di Caterina Della Torre
Come fare a superare la paura e l’autismo sentimentale dei giorni nostri.
Quattro chiacchiere con Katia Salvaderi, un po’ per curiosità ed un po’ per capire come si vivono i rapporti uomo/donna nell’era di Internet.
Katia, 44 anni, naturopata, esperta di medicina vibrazionale e insegnante di meditazione zen.
Sei o sei stata sposata/fidanzata?
Mai sposata. Ho avuto una lunga convivenza, un po’ atipica, dal momento che si viveva in una comunità. Prima e dopo, altre relazioni durate nel tempo (una tutt’ora in corso), non tante, ma senza vivere insieme: ho sviluppato una personalità troppo autonoma per gestire il quotidiano in simbiosi con un’altra persona. E poi all’amore attribuisco un valore altissimo, lo identifico con gioia e piacere, comprensione elettiva, complicità psichica, e a quel livello faccio di tutto per mantenerlo. Anche conservando le giuste distanze. Poi, come tutti, ho avuto qualche rapporto intenso ma breve. Non mi piace però parlare di “avventure”: a prescindere dalla durata, se entro in una relazione io mi metto sempre in gioco – ci credo, insomma.
E le tue amiche con cui sei andata allo speed date?
Ho amiche di ogni genere: sposatissime, single convinte, single per rassegnazione, giovani vedove, separate con e senza bimbi, ragazze madri… Le più importanti sono sei: le vivo come delle sorelle, non importa quale sia il loro stato civile, ci incastriamo bene lo stesso. Le due che mi hanno seguito allo SpeedDate di cui vogliamo parlare sono, rispettivamente: E., single per rassegnazione e G, separata già due volte con un bimbo di sei anni che vive con lei.
Perchè hai deciso di utilizzare questo servizio 100seconds?
…mmm “servizi 100s seconds” non mi piace tanto come definizione – e poi i secondi sono 200! Non mi ci sono avvicinata come a un “servizio”, che so, come se mi fossi rivolta a una agenzia matrimoniale, ma semplicemente con la curiosità di capire cosa fosse questo fenomeno, come funzionasse, che tipo di persone potessero aderire. Avevo saputo dell’esistenza degli SpeedDate dai soliti articoli di costume letti qua e là, ne ho parlato con le mie due amiche E. e G. e ci siamo dette: “ci andiamo?. Detto, fatto. Ma forse è giusto premettere che noi siamo un po’ così: curiose di tutto quel che il mondo può offrire, sconsiderate, coraggiose, sperimentali. Eterne ragazze, insomma.
Che te ne è parso al primo approccio?
Ovviamente ero prevenuta. Nonostante quanto ho appena detto rispetto alla mia insaziabile curiosità di conoscere tutto il conoscibile del mondo in cui vivo, sono e rimango piuttosto snob. Temevo fosse pieno di buzzurri alla ricerca di cucco feroce, come accade di trovare in Internet in certe messaggerie o in certe chat. E poi c’era troppa gente, una ressa furibonda, e io non amo la calca, mi rende respingente, confesso che per un attimo avrei voluto scappare via. Ma ormai i giochi erano iniziati, e quando si inizia a giocare è giusto andare fino in fondo. Di fatto, a parte le prime resistenze, ne ho avuto poi una visione d’insieme decisamente migliore.
Il tipo di persone presenti, soprattutto, mi hanno favorevolmente stupito. E il loro atteggiamento. Non ho trovato stalloni al cucco né civette sculettanti (c’erano anche quelli, ovvio, in netta minoranza), ma gente seria, persone motivate a uscire dalla solitudine, moltissimi reduci da recenti separazioni e alla ricerca anche di semplici amicizie nuove. Venuti lì con il chiaro intento di conoscere qualcuno. Duecento secondi volano via velocissimi, ma si possono dire molte cose anche in così poco tempo: con l’espressione del viso, con una luce di tristezza negli occhi, con l’imbarazzo o la risata nervosa… Ho ascoltato molte storie, storie di brava gente. Alcune davvero toccanti. Questo è il dato migliore che ho riportato a casa. Poi, nell’arco della serata incontri 25 persone del sesso opposto, della tua fascia di età di appartenenza. Durante il gioco sei munito di un foglietto su cui puoi esprimere delle preferenze, cioè segnare il numero (tutti portano un numero addosso) delle persone che ti colpiscono favorevolmente e con le quali vorresti entrare in contatto. Tutti lo fanno, uomini e donne, e a seguire l’organizzazione mette a confronto le schede elaborando quelli che chiamano “match, ossia le combinazioni delle preferenze reciproche. Solo in quel caso, se entrambi hanno espresso la preferenza per l’altro, viene inviata una e-mail dove ti si indica se e quanti match hai realizzato, con gli indirizzi e-mail di quelli con cui hai “matchato. Sta a te, poi, se lo desideri, entrare in contatto.
