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Io chi sono? Io sono un’avvocata e ho costruito insieme ad altre compagne un gruppo di lavoro che oggi rappresenta la realtà milanese dell’associazione Di Nuovo, tutte donne cd. “normali”, attiviste del cambiamento della nostra vita.
Perché siamo qui riunite oggi?
Siamo qui oggi per tentare di costruire un’esperienza comune, perché pensiamo che di questa nuova fase politica sia necessario ragionare tutte insieme.
L’azione congiunta di molte donne tutte diverse, orientate al perseguimento di obiettivi comuni, ha prodotto risultati inaspettati per quelle stesse donne che hanno promosso quelle iniziative, come è accaduto nel caso del 13 febbraio.
Questa storia ci racconta che tutte insieme possiamo generare una forza politica che produce un cambiamento. Pensiamo che sia importante, quindi, che il femminismo diffuso agisca in modo aggregato per il perseguimento di obiettivi comuni, che possono essere condivisi da tutte.
Ma cominciamo dall’inizio.
Negli scorsi mesi invernali a Milano sono state convocate due manifestazioni per la dignità delle donne. Il nostro comitato si è costituito già in occasione della prima manifestazione “Mobilitiamoci per ridare dignità all’Italia” del 29 Gennaio e successivamente ha promosso in città la grande manifestazione nazionale del 13 Febbraio per partecipare, con le altre in Italia e nel mondo, al movimento Se Non Ora Quando?
Abbiamo continuato a manifestare la nostra indignazione l’8 marzo durante il presidio di Piazza dei Mercanti e abbiamo gettato le basi per la costruzione di una piattaforma di contenuti comune, durante l’assemblea pubblica cittadina tenutasi lo scorso 14 marzo.
Come molte di voi, abbiamo partecipato ai lavori di Siena il 9 e 10 luglio scorso e siamo state presenti a Roma il 2 ottobre, dove si è discusso, tra le altre cose, di contenuti e di come questi contenuti possano essere condivisi e costruiti insieme, allo scopo di produrre un’agenda politica nazionale, comune e partecipata, in cui ognuna di noi possa riconoscersi.
Ed è in relazione a questo obiettivo che il comitato di cui faccio parte ha deciso di partecipare attivamente, insieme alle altre donne del movimento se non ora quando, alla costruzione di questa piattaforma di contenuti politici condivisi.
Il 13 febbraio ha rappresentato per tutte noi un cambio di passo. Le donne scese in piazza il 13 febbraio hanno voluto comunicare a tutto il Paese che non sono nè mute, nè assenti né in tutt’altre faccende affaccendate e che non hanno alcuna intenzione di assistere indifferenti al degrado morale e civile in cui un governo, insieme alla sua cultura diffusa, hanno fatto precipitare il Paese.
Le donne ci sono oggi e ci sono sempre state e sono il motore fondamentale del cambiamento, oggi come ieri e ora per domani.
In questi anni di berlusconismo, mentre gli spazi tradizionali della politica si svuotavano di autorevolezza e di senso, diventando giocattolo del potere e delle ambizioni maschili, le donne hanno continuato a lottare per mantenere e alimentare uno spazio pubblico diverso, uno spazio di trasformazione: nel privato, nel sociale, nel lavoro, nella scuola, nell’associazionismo e nel volontariato, nelle professioni e nel sindacato, nel mondo dell’arte e in quello della conoscenza. Non si improvvisa un’inondazione come quella del 13 febbraio.
Quelle manifestazioni hanno rappresentato il punto di arrivo di un costante, perdurante, incessante e ininterrotto lavoro fatto da tutte noi, nel corso di questi ultimi vent’anni, in tutti i luoghi in cui siamo state e in tutti quelli in cui ci siamo espresse.
Noi crediamo che sia arrivato il momento di organizzare la ripartenza di questa crescente forza femminile.
