Tiziana Schiavarelli parla del suo primo libro: ”Io, la seconda figlia.”
“Noi donne, quando siamo innamorate cominciamo a volare, e decolliamo subito, spericolate, senza controllare se abbiamo carburante a sufficienza nel serbatoio. E parlo di noi donne mature, non di dodicenni al loro primo amore. Ma come giustamente mi esalava il mio buon capoufficio, si ritorna fanciulli quando nasce una storia nuova”.
Lo scrive Tiziana Schiavarelli a pagina 56 del suo primo romanzo “Io, la seconda figlia”– storia semiseria di una primadonna, edito da Gelsorosso. Un racconto autobiografico, ironico, in cui l’attrice barese, classe ’60, si dipinge prima come una bambina che sfrecciava tra i viottoli baresi appesa ad un furgoncino, poi come una ragazzina che amava il rock, baciava i ragazzi e fumava le canne. Oggi come un’attrice controcorrente, soddisfatta della sua vita familiare, con il desiderio di sfondare nel cinema, magari con un ruolo drammatico. Ma sempre innamorata del teatro, “dove – dice- sei te stessa più che altrove. Soprattutto, libera.”
Insomma, da seconda figlia, qualche rivincita Tiziana se l’è presa. Un esempio? Il film “Focaccia blues”, di Nico Cirasola, di cui la critica sta parlando molto in questi giorni. In passato è stata diretta dal regista Nanni Loy in due spettacoli teatrali “Dolce o amaro?” , tratto dal film Cafè Express e “L’osso sacro. Ha lavorato anche con i registi Mimmo Mongelli (La casa delle donne) e Alessandro Piva (Lacapagira), Carlo Vanzina (E adesso sesso – 2061 un anno eccezionale) ed Enrico Oldoini (Il giudice Mastrangelo). E ancora, attrice ne “Il padre delle spose, un film tv in una puntata, andato in onda in prima tv nel 2006, diretto da Lodovico Gasparini.
Con Dante Marmone, attore con cui ha debuttato nella Compagnia Anonima Gr (Gruppo Ricerche), condivide la sua vita, un lungo percorso teatrale, nonché l’esperienza televisiva che li vede tuttora impegnati come autori e protagonisti nella realizzazione della sitcom Catene, prodotta e trasmessa da Telenorba, premiata dalla critica nazionale (Aldo Grasso su “Sette) come una delle più interessanti fiction italiane.
Ma la sua scommessa più grande è il libro, da cui ha tratto un monologo. E che lei stessa definisce “un atto d’amore nei confronti della sua vita da professionista, moglie e madre, oltreché figlia sorella”. Eh, sì, perché, è vero che ha dovuto per anni indossare scarpe e vestiti già usati da sua sorella più grande, ma è anche vero che è cresciuta libera, perché educata “con metodi più spicci”, come tutti i secondi figli. Di qui il suo sentirsi donna indipendente, intraprendente, col senso dell’avventura nel Dna.
In questo senso molto divertenti sono i fotogrammi del libro dedicati agli anni 70. “Ma di quel periodo- spiega- facevo mio solo il diritto a farmi sbaciucchiare da qualcuno e tirare qualche canna. Non ho mai abbracciato l’idea dell’amore libero. L’impegno politico? Non ho mai militato in nessun partito e nemmeno in gruppi extraparlamentari, ma avevo le mie idee. Allora, però, ero molto giovane, capivo poco di quello che si diceva nelle assemblee, perché si usava un linguaggio molto politichese”. Non mancano i ricordi dell’assassinio di Benedetto Petrone. E poi le esperienze in un’azienda con un capoufficio “polpo” , le confidenze delle amiche alle prese con gli amanti, e le posizioni sull’uomo “ideale”. Per cui scrive: “Per me l’eleganza naturale di un uomo, è quella virtù che lo fa essere corteggiatore e non adulatore, che lo fa essere generoso e mai sbruffone, intelligente e non saccente, sensuale e mai volgare. Insomma, è quello che sa essere affascinante senza magari essere un granché bello. Con una forte personalità”. Come quella di Dante Marmone, suo marito, “un po’ introverso- confessa- ma capace come nessun altro di farla ridere. E non solo. In casa mia si produce gelosia a gogò . Ma non una gelosia eclatante , diciamo così una gelosia sottile che c’è, ma non si vede. Però sono libera . Se dovessi essere sorpresa in un’avventura extra, avrei finito di campare. Anche perché mio marito è un acuto osservatore dell’umanità. Dunque, ho un certo di timore di fare l’amante, le storie trasversali sarebbero una iattura per me, proprio per la presenza costante della mia vita, di quell’acuto osservatore dell’umanità, che è Dante”.
Dunque, non hai mai fatto ingelosire tuo marito? “Già per un occhiolino tra me e un tipo, in cui lui ci fulminò con uno sguardo- dice- episodio avvenuto quindici anni fa, pago ancora le conseguenze”. E quindi? “Ma forse- replica- è un bene non sembrare totalmente affidabile, diventi una cosa monotona che dove la metti sicuramente là la ritrovi, che non procura alcuna scossarella, tanto utile al rapporto di coppia. Lo faccio stare sempre con le dita nella presa, e faccio bene. Veramente pure lui”.
Insomma, in moto perpetuo, ma solo in apparenza? Eppure consigli alle amiche con l’amante di godere del piacere momentaneo, senza pensare al futuro e ai progetti! “Sì. Predico l’adulterio io, io che sono una monogama monumentale. Si sarò pure una ribelle, una discola, una capa freska, una libera di pensiero, ma sempre monogama rimango-.
Una compagna monogama, un’attrice “geniale, perché naturale come l’ha definita una volta Vanzina e “generosa”, come vorrebbe essere ricordata dai posteri.