di Cinzia Sposato
Il racconto che ho preferito su tutti è «Maschere», nel quale affronti anche la tematica degli attacchi di panico, (di interesse planetario al giorno d’oggi) con un’estrema finezza psicologica e descrittiva, resa più incisiva dall’intreccio del racconto. Due esistenze si cercano, si sostengono, si incontrano, infine, nel calore di una relazione omosessuale, desiderata ma mai palesata all’altra. L’omosessualità femminile è ancora un tabù, più di quella maschile forse: un terreno scivoloso nel quale ti sei mossa con garbo, sensibilità, acume, dando prova di grande sottigliezza nell’attività di scavo nella psiche dei personaggi.
Come dice l’abusato Raffaele Morelli, pensi che il panico sia un’opportunità per cambiare la propria esistenza o la iattura della nostra epoca con cui non si può far altro che imparare a convivere?
Qui sono decisamente di parte. Seguo da anni Raffaele Morelli e il suo approccio, non a caso la dott.ssa Emanuela Gaudenzi, psicologa e psicoterapeuta, che ha firmato la postfazione del libro, si è formata presso l’Istituto Riza, fondato a Milano nel 1979 proprio da Morelli. Ho fatto mio, in un momento particolare della mia vita, il concetto per cui quando una persona si ammala esprime un disagio che, oltre all’alterazione organica, interessa l’individuo nella sua globalità psichica e corporea. In questo senso, infatti, il panico e le sue manifestazioni, per quanto spaventose, violente e invalidanti, vanno accolte e gestite come enormi opportunità di cambiamento, crescita e sviluppo. Non è semplice, ma con le persone giuste a indicarci e a suggerirci un percorso, ci si può lavorare con risultati anche sorprendenti.
Nei tuoi racconti mi ha colpito in modo particolare, come dicevo, oltre alla brillantezza della scrittura, una profondità di analisi e di scavo, che consente al lettore una dolorosa identificazione in certe miserie del vivere, raccontate con ironica leggerezza senza sminuirne, tuttavia, la drammaticità esistenziale. Stupisce, inoltre, una lucidità di visione inaspettata per un esordiente. Calvino diceva che certi personaggi semplicemente ti tirano dalla giacchetta e non ci si può sottrarre all’imperio di indagarne la mente e le vite; nel tuo caso, si ha quasi l’impressione che tu parta da una premessa concettuale intorno alla quale costruisci artigianalmente le storie…
D’altra parte sei una project manager, hai creato un’azienda di servizi di internazionalizzazione dopo una serie di peripezie lavorative non semplicissime, ti sei rimessa in gioco con alcuni colleghi, diciamo, quindi, che ragionare secondo un progetto ti è congeniale…
Mi permetto una domanda provocatoria: quali sono le caratteristiche che decretano, secondo te, il successo di uno scrittore: ispirazione, originalità, un pizzico di paraculaggine nell’intercettare tematiche appetibili per il mercato editoriale?
Beh, diciamo che, sì, sono abituata a ragionare per progetti, per obiettivi, di breve, medio e lungo termine e anche il libro può essere considerato a tutti gli effetti un progetto costruito con delle premesse ben specifiche, sebbene abbia avuto notevoli difficoltà, all’inizio. Avevo diversi “spezzoni”, delle “prove tecniche di narrazione” sparse nel web, sia in Facebook che sul mio sito personale, ma non sapevo come dargli forma compiuta. Poi, grazie all’incalzare della curatrice Costanza Bondi, anima e coreografa del marchio WOMEN@WORK, con il quale ho pubblicato, sono riuscita a definire il tutto. Ai lettori l’onere della valutazione. Come è giusto che sia. Il successo di uno scrittore? Avete modo di prendere appunti? Ispirazione, originalità, paraculaggine, ma anche un’azione di marketing massiccia, una certa dose di fortuna, soprattutto in un mercato “malato” come quello italiano.
E adesso qualche domanda di rito: quanto c’è di autobiografico nelle storie che descrivi?
Diciamo che in ognuna delle storie raccontate ho messo qualcosa di mio, sogni, desideri, rimpianti, rimorsi, riscatti e proiezioni future, attese o temute.
Quale scrittrice contemporanea ti ispira? Citi la Murgia mi pare, hai un modello di riferimento?
Ho citato Michela Murgia, che ho avuto l’onore di conoscere personalmente, in quanto la trovo estremamente poetica e allo stesso tempo spietatamente diretta nello scrivere. Modelli di riferimento? Più che di scrittori, preferisco parlare di generi. Amo molto la narrativa sudamericana per parlare di storie d’amore ed epopee familiari, mentre mi intriga quella nordica, svedese, danese ma anche tedesca, per quanto riguarda i thriller, soprattutto di carattere psicologico.
Cosa consiglieresti a chi ha la passione per la scrittura: darsi all’ippica, vista la crisi del mercato editoriale e il calo spaventoso dei lettori italiani, o investire nel sogno impossibile di diventare uno scrittore a costo di rimetterci parecchie migliaia di euro, oltre che l’osso del collo?
Il primo consiglio è questo: non pensate di scrivere per guadagnare o per vivere della scrittura. Non è il momento giusto e, soprattutto, non è l’Italia il paese giusto. Sono pochissimi quelli che possono permettersi di vivere scrivendo e, comunque, di solito, la scrittura è sempre sostenuta da altre attività, anche più remunerative. È bene, poi, cercare di conoscere luci e ombre del mercato editoriale, per decidere con cognizione di causa se e come muovercisi. È necessario, poi, avere un lavoro, un qualsiasi lavoro che ci consenta, nei tempi e nei modi a noi più consoni, di dedicarci anche alla scrittura. È importante “entrare nel giro” e Facebook in questo aiuta tantissimo. Avere la possibilità di pubblicare il proprio lavoro è anche, poi, il frutto di tutta una serie di circostanze che si susseguono grazie a un lavoro certosino di conoscenze, esperienze, collaborazioni. L’importante è essere sempre umili e consapevoli dei propri limiti, affidandosi a chi “bazzica” il settore da anni. Si può e si deve sempre imparare.
Una nota di gossip per chiudere a beneficio dei tuoi ammiratori: quanti spazzolini da denti ci sono nel tuo bagno?
Ne ho uno nel mio bagno personale, uno in ufficio e uno da viaggio in borsa. Il mio dentista che, ripeto, contatto al cellulare e non su Facebook, è fiero di me e della mia igiene orale, ma soprattutto del fatto che di recente ha potuto sfrugugliare nella mia bocca senza che mi mettessi a piangere. E non era così scontato visto quello che è successo più o meno due anni fa. Sono soddisfazioni…
Grazie Viviana per la nostra chiacchierata “Reale Virtuale”.
Grazie a te!
Viviana Picchiarelli
REALE VIRTUALE
Ritratti di donne nell’era digitale
a cura di Costanza Bondi
BERTONI EDITORE
www.poetiitaliani.it