Le donne sono considerate da tutte le statistiche italiane le più preparate culturalmente e le più credibili alla sfida delle classi dirigenti. Al contempo sono le più colpite dalla crisi economica, dalla precarietà e da un welfare inadeguato. Ancora troppo lontane dai ruoli di dirigenza e da un sistema che premi il talento e il merito.
Eppure, tra le manifestazioni invernali e il “vento che cambia” milanese è stato certamente tracciato un legame.
Nel mese di dicembre dello scorso anno, su iniziativa di Usciamo dal Silenzio, le donne di questo comitato scrivono a Giuliano Pisapia, sottolineando una delle tante anomalie di questo Paese: sembra che gli uomini abbiano pensato di fare a meno delle donne, del loro pensiero, della loro presenza.
Consapevoli che la crisi socio-culturale ed economica che ci coinvolge, non è una questione che si può affrontare semplicemente “occupandosi delle donne” ma solo scardinando il vecchio sistema di relazione tra uomo e donna, si limitano a chiedere due cose:
– la presenza paritaria di donne ovunque, dalle liste elettorali a tutti i luoghi in cui si decide;
– l’attenzione alla qualità della vita quotidiana di tutti.
Giuliano Pisapia risponde esortandoci a partecipare alla campagna elettorale, vince le elezioni e si propone alla città con una giunta paritaria e una donna vice sindaco, come nel frattempo gli avevamo chiesto nella lettera di congratulazioni per il successo elettorale.
Ma questa non è una storia solitaria, perché a Cagliari abbiamo festeggiato per Massimo Zedda (che fra l’altro in pochi ricordano avere 37 anni) e la sua giunta: 6 donne su 11, di cui una vice sindaco. A Napoli contiamo 4 assessore e a Torino otto esordienti, la metà con età tra i 30 e i 40 anni e il 50% di donne.
E non è una storia finita, perché dopo aver temuto un governo ottuagenario e monosessuato, abbiamo tutte accolto con una certa soddisfazione la notizia delle tre donne a guidare dicasteri pesanti nel governo Monti: Anna Maria Cancellieri la seconda agli Interni (la prima era stata Rosa Russo Iervolino durante il governo D’Alema), Paola Severino la prima a sedersi sulla poltrona di via Arenula e Elsa Fornero al lavoro e politiche sociali.
Ringraziamo, ma si sarebbe potuto fare di più. Non solo in termini di presenza femminile, ma anche di sguardo alle più giovani generazioni e al mezzogiorno, che non si può continuare a considerare banalmente e semplicemente una coalizione di mafie e clientele, perché bacino di talenti ed eccellenze straordinari.
La caduta del governo Berlusconi chiude una fase e ne apre certamente un’altra, ma la caduta di quel governo ha rappresentato la caduta di un simbolo, ma non la fine di quella cultura diffusa, di quell’ immaginario e di quella visione della relazione tra i generi.
Sappiamo che il “vento” è cambiato, ma siamo qui oggi perché desideriamo partecipare attivamente, anche manifestando ove necessario, alla scelta della classe dirigente di questo Paese.
Noi pensiamo che sia arrivato il momento dell’ingresso sulla scena sociale e politica di nuovi “femminismi”. Ovvero di pratiche, esperienze e culture in grado di ricomporre in termini fortemente simbolici e politici, il tema della libertà femminile dentro l’orizzonte di una sfida a questo millennio. I femminismi non sono né morti nè un revival del secolo scorso, ma sono, in nome di linguaggi e corpi sociali del tutto nuovi, in ascolto delle nuove generazioni, nel tempo di una precarizzazione esistenziale senza fine, quanto di più vero, attuale e urgente si ponga oggi all’attenzione di un processo di trasformazione globale. Se guardiamo la scena mondiale, i femminismi del nostro tempo rappresentano, dall’America Latina, all’Africa, al Medio Oriente, un motore straordinario di giustizia sociale, di pace, di cambiamento del modello di sviluppo.
Per questo, adesso, noi crediamo necessario affermare con chiarezza, fermezza e con autonomia quello che vogliamo, quale politica, quale progetto.
