Quando i numeri aiutano le donne. Parla Cristina Molinari, presidente di pari o dispare
Alta, longilea, bionda, taglio di capelli corto, sempre elegante, di quell’eleganza sottile che appaga se stesse e gli altri, Cristina Molinari è divenuta la nuova presidente di Pari o dispare. Ligure, figlia di marinai, con molta esperienza nel mondo del lavoro manageriale, parla di sé. Partita da una laurea in matematica scelta quasi opportunisticamente, sì e’ ritrovata a lavorare per grandi aziende multinazionali e ad occuparsi di progetti solidali.
Hai un curriculum variegato, ma perché hai studiato matematica?
Uscita dal liceo avevo poche idee su dove orientarmi. Ero indecisa se iscrivermi a medicina, o lettere, perché mi piaceva scrivere, o matematica. Ho valutato che seguire medicina mi avrebbe tenuto dipendente dalla famiglia molto a lungo, che alla facoltà di lettere c’era una lunghissima coda ed a matematica non c’era nessuno e quindi mi sono iscritta a quest’ultima. Dove c’era meno richiesta da parte degli studenti
Avevo un talento per la matematica: mi sono laureata in algebra in un periodo (gli anni settanta) in cui cercavano assiduamente laureati in materie scientifiche per avviarle alla carriera informatica. Così sono stata assunta in IBM, inserita (ma io non lo sapevo e quasi mi offesi di essere trattata da minoranza grazie al programma ‘’black women handicapped ‘’(1976), dove eravamo in quell’anno solo in 10, su centinaia di assunzioni. L’IBM fece dei colloqui molto rigidi, ma ci assunse e credo che questo sia stato uno dei primi programmi di equal opportunità a cui oggi io sono davvero grata, perché mi aprì di fatto una carriera in una grande azienda .
E dopo l’IBM cosa successe?
In Ibm feci la sistemista e passai poi alla carriera commerciale, ma ad un certo punto mi sembrò di non imparare più al ritmo che desideravo e la carriera puramente commerciale non mi interessava poi cosi’ tanto. Accettai quindi un primo incarico manageriale in Wang e poi entrai in Accenture perché miravo ad una carriera nella consulenza, che effettivamente doveva essere la mia strada perché rimasi lì per quasi 20 anni e dove ho avuto la fortuna di divertirmi e di sfidarmi in tutti gli aspetti professionali.
Non credi che la carriera consulenziale sia molto faticosa per una donna che voglia avere propria famiglia?
E’ una scelta individuale. Io ho trovato la mia carriera e il mio lavoro in Accenture molto divertente ed interessante. E’ molto difficile combinare i due aspetti famigliare e lavorativo, sia per gli uomini che per le donne. Credo comunque che se si voglia veramente intraprendere una carriera del genere (che chiede molto alle persone) ed avere figli sia possibile ma è necessario avere un aiuto. Molte mie amiche sopravvivono con una organizzazione domestica complessa e con fidate babysitter full time. Penso che molto spesso le mamme d’Italia siano portate dalla pressione sociale e dalla cultura dominante a confondere la qualità con la quantità. Fare le torte tutti i giorni non garantisce la solidità di rapporto madre figlio. Inoltre le aziende migliori comprendono i periodi di difficoltà delle persone (non solo figli, ma anche vecchi che hanno bisogno di assistenza) e nelle aziende peggiori bisogna cercare di non rimanerci.
Parliamo di pari o dispare di cui sei diventata presidente di recente. Tu l’hai vista nascere, vero?
Sì, mi sono unita a Pod non proprio dall’inizio, ma accodandomi alle socie fondatrici perché nei mesi precedenti mi stavo occupando di un progetto in Africa. Avevo lavorato in un’azienda multinazionale interagendo con molte realtà straniere e trovavo la condizione delle donne in Italia estremamente vecchia. Ed ho pensato che qualcosa dovesse cambiare anche in Italia. L’associazione mi è piaciuta molto sin dall’inizio, per gli alti profili di donne che vi appartenevano, molto dissimili tra di loro per età e provenienza ma tutte orientate allo stesso obiettivo: una società di pari.. E’ difficile però far funzionare un’associazione così attiva come Pod, che è basata su porzioni di tempo che persone occupate ritagliano con fatica.. Tuttavia ho accettato ho cercato di attivare dall’inizio una forte componente di ascolto
Cosa ti aspetti dall’associazione?
Che porti a dei piccoli risultati in tempi ragionevoli, uno per volta.. Sono per la teoria che un elefante si puo’ mangiare a piccoli morsi. Quindi bisogna essere perseveranti e tenaci.
Per esempio l’emendamento sul servizio Rai, ci abbiamo lavorato, è stato approvato dalla Commisione di Vigilanza, ma non molleremo l’osso finchè non avremo ottenuto la sua definitiva approvazione dal Governo e Rai.. E poi il reimpiego dei fondi delle pensione delle donne? Abbiamo insistito per mesi, ma ora non demordiamo e non allentiamo l’attenzione sulla loro destinazione.
Ma Pod ha tre gruppi che si occupano ognuno di argomenti diversi..
Il gruppo1 che si occupa di lavoro, curerà il tema dell’Autority e cercherà di organizzare un osservatorio sui fondi pensione
Il 2 dovra’ mantenere l’osservazione sul servizio rai e inoltre portare avanti il manifesto sull’azione positiva dell’immagine delle donne in pubblicità . L’ idea da portare avanti è che non faccia tendenza portare avanti stereotipi contro l’immagine femminile.
Non è una questione di moralismo, io ho niente in contrario che le donne esibiscano il loro corpo se lo ritengono opportuno, sono contraria che si esibisca solo e sempre il corpo delle donne come se le donne non fossero altro. Oppure ancora peggio che si raffigurino solo donne cretine. E’una distorsione della realtà.
Che ne pensi dell’apertura di Pod nelle altre città italiane perchè non sia romacentrica?
Conto una volta finito il convegno del 19 gennaio di andare nelle varie città in cui abbiamo già un nucleo di associate per stimolare l’interesse su ciò che abbiamo promosso come Pod e arrivare alla massa critica per poter svolgere attività locale.
Infatti , l’attività locale è indispensabile perché le iniziative che nascono in tutto il territorio italiano vadano dalla periferia a tutta la nazione.