito a colmare. Ed eccolo, allora, il voto che spacca, che fa saltare il banco e il sistema, quello imprevedibile che cavalca il vecchio adagio ‘ Muoia Sansone con tutti i filistei’.
Donald Trump Duck è stato questo per gli americani, il più grande vaffanculo degli americani profetizzato da Michael Moore mesi fa. Il we can di obamiana memoria si è trasformato in un we can’t, la possibilità in una negazione, il sogno in un incubo. Questo hanno pensato gli americani quando hanno votato per il miliardario del Queens. Vedremo ora cosa accadrà. Ma, come ha detto Obama, di certo domani sorgerà il sole. La nuova versione di ‘ domani è un altro giorno’ .
E vedremo anche di cosa sarà capace la first lady, donna Melania, indiscutibilmente la più bella first lady della storia a stelle e strisce. Vedremo sa saprà far ingoiare agli americani quel rospo amaro del marito. E siamo impazienti di vedere cose indosserà per la sua prima uscita pubblica da premiere dame. L’amatissima Michelle scelse un abito di Narciso Rodriguez, l’esule stilista cubano. Una scelta forte, che nessuno ovviamente notò. Il messaggio subliminale apriva una speranza su Cuba e indicava una strada politica al marito. Cosa sceglierà, invece, l’avvenente Melania? L’abito di uno stilista nordcoreano, ammesso che esista uno stilista a Pyongyang? Ci piacerebbe almeno immaginarlo. Donna Melania, su di lei stiamo poggiati. Pensi un po’. Intanto, dalle nostre parti, si leva un’unica esortazione: #matteononfarepiùprevisioni. Terque quaterque testiculis tactis, pallegiatoque augello omnia mala fugabit.
fonte : https://liamintrone.wordpress.com/2016/11/09/da-we-can-a-we-cant-melania-lunica-speranza/