di Vania Pavan
E’ partita l’azione biocarburanti, una delle azioni della campagna Operazione Fame.
1. COSA SONO I BIOCARBURANTI
I biocarburanti sono prodotti costituiti da materiali biologici che possono essere utilizzati come combustibili, in sostituzione dei tradizionali combustibili fossili (come la benzina e il diesel). In particolare:
Il biodiesel è un carburante rinnovabile, prodotto da oli vegetali come l’olio di palma, l’olio di semi di colza, di girasole e di soia o anche da oli di frittura esausti o grassi animali. Nei trasporti si può utilizzare puro o miscelato al gasolio tradizionale.
Il bioetanolo è un alcol prodotto dalla fermentazione di componenti zuccherine di parti vegetali (canna da zucchero e cereali). L’etanolo può essere utilizzato come combustibile in forma pura, ma di solito viene aggiunto alla benzina.
Il biogas compresso è ottenuto mediante digestione anaerobica di liquami e rifiuti organici agro-alimentari (ma anche dalla frazione umida dei rifiuti). Il processo produce metano che, depurato, entra nel circuito del gas naturale per i trasporti.
2. I BIOCARBURANTI E LA FAME NEL MONDO
I biocarburanti vengono spesso presentati come un’ottima arma nella lotta contro l’inquinamento, ma ad oggi l’unica certezza è che la loro produzione aggrava il già drammatico problema della fame nel mondo. Secondo le stime della Banca Mondiale, la produzione di biocarburanti sarebbe responsabile per il 75% dell’aumento dei prezzi che ha portato alle recenti crisi alimentari.
I benefici dei biocarburanti sono stati promossi, oltre che come risposta per i paesi importatori di petrolio all’eccessiva dipendenza dai carburanti di origine fossile, come parte della soluzione ai cambiamenti climatici. Questo ha portato alla promozione da parte dei paesi industrializzati dell’espansione della produzione di biocarburanti su scala globale. Tali spinte, nel periodo 2007-2008, hanno messo sempre più in competizione le colture ad uso alimentare con quelle destinate ai biocarburanti. Ciò ha innescato una spirale di crescita dei prezzi dei grani agricoli, come soia e mais (colture utilizzate per la produzione dei biocarburanti), e ha avuto forti ripercussioni sull’accesso alla terra, all’acqua e al reddito da parte delle comunità locali. Tra la stagione 2004/2005 e la stagione 2008/9, la domanda complessiva globale di grani grezzi è salita da 979,9 milioni di tonnellate a 1.096 (+11,85%). In questo periodo, mentre la domanda di grani ad uso alimentare è rimasta sostanzialmente invariata, quella dei grani ad uso non alimentare è passata da 179,2 milioni di tonnellate a 275,3 milioni (+53,62%) . Per avere un’idea della crescente influenza della domanda di queste fonti energetiche sul mercato del cibo, basta prendere in considerazione che due terzi dell’aumento globale della produzione del mais tra il 2003 e il 2007 sono stati trasformati in bioetanolo.
In termini di prezzi, il costo della maggior parte dei generi alimentari è salito alle stelle, facendo registrare un aumento dell’83% tra il 2006 e l’inizio del 2008 con un conseguente aumento delle persone che soffrono la fame di oltre 100 milioni nel solo anno 2008. Si stima che per soddisfare l’odierna domanda mondiale di biocarburanti è necessario utilizzare oltre 100 milioni di ettari di terreno agricolo (pressappoco il 7% di tutto il terreno arabile e quello occupato da colture permanenti del pianeta). La sola Europa per produrre i biocarburanti necessari a raggiungere l’obiettivo del 10% nel settore dei trasporti avrebbe bisogno di una superficie pari a due volte il Belgio.
Per coltivare qualunque pianta utilizzata per la produzione di biocarburante è necessario disporre di terreni coltivabili e quindi sottrarre superficie ad altre colture. In termini economici, aumentando gli ettari adibiti alla produzione di biocarburante a danno dell’estensione delle superfici coltivate per l’alimentazione umana, la quantità di prodotto alimentare disponibile sul mercato diminuisce sostenendo la dinamica dei prezzi.
La crisi alimentare ha segnato un punto di svolta nell’atteggiamento dei governi sui biocarburanti e con sempre maggiore forza sono affiorati dubbi sulle politiche favorevoli a questa “nuova” fonte energetica. Nell’ottobre 2008 la FAO in occasione della pubblicazione del suo rapporto annuale The State of Food and Agriculture (SOFA) 2008 per la prima volta si è schierata apertamente in modo critico sulla questione dell’uso dei biocarburanti sostenendo che politiche e sussidi ad essi relativi andavano rivisti, poiché mettevano a rischio l’obiettivo della sicurezza alimentare mondiale, la protezione dei contadini poveri, la promozione del generale sviluppo rurale e la sostenibilità ambientale.
