Il volersi bene, l’ amarsi, il fare l’amore e il fare la spesa degli omosessuali non passa mai inosservato
Sabato ho celebrato un matrimonio. Si, avete letto bene, e nemmeno io ci credevo quando me l’hanno chiesto.
Avrei potuto dire di no? No. Quindi ho detto Si.
Mi sono applicata e ho imparato a memoria le parole da pronunciare.
Ho chiesto agli sposi se si sentivano pronti per stare insieme nella buona e nella cattiva sorte e tutto il resto. Ho letto gli articoli del codice civile, dove si parla di impegni, diritti, doveri.
Gli sposi mi ascoltavano, attenti ed emozionati. Era il loro giorno. Il giorno in cui si assumevano la responsabilità di una scelta importante, l’uno per l’altro e nei confronti della società intera. Il giorno in cui sarebbero divenuti una famiglia agli occhi di tutti, non solo di sé stessi.
Anche io ero emozionata, e ho assaporato i loro “Si!”.
Ho concluso con un breve discorso di augurio.
Tornando a casa, pochi minuti dopo, la musica degli Smashing Pumpkins in sottofondo, poco traffico, gli ultimi spiragli di sole prima del diluvio pomeridiano.
Ripensavo alle parole che avevo scritto, agli sguardi dei due piccioncini, all’atmosfera di gioia che si respirava in quel piccolo chiostro fatto di pietre antiche e addobbato di fiori.
E allora mi sono sentita dispiaciuta, terribilmente e dolorosamente, pensando ad un diritto alla gioia negato a tante altre coppie. Coppie che si amano e vorrebbero guardarsi con quegli occhi, in quel momento così speciale, con tutti gli amici, con tutti i propri cari intorno. Coppie che hanno un unico torto, quello di appartenere allo stesso sesso. In una società dove si perdonano malefatte di ogni sorta, abusi e soprusi, dove si è indulgenti persino sulla violenza sessuale, dove un reato di pedofilia si può considerare lieve, in questa societa è l’ omosessualità ad essere percepita come una colpa.
Il volersi bene, l’ amarsi, il fare l’amore e il fare la spesa degli omosessuali non passa mai inosservato.
La loro quotidianità di coppia viene tuttalpiù tollerata, talvolta condivisa, ma mai “normalizzata”, quindi ignorata.
Chiedo a tutti quelli che sulla questione si sentono emancipati e dichiarano di avere “un mio amico gay”, di smetterla.
Smettetela di specificare la sua preferenza sentimentale/sessuale, cosa che non si fa per nessun altro soggetto. Cominciate a identificare i vostri amici gay come fate con tutti gli altri, con la provenienza o il mestiere, con l’età o le caratteristiche, a seconda del contesto in cui vi esprimete. Prima o poi a nessuno importerà più della vita sessuale di un mio amico musicista, di un mio amico pugliese, di un mio amico trentenne o di un mio amico imbranato, se non importerà a voi!
E prima o poi tutti gli amici gay potranno respirare, girare per le strade mano nella mano senza essere visti, giurarsi fedeltà per tutta la vita, scambiarsi due anelli con il magone in gola.
Finche morte non li separi.
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