I giovani responsabili della crisi dei valori? Macché. Lo spiega Carmen Leccardi nel suo libro ”Sociologie del tempo”
I giovani responsabili della crisi dei valori?
Macché. E’ sulle giovani generazioni che si concentrano gli effetti della cosiddetta società dell’accelerazione, in cui il futuro si appiattisce sul presente. Sono i giovani che devono fare uno sforzo maggiore per tentare di non annegare nella contingenza che impregna ogni aspetto della vita attuale.
I ragazzi e le loro paure, dunque, effetti e non causa di un presente assolutizzato, che impedisce di avere signorìa sul futuro e, quindi, di stendere progetti di lunga durata.
E’ la tesi di Carmen Leccardi, docente di Sociologia della cultura presso l’Università di Milano Bicocca, dove è delegata del Rettore per le problematiche di genere, che di recente ha scritto ”Sociologie del tempo”, edito da Laterza.
A sentire l’esperta, che è anche Vice presidente per L’Europa con Carles Feixa del gruppo di ricerca sui giovani dell’International Sociological Association, sarebbero i ragazzi ad impegnarsi di più per tenere la prua al vento che impone di fare sempre e in tempi veloci. E lo farebbero senza l’appoggio e la considerazione delle istituzioni.
“Non c’è un riconoscimento sociale- afferma- delle difficoltà che i giovani incontrano nel costruire la loro identità. Fino a qualche decennio fa, i ragazzi e le ragazze avevano la possibilità di vedere un nesso fra il presente in cui si vive e il futuro che si intende plasmare – un futuro che, per loro, è anzitutto sinonimo di vita adulta. Negli ultimi tempi, l’accelerazione culturale in cui siamo immersi, di fatto, smonta l’idea del futuro e rende quello che viviamo un eterno presente. E’ ovvio, questo impedisce di costruire progetti a lungo termine”
Ma chi non comprende gli sforzi dei giovani, che nonostante la precarizzazione della vita, tentano di costruire forme biografiche adatte al tempo?
La famiglia, la scuola, il mondo del lavoro e, in parte, quello del tempo libero. Certo, quella che la docente chiama “presentificazione” coinvolge tutti, anziani, adulti e giovani. Ma a pagarne di più le conseguenze sarebbero proprio i giovani. E’ a loro che le istituzioni chiedono cosa vogliono fare della propria vita. C’è una retorica pubblica che uccide i tentavi dei giovani di reinventarsi.
Perché?
Secondo la mentalità comune sarebbero loro, i ragazzi, i portatori di una crisi di valori. Al contrario, il vuoto è l’effetto dell’accelerazione dei ritmi sociali. Quella, per intenderci, che scaglia, per esempio, i bambini nel mondo degli adolescenti. E che crea, per paradosso, adolescenti quasi eterni. Oggi si è considerati ragazzi ancora a 34 anni. E si diventa adulti sempre più in là nel tempo.
Ma Leccardi guarda anche all’aspetto positivo della provvisorietà. “Esiste da parte dei giovani- chiarisce- una capacità di venire a capo di questa situazione di oggettivo svantaggio. Un esempio? Ci sono alcuni giovani che, particolarmente ricchi di risorse sociali, culturali ed economiche, riescono a costruire, nonostante tutto, possibilità di autocontrollo della propria vita e dei suoi tempi. Strategie di autorealizzazione. Sono loro che, di fronte ad un futuro sempre più evanescente, riescono a trovare sistemi per continuare a relazionarsi positivamente all’avvenire. Così, in un’epoca di forte velocizzazione dei ritmi sociali, che tende ad abbattere le possibilità di restare padroni del proprio tempo, possono decidere che un progetto sensato risiede nella capacità di ‘mantenere la direzione’ aprendo alle opportunità che via via si presentano, senza un piano predefinito. Predefinite sono, semmai, le cosiddette linee guida. In questo caso il percorso progettuale non è del tutto cancellato, ma si mantiene aperto – così come ‘aperto’ è, per definizione, il tempo accelerato in cui viviamo.
Accanto a questa categoria, che si potrebbe definire dei “giovani delfini, dei modelli da traino dell’immaginario collettivo, c’è quella dei giovani “normali, la più corposa. Sono i ragazzi che, senza affogare nella precarietà, frequentano la scuola e l’Università, e con tanti problemi si confrontano in modo realistico, per esempio, con contratti a tempo determinato. E ce la fanno. Sono coloro che elaborano progetti a breve- medio termine, reagiscono attivamente, riducendo le attese nei progetti. Sviluppano piani per il cosiddetto “presente esteso, l’arco di tempo che abbraccia l’attività in cui sono al moneto impegnati (ad esempio, il ‘presente esteso’ si può estendere fino al conseguimento della laurea; o, piuttosto, fino alla scadenza del contratto di lavoro).
Il terzo gruppo, costituito da una minoranza, è quello che non riesce a stare a galla. Su questo le istituzioni spesso scaricano la responsabilità del disordine e dei disvalori.
E le ragazze?
A sentire la docente, le giovani ragazze avrebbero sia difficoltà che risorse aggiuntive. “Sono loro che devono pensare ad entrare nel mercato del lavoro, ma nello stesso tempo a non lasciare fuori della loro vita le relazioni amorose, la maternità, la politica. A loro si chiede uno sforzo davvero notevole. Quello di essere duttili in due sensi. Ma le giovani dimostrano di avere nelle mani un enorme potere innovativo. Cerchiamo di non vederle come vittime, ma come soggetti carichi di una forte potenzialità di cambiamento”.
Se il futuro diventa una parola evanescente, che peso ha la memoria?
Senza memoria non si può costruire il futuro. Ma in una società in cui si dilatano i tempi per vedere il futuro, sembra che siano gli adulti ad avere più difficoltà con il passato. “Ai giovani- dice- risulta particolarmente feconda la trasmissione di una memoria familiare, fatta di oggetti, di fotografie e di ricordi intimi”.
Per concludere?
“Il mondo adulto deve imparare a leggere la trasformazione della condizione giovanile in modo più attento. Senza pregiudizi. Non contano infatti solo i tratti che caratterizzano oggi i giovani, ma la relazione fra l’universo sociale nel suo complesso e i soggetti giovanili. Si tratta di un rapporto fortemente interattivo.