di Alessia Gazzola
Il remake del famoso film che riprende il romanzo di Jane Austen. Una trasposizione di Keyra Knitley per una megaproduzione Britannica.
Che il romanzo di Jane Austen sia, dalla lontana data della sua pubblicazione, amato da generazioni di lettori è cosa nota. Talmente nota che è stato spolpato, deliziosamente o malamente, da numerosi lavori televisivi e cinematografici. Poiché non era evidentemente sufficiente, ecco questa megaproduzione britannica di grandi speranze e ambizioni, che pecca però di una ingenua sopravvalutazione.
Per una ragazza come me, che ha amato Orgoglio e Pregiudizio in ogni sua forma (ovviamente il romanzo, lo sceneggiato della BBC, le musicassette con la voce di Mariangela Melato ed anche gli omaggi alla Austen quali “Il diario di Bridget Jones e “Matrimoni e Pregiudizi), l’occasione di una nuova trasposizione con Keyra Knithley (che ho apprezzato ne “La Maledizione della prima Luna) è ghiotta ed impedibile. Non ho quindi perso tempo ad andare al cinema, dalla cui sala sono uscita sentendomi tradita.
La storia, se non altro, non viene stravolta, anzi la sceneggiatura è tutto sommato fedele: le cinque sorelle Bennett, ciascuna dotata di una differente caratteristica (la bella Jane, l’arguta Elizabeth, le frivole Lydia e Kitty e la seria e studiosa Mary) vivono assieme ai malassortiti genitori in una tenuta a Longbourn. Il padre è un uomo di grande spirito ed umorismo, la madre è una donna apprensiva, a tratti imbarazzante, la cui unica ambizione è maritare le figliole. Il progetto materno sembra realizzarsi quando, in una proprietà attigua si trasferisce da Londra un ricchissimo giovane, Charles Bingley assieme alle sue sorelle e allo sprezzante ed altezzoso signor Darcy. Infatti, il simpatico e affettuoso Bingley dimostra immediatamente una predilezione per Jane, viceversa, il signor Darcy emana giudizi non proprio cortesi sul nuovo ambiente e su Elizabeth. Lo scontro tra Darcy ed Elizabeth è aspro fin dalle prime battute, per poi evolvere in un sentimento molto più sfumato e finanche all’amore quando entrambi riusciranno a superare il proprio orgoglio e i propri pregiudizi. L’acume della Austen emerge proprio nel delineare questi due caratteri, ugualmente forti ed incrollabili, e nel dipingere deliziosi quadretti umoristici all’ultima battuta. Si ride tanto, leggendo Orgoglio e Pregiudizio: si ride per l’ironia del signor Bennett, per i parodistici signora Bennett e signor Collins, il cugino pastore ed infine per la sagacia di Elizabeth, non bella, non ricca ma strepitosamente intelligente. Il mio sarà anche un giudizio di parte, un amore sfrenato per un capolavoro, ma… cosa resta dello spirito di un romanzo del genere in questa nuova trasposizione cinematografica? Di un romanzo così travolgente e moderno specie se si tiene conto del fatto che è stato scritto da una donna nel 1813?
Resta tutto quello con cui la produzione cerca di accattivare lo spettatore: gli eccelsi paesaggi con le riprese incredibili dell’affascinante campagna inglese e di sontuosi palazzi da sogno; l’ambientazione delicata e romantica tipica dei tempi passati; le notevoli interpretazioni dei coniugi Bennett da parte della sempre brava Brenda Blythin (L’erba di Grace, Segreti e Bugie, Bara con Vista) e di Donald Sutherland, la cui maestria qui è semplicemente confermata. Incisiva anche Judi Dench (Oscar per attrice non protagonista in Shakespeare in love, Iris), nel ruolo di Lady Catherine de Bourgh. Deliziosa e pertinente anche Rosamunde Pike, nel ruolo della bella e dolce Jane. I restanti interpreti, invece, sono del tutto inadeguati: sia per un mancato phisique du role, sia perché non dimostrano, se l’hanno fatto, di aver capito lo spirito dei personaggi da loro interpretati. Keira Knightley, sciatta (a quanto pare imbruttita per meglio rappresentare Elizabeth, graziosa ma mai bella, ma il risultato non è stato il classico “tipino che il lettore immagina, bensì una giovane un po’ patita e poco ordinata), ed incerta (non convincente perché Elizabeth ha uno spessore e una classe che mancano tutte all’attrice). Spropositata la sua recente nomination agli Oscar, ma tant’è. L’illustre sconosciuto al pubblico italiano Matthew McFayden da’ vita al peggior Darcy che io abbia mai visto nelle varie trasposizioni. E’ troppo facile sparare sulla Croce Rossa se lo confrontiamo a Laurence Olivier e al sublime Colin Firth dello sceneggiato della BBC; da lui ci si aspettava soltanto che almeno fosse fedele al temperamento di Darcy, orgoglioso per antonomasia, ma non infelice. Quello che invece lui riesce a conferirgli è soltanto una inutile e pesante malinconia. Darcy osserva criticamente tutto quanto gli è accanto, con sarcasmo ed attenzione ma non ha nessuna ragione per essere triste. Sicuramente è stata la sua interpretazione a far definitivamente collassare la pallida riproduzione di questa eccezionale storia. Inadeguati anche gli interpreti di Wickham (personalmente non lo immaginavo come Big Jim) il cui ruolo peraltro è troppo contratto, evidentemente per ragioni logistiche, ma avrebbe richiesto maggiore spazio, di Bingley, troppo giovane e svampito, e della sorella di quest’ultimo. E tutto ciò nonostante una regia sapiente, che coglie la gestualità degli attori valorizzandola, ma che non può fare miracoli di fronte a parte del cast così disarmante. Il risultato è un prodotto “tollerabile suppongo… ma non al punto da tentarmi tanto per parafrasare Darcy.
Io aggiungo che i pregi possano fargli meritare il noleggio, e che tutto sommato, a chi non ha letto il romanzo, possa anche fare una buona impressione, perché è comunque confezionato con merito per tutto ciò che concerne costumi, interni e come già detto i paesaggi, e perché la storia è immortale.
Ai fedeli ammiratori di Jane Austen però e perché no, anche delle altre pregevoli trasposizioni, prima fra tutte quella straordinaria della BBC con Colin Firth e Jennifer Ehle, consiglio caldamente una consapevole disillusione: non si potrà non essere un po’ delusi.
GB, 2005
Di Joe Wright,
con Keira Knightley, Matthew MacFadyen, Donald Sutherland