di Cristina Obber
L’11-12-13 novembre 2011 le donne della Rivoluzione gentile hanno scelto L’Aquila per incontrarsi e far sentire la loro voce, perché questa città rappresenta un “doloroso crocevia di superficialità, inettitudine e arroganza dello Stato”, scrivono sul loro sito.
E’ un dopo terremoto tutto italiano quello abruzzese perché, dopo le foto di rito tra le macerie, di quella terra e di quella gente lo Stato non si è curato, impegnato ancora oggi più nella speculazione che nella ricostruzione.
A pagina 7 del numero 81 di Leggendaria, intitolato Terre-mutate, si legge che a L’Aquila “la sopravvivenza si è nutrita di creatività”. L’ho respirata questa creatività, in un incontro alla Libreria delle Donne di Milano, dove alcune aquilane del Comitato Donne Terre-mutate hanno raccontato come fare cultura sia stata una delle strade percorse per cercare di tornare alla normalità, o perlomeno a qualcosa che ci assomigli, per “dare dignità alla rabbia e all’impotenza”.
A L’Aquila le donne per prime si sono poste alla guida della rinascita, e con i giovani e le realtà artistiche della città hanno creato nuove modalità di comunicazione e aggregazione. In un intento collettivo molto femminile di prendersi cura di sé e della propria comunità. Le donne: la cura, la forza. Le donne a L’Aquila hanno combattuto e combattono ogni giorno contro l’arroganza dello Stato, si arrabbiano, si organizzano, si confrontano.
“Ma troviamo anche il tempo per metterci lo smalto sulle unghie”, dice Simona, del Comitato, tra le curatrici di un progetto per la creazione di una Casa delle Donne in un palazzo del centro storico disabitato. Perché a L’Aquila si convive ancora tra “dolore e voglia di vivere” dice Stefania Pezzopane, che si definisce con orgoglio una donna aquilana, forte e gentile.
Come questa rivoluzione, appunto.