Come è andata a voi?
Beh, io sono sempre un po’ asciuttina nei miei giudizi, tendo a fare selezioni severissime, per cui ho dato solo tre preferenze, ne ho ricevute undici ma ho “matchato solo con due persone. Che poi mi hanno scritto ma non ho voluto continuare a sentire… diciamo che non mi avevano folgorato e, al momento, ero un po’ indaffarata. Però sono uscita con un altro, conosciuto dopo la fine del gioco. Eh sì, perché la serata continua anche oltre, finché si vuole, e siccome si è tutti lì per conoscere altra gente, in numero ben maggiore ai 25 con cui si è fatto lo Speed, si entra in contatto molto facilmente con un sacco di persone, non è difficile che qualcuno ti faccia un sorriso, si avvicini a chiacchierare e poi magari ti chieda il numero di telefono. E’ successo sia a me che alle mie due amiche… Ti confesso una cosa: una delle due, e non dico quale, ha iniziato una storia che sembra molto bella e soddisfacente con un uomo conosciuto proprio in questo modo: alla serata dello Speed, ma dopo lo Speed…
Se poi vogliamo parlare delle mie impressioni negative, beh, diciamo che ho avuto qua e là l’impressione di una certa propensione all’avventura, da parte di alcuni. Non sono la maggioranza, come dicevo, ma qualcuno con l’atteggiamento del “vediamo cosa raccatto stasera” mi sembra di averlo individuato. E’ uno spaccato di mondo lo Speed, come un forum, una piazza, una chat, un bar: si trova un po’ di tutto, nel bene e nel male, sarebbe stupido pensare il contrario.
Pensi che sia difficile al giorno d’oggi fare conoscenze interessanti?
No, non mi sembra difficile fare conoscenze, e anche interessanti. Sarà per la mia attività extra-lavoro, o il mio carattere o non so cosa, io conosco continuamente nuova gente, uomini e donne, anche molto interessanti. Il problema vero credo non sia tanto il conoscere, quanto l’entrare in relazione, laddove per entrare in relazione intendo mettere in comune qualcosa, anche un semplice progetto, una idea, essere riguardato dall’universo che è l’altro, vibrarci assieme, rilanciarsi la palla magari anche senza finalità precise, ma con il coraggio di farlo e stare a vedere quel che succede. Questo sì, sta diventando sempre più difficile e prendono piede atteggiamenti che rasentano la maleducazione più becera. Nemmeno i basic della convivenza civile sono garantiti. Che so, conosci qualcuno, ci vai a letto, ci stai qualche fine settimana e poi l’altro/a sparisce senza nemmeno comunicarlo, spiegarlo, senza minimamente prendere in considerazione le emozioni dell’altro. Oppure che so, conosci una persona su Internet, magari una amica, la frequenti per un po’, entri nella sua vita, e poi quella ti sbatte fuori a calci alla prima incomprensione… Questo è grave, gravissimo, per quanto mi riguarda. C’è una certa facilità ad entrare a gamba tesa nella vita dell’altro, depredare quel che più aggrada e poi fuggirsene via come il ladro di Bagdad. Non è il mio stile, non mi piace, combatto con tutte le mie energie questo genere di atteggiamenti. A costo di diventare molto dura.
E perchè?
Secondo me è una questione di paura: è più facile mandare avanti, che so, tre relazioni saltuarie contemporanee – quelle che a Milano qualcuno definisce “amicizie morbide – piuttosto che implicarsi con qualcuno. E non dico in termini temporali o contrattuali, affatto. Provo a spiegare. Se io mi apro a una persona, anche in un semplice rapporto di amicizia, mi ci apro “per la vita: magari ci si vede tre volte nella vita perché le strade divergono per infiniti motivi, ma una volta che ho fatto entrare una persona nella mia vita, se me lo permette e se lo vuole, io ce la tengo, perché fa parte di me. Questo tipo di atteggiamento, un po’ all’antica se vuoi, è sempre meno diffuso. Con grande rammarico, per quello che mi riguarda ma… pazienza, è una battaglia che ho tutte le intenzioni di continuare a combattere. Forse, proprio grazie a questo, godo di molti rapporti di assoluto livello: so che, se bussassi a quelle porte alle quattro del mattino di un giorno qualunque perché ho bisogno di parlare un po’, o anche solo voglia di fare due risate con quelle persona, troverei la porta aperta. E viceversa. Ho una grande famiglia, insomma, che non mi impedisce di andare per la mia strada (guai ai rapporti asfittici e ricattatori), ma che per me, volendo, c’è sempre.
