In lei le Energie del Femminile si esprimono attraverso la sua capacità di entrare in contatto con le sue dinamiche interiori profonde e di cogliere la connessione tra tutti gli aspetti della sua multidimensionalità, in cui corpo, pensieri, emozioni e spirito s’intrecciano. E di sapersi ascoltare diventando canale della connessione non solo con se stessa ma anche con tutto quello che c’é.
Ho sentito per la prima volta la voce di Francesca De Mori su Fb, cliccando su una presentazione del suo album “Altre strade”, nato dalla collaborazione con Daniele Petrosillo, contrabbassista, autore e compositore delle canzoni inedite, e Salvatore Pezzotti , pianista e arrangiatore. In particolare sono rimasta catturata dalla canzone che dà il nome a tutto l’album, ricca di tematiche di notevole spessore.
Mi hanno immediatamente affascinato la vibrazione della sua voce, la originalità del suono e dei ritmi e la bellezza delle parole. Per questo ho voluto che fosse tra le Donne Eccellenti. La voce ha una sua magia che, se ben canalizzata, crea miracoli, perché tutto è suono e nell’universo tutto si muove, tutto vibra. Sono molto sensibile a quel miracolo che la vibrazione porta con sé : ogni cellula ha il suo suono e ogni organo ha e mantiene una determinata forma e struttura grazie al suono che anima le sue cellule, creando un campo magnetico di vibrazioni.
Ciascuno di noi è una sinfonia vivente e entrare in contatto, anche per pochi istanti, con la sinfonia di cui la voce di Francesca De Mori si fa portatrice, mi ha fatto sentire intenso il desiderio di intervistarla. Perché Francesca ha fatto del suo amore per il canto una scelta di vita, una occasione di crescita non solo professionale ma anche interiore. Ogni brano inedito rende omaggio alla canzone d’autore italiana dando importanza, oltre che alla parte melodica e armonica, anche alla parte ritmica con tempi inusUali come il 5/4 e il 7/4, e riservando sempre uno spazio all’improvvisazione.
Difficile incanalare il repertorio di Francesca De Mori in un genere preciso, jazz e canzone d’autore sono occasioni per un viaggio “altro” con e attraverso la voce. Francesca infatti, grazie alla sua formazione nel mondo della Bioenergetica, della Biomusica, del Reiki, del Theta Healing e al continuo studio dei movimenti del suono non si limita a cantare ma, attraverso la sua voce, lavora sui suoi aspetti emozionali, fisiologici ed energetici e, con incontri di biomusica, affianca chi vuole fare un pezzetto di strada con lei e attraverso di lei. Insegnante all’Accademia di Musica Moderna di Milano (AMM), all’Ohibò (per AMM) e all’Accademia F. Gaffurio di Lodi, eclettica e consapevole della sua capacità di collegare corpo, emozioni, pensieri e spirito attraverso la sua voce, Francesca De Mori esplora la vita anche con il teatro, dove canto e recitazione si intrecciano facendo di questa artista una eccellente interprete.
In lei le Energie del Femminile si esprimono attraverso la sua capacità di entrare in contatto con le sue dinamiche interiori profonde e di cogliere la connessione tra tutti gli aspetti della sua multidimensionalità, in cui corpo, pensieri, emozioni e spirito s’intrecciano. E di sapersi ascoltare diventando canale della connessione non solo con se stessa ma anche con tutto quello che c’é.
*Francesca, affermi di cantare attraverso il corpo: ci spieghi cosa significa?
Credo che non si possa che cantare attraverso il corpo, a livello energetico il suono di una persona può raccontarci di lei più che le sue parole. Nel corpo vibrante la grazia si fa strada e la voce si manifesta e ne esprime l’integrazione.
* Cosa è la grazia?
Grazia è per me espressione di armonia, resa al corpo. Nel canto puo’ avvenire una trasfigurazione. Penso a cantanti che avevano vicende tristissime alle spalle, corpi e anime straziati, ma che quando cantavano erano completamente presenti perché nel canto , nella musica, avviene qualcosa che libera lacrime e sorrisi. E questo succede a tutti, ognuno con il proprio suono.
*Hai Hai affermato che il canto è la via di connessione di tutto con il Tutto..