3. I BIOCARBURANTI E LA QUESTIONE AMBIENTALE
Oltre ad avere impatti negativi sulla sicurezza alimentare mondiale, i biocarburanti non sono una risposta ai problemi ambientali e climatici. Valutare l’impatto dei biocarburanti in termini di emissioni infatti non è così semplice e il rischio di sottostimare il loro reale impatto sull’ambiente è grande. Se da un lato le piante utilizzate per produrre i biocarburanti assorbono anidride carbonica durante la loro coltivazione e le emissioni nocive prodotte sono senz’altro inferiori, considerando l’energia utilizzata lungo tutta la filiera dei biocarburanti, la riduzione delle emissioni complessive rispetto al carburante di origine fossile è molto variabile e può essere del 90%, ma anche solo del 10% nel caso di biocarburanti prodotti da colture a uso intensivo di macchinari agricoli a motore, trasportati per lunghe distanze o che richiedono un cambiamento d’utilizzo dei terreni.
Convertire foreste in terreni agricoli per la produzione di biocarburanti può compromettere la capacità stessa del terreno di assorbire anidride carbonica, a causa della perdita della vegetazione originaria.
A titolo d’esempio, la conversione di parte della foresta amazzonica in coltivazioni per i biocarburanti avrà un saldo negativo della produzione di CO2 che si potrà recuperare solo in 250 anni. Lo stesso taglio della vegetazione causa di per sé un rilascio di anidride carbonica, così come l’aratura dei terreni. Il drenaggio di terre umide per usi agricoli, inoltre, può provocare enormi emissioni iniziali di anidride carbonica. Se si considerano tutti questi effetti, i presunti benefici a livello climatico derivati dalla produzione di biocarburanti risultano di molto inferiori rispetto ai danni sulla sicurezza alimentare globale.
4. QUADRO NORMATIVO ITALIANO
In materia di energie alternative l’Europa ha emanato la direttiva 2009/28/CE (RED) che contiene le linee guida sulla promozione dell’energia da fonti rinnovabili, fissando come obiettivo minimo il raggiungimento del 20% di energia proveniente da fonti rinnovabili sul totale dell’energia consumata e del 10% nel solo settore trasporti, entro il 2020. Gli Stati membri dell’UE hanno poi definito le strategie più appropriate per il raggiungimento degli obiettivi.
In Italia la direttiva è stata recepita con il Decreto Legislativo del 3 marzo 2011 n.28 che lega il raggiungimento del 10% di rinnovabili legate al trasporto al miscelamento di biocarburanti con i carburanti tradizionali. Per il 2012 questa quota è pari al 4,5% (diventerà 5% entro il 2014).
Per quanto riguarda i paesi dove avviene l’approvvigionamento di questi biocarburanti che vengono immessi nel settore dei trasporti sappiamo che vengono importati da paesi europei e in misura maggiore da quelli extra europei ma non abbiamo dei dati precisi.
Così come i sussidi al settore che sappiamo esserci anche se non ne conosciamo l’ammontare esatto a causa del complicato quadro normativo che disciplina la materia.
5. OBIETTIVO DELLA CAMPAGNA di ACTIONAID
L’obiettivo della campagna di ActionAid è quello di arrivare a eliminare l’obiettivo obbligatorio di consumo del 10% di energie rinnovabili nel settore dei trasporti da parte dell’Unione Europea, obiettivo che entro il 2020 può essere raggiunto solo facendo massiccio ricorso a biocarburanti di prima generazione.
Al governo italiano chiediamo di fermare l’utilizzo di biocarburanti di prima generazione e di rivedere complessivamente la sua politica sui biocaburanti alla luce dei rischi che essi producono per il diritto al cibo, l’accesso alla terra e alle risorse naturali delle comunità dei Paesi del Sud.
6. CLINI, MINISTRO DELL’AMBIENTE
Nonostante che la politica dei biocarburanti e biomasse sia ripartita per competenze tra tre ministeri (agricoltura, ambiente e sviluppo economico) abbiamo deciso di concentrarci su un unico governativo: il ministro dell’ambiente Corrado Clini. Da un lato per le sue posizioni nettamente a favore dei biocombustibili (il ministro è anche presidente della Global Bioenergy Partnership); dall’altro perché come ministro dell’ambiente dovrebbe avere particolarmente a cuore la sostenibilità ambientale (e noi vogliamo anche quella sociale) di queste produzioni (ciò ci permette anche di sollecitarlo rispetto ala questione dell’impatto indiretto sui cambi di destinazione d’uso dei terreni, ILUC, altro obiettivo importante del nostro lavoro su biofuel).
Il Ministro sarà anche il rappresentante del governo italiano che parteciperà alla conferenza RIO + 20 (seconda milestone del 2012 per ActionAid), ovvero la Conferenza Onu sullo sviluppo sostenibile: a ridosso di quella data è prevista una delivery al ministro delle firme raccolte dalla campagna di ActionAid, questo per dare maggior forza alla nostra azione di lobby.
<continua>