Il lavoro non aiuta?
Un paio delle mie “sorelle” storiche le ho conosciute in ufficio. Anche l’ufficio è uno spaccato di mondo, una piazza, un luogo di incontro. Né meglio né peggio di nessun altro e, volendo, ci si possono fare anche ottimi incontri. Per quanto riguarda le relazioni amorose però è più difficile, non perché non ve ne sia occasione, anzi, ma perché tra i manager e managerini aziendali vige un motto, uno dei tristissimi luoghi comuni del nostro tempo: “mai mescolare lavoro e sentimenti”. Una boiata, ma è così che la pensa la maggioranza. Tutt’al più, una botta e via, ma nulla che possa lontanamente assomigliare a una relazione. E anche questo, tuttavia, non è vero in assoluto: ho una coppia di amici che si sono conosciuti e fidanzati nell’azienda dove lavoravo prima, ora hanno avuto anche un bambino. Ma, sulla scia del luogo comune imperante di cui sopra, hanno reso pubblica la loro relazione solo quando ormai convivevano… dopo due anni di sotterfugi, di ingressi ed uscite rigorosamente separati e di assoluta freddezza in pubblico tra loro. Un po’ ridicolo, secondo me.
Gli uomini che hai conosciuto li hai incontrati tramite amicizie o altro?
Amicizie, interessi, studi, Internet. Internet ha accorciato le distanze anche in questo ambito, moltissimo. Personalmente ci ho conosciuto uomini e donne in grande numero. Alcuni sono rimasti nella mia vita, nei termini di cui sopra, altri no, non ne valeva la pena.
Qual’è il tuo obiettivo di vita? Sposarti/avere un compagno stabile o altro?
Per me i rapporti non possono mai essere “obiettivi di vita”, è un punto di vista che li rende asfittici e meramente contrattuali, ammazzandone la vitalità creatrice. La vita segue delle dinamiche ben più ricche, per fortuna. Non me lo pongo come obiettivo. Quel che succede, succede. Ho un compagno che mi regala molta tenerezza, da qualche anno, che mi prende per quel che sono senza volermi cambiare, mi ama così come sono e sa di essere completamente accettato e amato per quello che è. Non ci vediamo molto, al massimo una volta la settimana, ma ci siamo “assunti” tutto il pacchetto intimo/emotivo dell’altro insomma, per il tempo che vorrà durare, fintanto che ci piacerà condividere dei momenti, ci renderà felici vederci e passare tempo insieme. Ma non la quotidianità: quella no, non sono disponibile a condividerla con lui, né lui con me. Magari con un altro sarebbe diverso, o forse con una amica, o magari in una situazione di convivenza di gruppo – questo sì, mi piacerebbe – ma come si fa a saperlo prima? Vedremo. Gli incontri non sono programmabili e la vita è un soffio, ma è anche tanto lunga. Per ora resto single.
Cosa ne pensi dei rapporti uomo/donna al giorno d’oggi?
C’è molta paura, un po’ di autismo e molto consumismo sessuale. Non mi piace e provo a lavorare per promuovere uno stile diverso. Soprattutto, sul fronte della paura. Nei miei corsi di meditazione ne parlo spesso: là in fondo c’è il nulla, il vuoto assoluto, il deserto, ma se ci si lancia senza aspettarsi qualcosa, ecco che si può spiccare il volo. E’ l’unico modo.
Un uomo che ho conosciuto tempo fa mi disse che mettersi con me è un po’ come salire su un otto volante. L’ho preso come un grande complimento. Forse faccio un po’ paura, lo so, ma non a tutti: qualcuno che ha ancora voglia di volare – individui, uomini o donne che siano – da qualche parte c’è sempre.
Katia e lo zen
Incontra lo zen nel 1981, all’età di 18 anni, e diventa allieva di Taisen Deshimaru Roshi. Alla morte del maestro, si affianca a Taiten Guareschi nella fondazione del primo monastero zen europeo, Fudenji, a Salsomaggiore Terme. Ordinata monaca nel 1985, vive stabilmente fino al 1998 al monastero, dove approfondisce lo studio dello zen, dirige gruppi di pratica, anima incontri, per poi dedicarsi allo studio applicato di diverse discipline olistiche: massoterapia REP (riequilibrio energetico posturale), shiatsu, medicina vibrazionale, nutrizione, tarocchi psichici, I King e medicina tradizionale cinese.