Si, anche se ci sono cose che non so spiegare. Per me non c’è stata mai separazione, c’è suono anche nel silenzio. Se chiudiamo le orecchie lo possiamo sentire anche dentro di noi perché ognuno di noi è vibrazione, dunque ognuno di noi è la sua parte udibile, il suono. Per quanto mi riguarda cantavo ovunque, per la strada andando a scuola, addirittura quando lavoravo nel reparto della casa di cura per malati di Alzheimer, facendo arrabbiare i medici. Il canto era già, da piccola, un modo anche per stare in contatto con mio papà che cantava sempre, non erano canzoni colte le sue ma canti popolari, anche inventati. E poi quello che più mi sorprende è che quando sono in mezzo ai boschi il canto esce naturalmente, l’ho provato questa estate camminando in montagna ed è stato un regalo, mi sono sentita figlia della natura.
*Ma questo succede a tutti o solo a te?
Può succedere a tutti, si tratta di riassaporare l’essenza vibrante e lasciare che si manifesti in suono, si tratta di lasciarsi cantare, risuonare. Se penso a certi suoni che sono naturali, ma censurati nella nostra società, come il respiro di sollievo o lo sbadiglio; se penso alle bocche pigre, alle parole biascicate che hanno dimenticato la potenza delle vocali e l’anima nelle parole, me ne dispiaccio molto. La voce è la nostra impronta. Così poco conosciuta, sappiamo tante cose, facciamo tanto per il corpo, ma non conosciamo la nostra voce: non sappiamo che intonazione abbiamo quando parliamo, non ne conosciamo il tono, il ritmo, il colore… Siamo orfani di voce. Le voci sono tutte dentro di noi, la nostra storia famigliare e le persone care parlano attraverso di noi , ci chiamano e ci invitano a recuperare una parte importante della nostra identità. Consiglio, se posso, un bel libro che si intitola “A nuda voce” di Laura Pigozzi , racconta il legame fra voce e inconscio e parla del valore delle consonanti e delle vocali nel linguaggio, una riscoperta bellissima.
*Puoi affermare di avere riscoperto la tua voce come veicolo di una strategia per entrare in vibrazione con il tuo mondo e quello degli altri?
Fin da piccola la voce è stata il mio modo per dire che esistevo. Si svela subito una prima ferita. Il dono della voce l’ho avuto dalla nascita e ho memoria di me nel seggiolone che canto a casa di una vicina. Mi pare impossibile fossi così piccola, eppure così mi arriva l’immagine. Fatico a pensare alla voce come ad una strategia, la trascende. E’ una forma di potere se vuoi, ma non ti appartiene e questo crea anche angoscia, perché la voce a volte se ne va, come afferma la Dott. Laura Pigozzi. Poi nel tempo ci fai i conti e accetti che sei al servizio di un dono perché lei è del mondo, con te. La voce ha salvato la mia vita, realmente riscattata da solitudini e sofferenze. Una maestra alle elementari e qualche amico attento nell’età della giovinezza inoltrata, mi hanno segnalato quale era la mia possibile strada.
Qual è il rapporto tra suono ed emozione?
Il suono è emozione. Oramai sappiamo che le aree del cervello che si attivano con le emozioni e con la musica sono le stesse. Certe reazioni psico-fisiologiche si attivano quando il cervello percepisce le onde sonore, noi rispondiamo con delle emozioni che provocano alterazioni fisiologiche e queste agiscono sul sistema nervoso centrale. Sappiamo dal Nada Yoga che ogni intervallo musicale rappresenta una emozione e uno stato d’animo ben precisi. Ho imparato e sono consapevole che possiamo essere “toccati” dal suono, perché i recettori del suono sono in tutto il corpo. Da un anno studio le campane tibetane con il metodo di A. Rabenstein e rimango sorpresa dall’effetto che hanno sulle persone. Possiamo, anche con un solo con un suono, esplorare molto di noi. Questo perché in un suono sono contenute le armoniche, cioè i multipli del suono dato. Ognuno di noi ha una sua nota o frequenza personale che si può misurare ed è molto interessante, me lo sono fatto fare e ho avuto delle informazioni preziose su di me.
*Come sei arrivata alla scelta di affidare alla voce la tua vita?
