di Katia Salvaderi
Che mi fa sentire un caso: io, il mio – una persona. Analizziamo insieme la faccenda e optiamo per la migliore cura da seguire, con il programma dei controlli periodici, come piace a me: non troppi e non troppo frequenti, che dopo un carcinoma ogni volta che hai una di quelle buste degli esiti da aprire ti viene da piangere. Anche l’ansia, forse, uccide . Quando ve la possono evitare, esigete che vi venga evitata: già ne avete e ne avrete a sufficienza, per tutta la vita.
Se nella tua scheda c’è scritto che hai avuto un tumore, i medici cambiano espressione quando glielo dici, anche un’ernia vertebrale viene guardata immediatamente in modo diverso. E se ti viene un mal di pancia per una indigestione, la tua mente va subito a un pensiero: oddio, sarà mica una metastasi?
E’ difficile uscire da questo stato d’animo, soprattutto in un mondo che, anche quando fai di tutto per non pensarci, te lo ricorda in ogni momento che il tumore uccide, che è la malattia più infida, il male oscuro di cui non si pronuncia apertamente il nome, che va tenuto nascosto nel proprio ambiente, come fosse una macchia, una colpa, qualcosa che infonde negli altri il terrore. Quel terrore che, nonostante i tuoi sforzi, ti viene costantemente restituito. Come se non bastasse il tuo. Grazie tante.
Altro capitolo sono i parenti, le persone care, il fidanzato, tutti quelli che avete attorno e che cominciano a guardarvi (e a parlarvi) come a una moribonda. Non permetteteglielo! Se ci provano, ricordategli che è più probabile che schiattino loro domani stesso per un malore. Voi avete tempo, tutto il tempo che serve per rimettervi in piedi, per crederci e per farcela. Il potere della psiche, lo ammettono anche diversi studi clinici, è grande anche nel caso dei tumori: difendete il vostro ottimismo contro chiunque provi a distruggerlo. Cominciate a guardare voi gli altri con compassione: perché nella loro illusione di eternità, si perdono il meglio della vita. Voi siete oltre, il velo di maya è caduto e state entrando nella vita vera, dove si è capaci di essere quello che si è, di dire quello che si pensa, di fare ciò che si vuol fare. Come mi disse un’amica, colpita dalla stessa (dis)avventura: “In fondo, noi siamo delle elette”. Ricordateglielo, quando proveranno a consolarvi con la faccia contrita.
Di tumore in alcuni casi si muore e in altri no, esattamente come per altre malattie di cui si parla molto meno: questa sarebbe la comunicazione corretta sul tema. Il retaggio anni sessanta del “brutto male” innominabile va sfatato. La medicina ha fatto grandi progressi e la prevenzione, che consiglio a tutte di fare con attenzione, ha raggiunto ottimi livelli, ma non è solo questo il dato importante. Bisogna spiegarlo alle persone che non esiste una unica malattia chiamata “tumore e dall’esito certo, esistono centinaia di tipologie di questo disturbo – sì, proviamo a chiamarlo disturbo, come tutti gli altri – e inoltre ogni persona fa caso a sé, sono infiniti i fattori che entrano in gioco, sia da un punto di vista fisiologico che psichico. Mi aspetto che nessuna donna, mai più, debba essere lasciata da sola a gestire una angoscia del genere. E mi aspetto un impegno da parte degli addetti ai lavori e anche dei media affinché la comunicazione scientifica e mediatica in materia di tumore cambi radicalmente. Il babau è diventato molto nero, perché così lo abbiamo costruito negli anni, con lo stesso impegno lo dobbiamo smontare, chi cura da un lato e chi è testimone dall’altro, insieme. Perché nessuno debba morire di paura.
Katia Salvaderi è nata nel 1963, ha trascorso 13 anni in un monastero zen, ha girato il mondo, maestri e scuole di penserio alla ricerca di correnti d’avanguardia e da sempre studia e pratica discipline volte a comprendere il cammino evolutivo dell’essere umano. Naturopata, esperta in materie olistiche, massoterapista shiatsu e osteopata, si occupa di marketing e relazioni esterne per un gruppo editoriale, tiene conferenze e corsi sullo zen, la medicina alternativa e i tarocchi psichici, promuove come agente letteraria autori in cui crede, organizza e anima eventi culturali, collabora allo sviluppo dello Spazio Nur di Milano e scrive come giornalista free lance ad alcune testate. E’ stata anche ghost writer per due pubblicazioni sullo zen di grande successo e si ripromette, appena trova il tempo, di scrivere anche libri suoi.
1 commento
Esperienza più o meno simile. E’ perfetto tutto quello che hai scritto. E’ proprio così!