Gap femminile significativo in una metà dei Paesi europei, Italia inclusa, dove le alunne corrono un più alto rischio di analfabetismo matematico di ritorno.
La Commissione Europea ha recentemente presentato i risultati di uno studio che analizza le disparità di genere in ambito educativo.
La ricerca ripercorre le politiche scolastiche adottate da 29 Paesi europei soffermandosi su scelte e modalità operative differenti, attraversa tutti i gradi dell’istruzione e mette in luce alcuni nodi cruciali del sistema.
A partire dagli anni ’70, in relazione alle diverse sensibilità nazionali e con il contributo delle istanze femministe, sono state introdotte nel settore misure e strategie per le pari opportunità: per quanto la situazione sia radicalmente migliorata negli ultimi decenni, permangono evidenti disparità di genere, sia nel rendimento scolastico che nella scelta dei corsi di studio, tali da incidere negativamente sulla crescita economica e sullo stato sociale.
L’obiettivo fondamentale, comune ai diversi Paesi, resta il superamento degli stereotipi e la revisione dei ruoli.
Esistono ovviamente variazioni regionali, legate soprattutto al perdurare di politiche mirate.
Fermo restando che le caratteristiche dell’apprendimento sono fortemente legate al background socio-economico, a parità di condizioni le ragazze europee costituiscono la maggioranza di studenti e laureate/i, raggiungono livelli di istruzione superiori e valutazioni più elevate, dominano la sfera dei servizi e gli ambiti umanistico e artistico, mentre restano minoritarie in campo scientifico e tecnologico.
Le alunne evidenziano mediamente migliori capacità di lettura già a partire dal quarto anno di scolarizzazione (test PIRLS), con la sola eccezione dei Paesi iberici, e dedicano più tempo a leggere dei loro compagni, che in linea generale preferiscono collegarsi in rete.
I test PISA, somministrati a quindicenni, confermano la propensione letteraria delle ragazze anche in età adolescenziale, sottolineando inoltre un utilizzo più frequente delle biblioteche, una maggiore apertura ai diversi generi letterari e un amore per la narrativa molto più raro nei loro coetanei, interessati soprattutto a fumetto e cronaca.
Per altri versi, le ragazze si divertono meno con la matematica e vi incontrano maggiori difficoltà d’apprendimento: i risultati degli ultimi test PISA (2006) indicano che esiste un gap femminile significativo in una metà dei Paesi europei, Italia inclusa, dove le alunne corrono un più alto rischio di analfabetismo matematico di ritorno.
I ragazzi sono maggiormente esposti ad insuccessi scolastici, ma in campo occupazionale hanno presenze quasi esclusive nell’ingegneria, nell’industria manifatturiera e nelle costruzioni.
Secondo i dati ISTAT del 2009, in Italia le ripetenze maschili nelle scuole medie inferiori e superiori raggiungono complessivamente il 67% del totale, mentre i dati Eurostat dello stesso anno segnalano un abbandono scolastico maschile pre-diploma superiore di 7 punti percentuali al dato femminile.
Negli ultimi anni ha ripreso vigore l’ipotesi di un’educazione differenziata, con classi interamente femminili o maschili.
Alla base dell’idea c’è la maggiore libertà per i giovani di entrambi
i sessi di scegliere indirizzi e discipline al di fuori degli schemi di genere e il potenziamento dell’autostima, messa al riparo dal disagio di “apparire” davanti all’altro sesso.
Sono pochi gli Stati europei che hanno lasciato spazio, in varia misura, a scuole pubbliche single-sex (Regno Unito, Malta, Irlanda, Grecia): in alcuni casi si tratta di reminiscenze di antichi modelli educativi, nel qual caso la tendenza risulta in declino, mentre in altri, ove si verifica un incremento del modello differenziato, prevalgono principi e indicazioni metodologiche all’avanguardia.
Alcuni Stati (Estonia, Polonia) hanno dimostrato un crescente interesse per l’educazione differenziata, ma nel complesso l’istruzione mista continua ad essere considerata dai più un principio educativo irrinunciabile.
Nel settore privato invece, classi interamente femminili o maschili, sovente legate a comunità religiose, sono piuttosto diffuse ovunque e spesso richieste dalle famiglie.
Il supporto familiare è di grande importanza per rendere efficace l’educazione paritaria nella scuola. Le misure finalizzate ad un maggiore coinvolgimento dei genitori sono per lo più assenti a livello governativo, tranne rare eccezioni (Spagna, Portogallo), e limitate ad interventi sporadici e facoltativi di associazioni o singoli istituti.
In alcuni casi lo Stato è intervenuto attraverso pubblicazioni tematiche (Belgio, Danimarca, Irlanda) o campagne informative (Francia, Portogallo, Liechtenstein), ma nel complesso non si registra grande impegno istituzionale verso la cogestione famiglia/scuola delle pari opportunità educative.