Accolgo questa tua suggestione con piacere. La devo prendere da lontano. Credo parta tutto dal fatto che non mi sono mai bastata, ho sempre sentito di mancare in qualcosa, e unita a una grande curiosità e voglia di conoscere ho sempre sentito una voragine aprirsi sotto di me, un abisso irraggiungibile da esplorare. Chi ero ? L’immagine che mi viene in mente ora è quella di me in bicicletta, da piccola, che per la prima volta mi avventuro fuori dal mio paese e sento una tremenda paura dell’ignoto e dello spazio nuovo che mi si para davanti. Un senso di smarrimento, ma anche la sorpresa del nuovo. Una sorta di trance che mi tramortisce ma che scatena in me, forte, anche la voglia di conoscere. In quei momenti ricordo di aver anche avvertito che la realtà di paese non mi sarebbe potuta bastare. Arrivo al canto, come professionista, verso i 23 anni. Prima, dopo la maturità, avevo avviato un percorso di studio come assistente sociale a Venezia. Un esaurimento, una volta si chiamava così, oggi forse depressione, mi ha scaraventato addosso il fatto che non volevo fare quello, anche se non sapevo esattamente cosa. Stavo malissimo. Un amore mi ha dato la forza di andare via di casa. Ho lavorato in un istituto per malati di Alzheimer per quattro anni. Vivevo con altre tre ragazze e mi sfogavo cantando le canzoni della radio. Una di loro un giorno mi parlò di un gruppo in cui cercavano una corista. Iniziai a cantare e dopo un po’ una persona mi disse che di questo avrei potuto farne un lavoro. Da lì è partito tutto. Presi quello che il destino mi metteva a disposizione e in quegli anni avevo la convinzione di dover recuperare più esperienza possibile. Ho lavorato per un bel po’ in orchestre da ballo, nei pianobar, ho cantato dance nelle discoteche e infine, dopo aver girato il Nord Italia sono arrivata a Milano. Grande città, sentivo che avrebbe potuto schiacciarmi, ma ne intuivo la generosità e ho percepito, annusando la grigia nebbiolina in Piazza Duomo, che sarebbe stato qui che avrei trovato qualche risposta. E così è stato. Ho iniziato a studiare canto all’Accademia di Musica Moderna di Milano e per quattro anni ho lavorato come cameriera per mantenermi. Fra traslochi e vicissitudini personali varie i miei disagi e le mie paure si fecero sentire un’ altra volta.
*A questo punto hai incontrato Reiki, Thetahealing, Bioenergetica e hai iniziato un tuo percorso personale di analisi.. in che modo tutto questo ha contribuito alla tua formazione come cantante, oltre che come Francesca?
Da anni frequentavo un noto astrologo di Milano, Dott. Marco Pesatori, lo vedevo una volta all’anno e da ben quattro anni mi ripeteva che avrei dovuto andare in analisi. Iniziati i primi attacchi di panico cedetti. Mi disse : ” Francesca, andare in analisi è prendere la laurea in sé stessi”. Gli sono riconoscente. Dopo sei anni con una psicoterapeuta junghiana che mi ha accompagnato fino al lutto materno – il papà l’ho perso molto prima – ho sentito il richiamo per la bioenergetica. E’ stata la voce del Dott.Luciano Marchino a guidarmi all’Ipso di Milano. Ma io l’avevo “incontrato” già circa dieci anni prima. Un giorno acquistai una rivista e c’era un audio con la sua voce e con alcuni esercizi per il corpo. Durante il periodo del lutto materno mi iscrissi alla scuola di Counseling e avviai lo studio triennale della bioenergetica -incontrando altri approcci psicoterapeutici fra cui anche l’Emdr -. La pratico da circa sette anni e condivido la tesi loweniana che nel corpo c’è l’inconscio. Il Reiki l’ho incontrato per cercare di portare benessere energetico nella mia vita e la biomusica è un ramo della musicoterapia che mi ha avvicinato al mondo del suono, sempre dal punto di vista energetico. Tutto questo arricchisce il mio modo di essere come persona e come cantante perché mi affido al canto, come hai suggerito tu, come strumento di trasformazione.
*Qual è stato il tuo percorso come cantante e come insegnante di canto?
Lo studio del canto ad un certo punto è diventato fondamentale, una richiamo necessario se non volevo rimetterci le penne. La mia voce circa vent’anni fa, ma poi anche in altri momenti, mi ha messo “in riga”. Cantavo tutte le sere, in qualsiasi condizione fisica, e non reggevo più. Ho iniziato a studiare e da lì non mi sono più fermata perché è bellissimo e puoi andare tanto in profondità. Fra corsi, seminari, esperienze in Francia al Roy Hart Theatre, fino alla Germania. Mi dona ispirazione e mi integra.
*Quale metodo usi per insegnare a cantare, come procedi passo dopo passo?
Sono passata attraverso vari studi, ma attualmente utilizzo sempre più le conoscenze che sto acquisendo nella formazione, in Germania e a Milano, in fisiologia vocale della voce parlata e cantata. Ogni persona ha bisogno di un approccio differente, cerco di capire che cosa serve a chi ho davanti. Sto introducendo , poco a poco,anche esercizi di bioenergetica, grounding, bend over, arco, etc. Mi sento in un momento di passaggio anche nell’insegnamento.
*Si può parlare nelle tue canzoni di fusione tra linguaggio del jazz e la canzone d’autore italiana?