Il crollo del berlusconismo, dentro alla pesante crisi economica che attraversa il Paese, ci impone di discutere della ricostruzione di un sistema che riscriva un nuovo patto sociale fra donne e uomini, come fra native e migranti e fra donne di generazioni diverse, non solo per evitare che conquiste importanti vengano cancellate, ma anche perché è arrivato il momento di estendere quei diritti di cittadinanza e civiltà alle altre donne che ancora oggi non possono goderne pienamente (precarie, lesbiche e migranti).
Sono stati invitati qui oggi tutti i comitati SNOQ della Lombardia che si sono già costituiti, per una reciproca conoscenza e collaborazione e per definire insieme modalità di incontro e di lavoro, che possano coinvolgere il maggior numero di donne possibile.
A questi lavori sono invitate a partecipare tutte, nessuna esclusa, singola o organizzata e con qualsiasi appartenenza, ma anche senza. Ci proponiamo di svolgere riunioni periodiche, anche di carattere regionale, con cadenza mensile prestabilita.
Noi crediamo che sia arrivato il momento di pensare a forme di dialogo continuo e permanente, per costruire un’agenda di priorità del Paese reale, plurale, partecipata, concreta e democratica.
E pensiamo che sia arrivato il momento di organizzarci. Non solo qui a Milano, ma su tutto il territorio nazionale, perché è chiaro che questa soffocante crisi economica che stiamo vivendo e la prossima scadenza elettorale non lasciano spazio ad alcuno spontaneismo.
Noi donne non siamo una “categoria” o una “parte sociale” omogenea. Ed è per questo che non dobbiamo sciogliere le nostre appartenenze per confluire in una struttura più ampia, perché è proprio questa pluralità di linguaggi e di pensieri che garantisce la concretezza a questo movimento e ci chiarisce il senso di questo nostro stare insieme. Ciononostante, noi tutte condividiamo interessi che hanno una base sociale comune. Per questa ragione è necessario mettere a fattor comune le nostre vite, le nostre diverse esperienze, ma d’ora in poi in modo organizzato.
Siamo consapevoli che questo non è un cammino né rapido, né facile e che questa che ci approcciamo a vivere è una fase transitoria, di sperimentazione di un cambiamento, in un percorso da costruire insieme. La vera sfida sta nel definire con modalità collettive e democratiche, le regole di un processo decisionale condivise da tutte noi, non solo qui a Milano, ma su tutto il territorio nazionale.
Ma è necessario accettare la sfida, perché non possiamo più permetterci di affidare ad altri le scelte di governo, né possiamo continuare a predisporre liste dei desideri che ci portano ad essere percepite come una “questione sociale” di cui occuparsi (insieme a quella del mezzogiorno, dei disabili, dei migranti etc.).
Tra poco più di un anno in Italia ci saranno le elezioni e questo è il tempo giusto per individuare e sperimentare pratiche condivise per scardinare l’attuale modello verticistico che istituzionalizza la distanza tra chi governa e le altre donne e gli altri uomini.
E’ chiaro a tutte noi, infatti, che il dato numerico non esaurisce il tema della rappresentanza, che non si presenta come una questione meramente quantitativa, perché nonostante sia importante sostenere il principio di parità, quello di cui è necessario discutere ora è la qualità della rappresentanza democratica.
Non più donne a prescindere, donne in grado di garantire a chi le propone una vicinanza “fisica” o un’appartenenza “politica”, ma donne qualificate a svolgere un ruolo pubblico, che non è solo competenza professionale indiscutibile, ma richiede una competenza politica e una volontà, oltre che un’attitudine, ad occuparsi della cosa pubblica.
Tutti i comitati snoq d’Italia discutono intorno al tema della rappresentanza politica e noi qui a Milano abbiamo vissuto un’esperienza a cui guardano tutti con attenzione. Crediamo quindi di poter partecipare attivamente a questo percorso di costruzione di un soggetto politico organizzato, che possa promuovere nuovi criteri per la scelta della futura classe dirigente di questo Paese.
Sarà interessante leggere le vostre osservazioni.