L’intervista a Terry De Nicolò è di quelle che lasciano senza parole. Lei ha solo certezze e appare sicura nello sciorinare, senza imbarazzo alcuno, la sua “filosofia” di vita: se la bellezza è un valore allora deve essere pagata… E se sei una donna brutta, allora resta a casa e non …dare fastidio. Insomma l’alternativa è tra una vita mediocre e una di successo ma se vuoi avere successo devi vendere anche tua madre e correre dei rischi… Evviva!
Ora la domanda che mi pongo è: quante ragazze la pensano così ? Quella di Terry è una posizione isolata o, viceversa sono in tante a pensarla così?
Un dato mi sembra certo: sono lontani anni luce i tempi in cui le donne sono state le protagoniste di una stagione di rivendicazioni e di diritti, in cui si parlava con motivazione di come rendere effettivo quel bellissimo principio di uguaglianza stabilito nel 1948 grazie all’impegno di un piccolo gruppo di donne.
Sembra preistoria il percorso del ‘900, il secolo breve caratterizzato anche dalla “rivoluzione” incruenta delle donne che hanno finalmente ottenuto il riconoscimento di diritti fondamentali a partire da quello del voto. Del tutto fuori moda i temi sociali che sono stati importanti per la cosiddetta questione femminile, per non parlare dei mille ragionamenti sulla democrazia paritaria.
Si è perso lo spirito che ha animato quella stagione, sembrano smarriti gli entusiasmi e le passioni di poche che, via via, hanno contagiato tutte le altre fino a diventare un “fenomeno” collettivo, un coinvolgimento corale che ha prodotto una stagione di traguardi sia pure con qualche residua zona d’ombra.
Poi, lentamente le donne sono “scivolate” , pian pianino sono scomparse dall’agenda della politica e sono diventate fuori moda.
Il corto circuito generazionale ha fatto il resto: ha acuito le distanze, cambiato gli orizzonti e stravolto le priorità. Chi ricorda più le vicende politiche ed umane di donne come Maria Federici, Tina Anselmi, Nilde Iotti e le mille altre a cui dobbiamo sicuramente un grazie per il lavoro compiuto nell’interesse di tutte.
Allora pongo una domanda: cosa hanno insegnato molte madri alle loro figlie, quali valori hanno inculcato, quali modelli hanno rappresentato come vincenti? Solo benessere materiale da conquistare a tutti i costi o obiettivi intelligenti come traguardo?
La prospettiva di oggi ha riportato in auge la bellezza come chiave universale per “sfondare” qualsiasi barriera, ha reso famose escort, veline e starlette e, infine, ripristinato il mito del Buon matrimonio come ottima “sistemazione”!
Ci resta solo Miss Italia o la vetrina del “Grande Fratello” come prospettiva di affermazione di sé! Sono questi i luoghi per l’elaborazione di un “pensiero femminile” valido per questo nuovo secolo?
Come si può correttamente affrontare il tema “complicato” del rapporto tra donne e politica?
Ricordo le dichiarazioni di una deputata che, durante una intervista, per sostenere la sua contrarietà nei confronti di una legge elettorale che nomina e non elegge i parlamentari, non ha escluso che alcune parlamentari prima di essere elette si fossero prostituite. Nulla di nuovo rispetto al “ciarpame senza pudore” di cui parlò pubblicamente Veronica Lario o alle pesanti battute dopo la nomina a ministro di Mara Carfagna o alla storia tutta barese, di Lea Casentino definita ironicamente lady Asl.
La nota avvocata Bernardini De Pace, dopo aver analizzato i diversi aspetti della soggettività femminile conclude dicendo che con questi dati di fatto, sembra un’utopia pensare che, in tempi brevi, ci possa essere la moralizzazione della politica grazie alle donne: non hanno tempo, non possono, non vogliono; se già fanno politica, sono poche e si sono diversificate secondo il temperamento, ma onorano il genere con l’onestà. Forse è meglio che le cose restino così. Contro il malcostume alcune chiedono meno uomini nei posti di potere. Ma il gentil sesso non ha né il tempo né la voglia di sostituirsi ai maschi.”
La stagione che stiamo vivendo giustifica ampiamente la necessità di tenere vivo un dibattito e queste brevi considerazioni meritano un supplemento di riflessione sullo stato pietoso in cui versa la condizione femminile in Italia e nel mondo.
In conclusione per caratterizzare questo confronto propongo di adottare una nuova sigla da aggiungere alle migliaia che usiamo: D.G.M che sta a significare donne geneticamente modificate. Abbiamo davvero subito una mutazione genetica?