Sì, purché se ne parli. E’ una battuta! Ho prodotto l’album “Altre strade” e credo che abbiamo realizzato un progetto serio, concreto e di contenuti sinceri, senza voler strafare, con il desiderio di portare a compimento un disegno, un’urgenza.
Il tuo ultimo album si intitola appunto Altre Strade, per l’etichetta Sound Lab di Fausto Dasé. Di cosa si tratta?
Altre Strade nasce dall’incontro mio con Daniele Petrosillo, contrabbassista autore e compositore delle canzoni inedite, e Salvatore Pezzotti, pianista e arrangiatore . Quello che è avvenuto con questi incontri è stato speciale, non temo di definirlo evolutivo. Daniele lo conosco da dieci anni, sa molto di me ed io di lui. I temi li abbiamo sviscerati insieme tante volte, ma solo due anni fa è iniziata per lui la fase di scrittura delle canzoni , sua la musica e sue le parole. Ha canalizzato, oserei dire. In passato ha composto musica. Da parte mia ho partecipato alla scrittura del testo di “Altre strade”, ma poi ho dedicato molto tempo a ricercare chi ero nelle canzoni,quale fossero il mio suono e la mia chiave d’accesso in forma sonora
*Come mai tu che scrivi hai scritto solo un testo delle tue canzoni?
Perchè sono un po’ paurosa. Pensa che ho scritto per anni decine di diari. Poi, una volta iniziato a cantare, basta, tutto finito. Da alcuni anni mi si è riaperto il canale della scrittura. Scrivere mi permette di liberarmi ulteriormente, uso parole che non sapevo di conoscere, pesco asterischi, preposizioni, verbi a mia insaputa. La poesia è come aprire o spegnere la luce. Arriva, se ne va, non sai se e quando tornerà. Adesso sono un po’ preoccupata perché è qualche settimana che non bussa alla mia porta.
*Abbi pazienza, al momento giusto tornerà. Ma in questo album ci sono anche delle reinterpretazioni. Perché?
Si, il disco comprende cinque inediti e tre canzoni dedicate a grandi interpreti come Ornella Vanoni, Rossana Casale e Franco Battiato. Salvatore Pezzotti, pianista incontrato in tempi più recenti, ha arrangiato la canzone di Franco Battiato, “E ti vengo a cercare”. “A che servono gli dei” è invece una reinterpretazione di Rossana Casale (qui la interpretazione della Casale) . “L’Isola”, interpretata da Ornella Vanoni (qui la sua interpretazione) su testo di Samuele Bersani, è stata scritta da R. Sakamoto, e in origine si chiamava Tango. Adoro quelle canzoni, il modo di stare sul tempo, la vocalità, il testo. Sono in me da quando ero adolescente, e poi certe canzoni mi fanno vibrare al primo ascolto. Se è amore spesso è per sempre. Forse perché “arrivano” in momenti particolari. Dal mondo astrale penetrano nel corpo eterico e sprofondano nel fisico. Questo accade a tutti noi, la musica, una voce, non si spiegano.
*Ma perché reinterpreti?
Reinterpreto per la bellezza che sento in quella canzone o nelle altre che ho reinterpretato, per la gioia che mi dà farlo, per poter sentire nel corpo inteso nella totalità le emozioni che danno quelle parole, quelle note. Per la forza che dona cantare quella nota in gola.
*Chi sono gli altri artisti coinvolti in questo progetto?
Il quartetto d’archi Archimia – Paolo Costanzo e Serafino Tedesi al violino; Andrea Anzalone al cello e Matteo Del Soldà alla viola – sono ospiti nell’album insieme a Raffaele Kohler alla tromba e al flicorno. Alla batteria Rino Dipace. Sono maestri e mi fa piacere nominarli perché ciascuno di loro è stato scelto da noi con l’intenzione di creare e far confluire nel disco proprio il differente linguaggio musicale di cui ciascuno di loro è portatore. Il nostro intento è stato anche rendere omaggio alla canzone d’autore italiana dando importanza, oltre che alla parte melodica e armonica, anche alla parte ritmica con tempi inusali come il 5/4 e il 7/4, e riservando sempre uno spazio all’improvvisazione. Un plauso speciale va alla Dott.ssa Laura Pigozzi, cantante, analista e scrittrice, che mi ha sostenuta e contenuta nell’intero processo, anche nella revisione dei testi e che ha scritto per noi un bel commento al disco.
*Le strade percorse da ciascun interprete di questo album sono parallele e convergenti in questo vostro lavoro collettivo e le tue scelte esistenziali sono molteplici ti portano a scoprire quella varietà di sfumature che ti rappresenta. Cosa intendi quando dici che le strade della musica sono sempre Altre?
Mi si attivano immagini sempre differenti, a seconda dei momenti che vivo. In queste giornate penso ai fiumi che affluiscono al delta del mare. Penso alle lampare della canzone di Lucio Dalla, alla nebbia, ai naviganti, agli episodi che mi sembra di aver vissuto in un’altra vita e che invece sono di questa vita ed è una sensazione strana, anche se amichevole. In questo modo mi avvicino anche sensorialmente alla mia strada che sento appartenere ad un progetto all’interno del quale io scelgo me, nonostante tutto. In senso musicale le strade che mi hanno portato a realizzare questo disco sono state necessariamente e per fortuna “altre”.
*La canzone che dà il titolo all’album mi ha affascinata, oltre che per la tua voce e quel ritmo musicale molto raffinato, anche per alcuni concetti espressi nel testo. Cosa significa, ad esempio, assecondare la propria energia?
Per me ha significato non perdere tempo una volta intuito quello che volevo fare. Significa non tradire se stessi, volersi bene, e se non si capisce quello che sta accadendo respirare e pensare che si è superato di peggio e che si avrà la forza per farcela. In mezzo ci sono e ci sono state tutte le difficoltà date dalle mie insicurezze. Ci vuole un cuore semplice .
* E con quel mantra Lascia andare il passato..cosa intendi?
La frase dopo questa che citi, nella canzone dice di non aggrapparsi a quello che è stato. Il passato non va dimenticato, va liberato dalle energie opprimenti che a volte ci impediscono di sciogliere dei nodi e di sentirci bene nel presente. Va concretizzato ciò che abbiamo dentro, con audacia. La parte più difficile è stato affrontare me stessa. Ancora adesso mi sembra incredibile aver perso così tanto tempo a vivere in una mia creazione mentale. Parlo dei film che che mi son fatta, perché il problema del fatto in sé, accaduto, soprattutto se grave, non lo metto in discussione. Per mia esperienza ho sperimentato l’importanza della fase del “rilascio” nel tempo, se così si può dire, come è avvenuto a me in terapia.
*E ancora, perché canti che la vita è un’onda?
Ti sei mai incantata mentre guardavi le onde del mare nel loro eterno formarsi e svanire, infrangersi sugli scogli oppure sulla riva del mare, e poi il loro riformarsi? La forza è in quel movimento perpetuo e così per me è la vita. Non so dire di più, è un eterno movimento, al di fuori del pensiero.
*In questo eterno movimento quali sono state le tue grandi occasioni?
Tutto è stato un’ occasione, ma se devo rispondere per come sto adesso, nessuna. Le grandi occasioni sono stati i sì che non ho avuto, i “no” che ho ricevuto. Ce ne sono di clamorosi, all’inizio dolorosi, ma adesso mi viene da sorriderne.Ho grande fede in me stessa, mi sono data poco amore per tanto tempo e certi giorni mi sono sentita in bilico, lì lì per cadere, ma ora ho sviluppato un po’ più di grounding, sono più consapevole della mia forza e quando quella parte paurosa emerge, cerco di calmarla.
* Puoi dire di attingere ad una tua parte spirituale?
La mia spiritualità nasce nei boschi e nelle terre del Veneto. Nasce dall’aver tenuto dentro molte cose per tanto tempo. Pochi si interessano davvero a te quando sei piccola. Spesso gli adulti hanno tante cose da fare, incombenze, sono stanchi, trafelati. So cos’è il lavoro della terra, i suoi cicli. Ho visto cos’è la pazienza dell’attesa e a volte ho visto tutto il raccolto andare distrutto. Tutta la mia parte spirituale attinge da lì.
*Senti che in te corpo, mente, spirito sanno collaborare?
Susanna, questa domanda è troppo difficile per me. Se ci sono spero che collaborino bene e che si diano la mano. Non ci sono mai andata a cena con queste parti, io vorrei sentirmi una. Comunque provo a dire fantasticando, un po’ inventando : la mente ha sempre fatto il più complicato dei lavori, quello di pensare, alimentare paranoie, ma anche intuire, fornire nuove idee, etc.; il corpo ha messo la materia, le corde vocali, i muscoli, il cuore, gli organi tutti, ma dovrei dire in primis l’intelligenza delle fasce muscolari, dei recettori; lo spirito qualcosa che non so definire, un destino?
Chissà, Francesca, definire lo spirito é davvero la domanda più difficile per tutti..restiamo in ascolto …e grazie di tutto quello che ci hai raccontato!