Dal pianoforte al design. Dove una donna può arrivare
Letizia Ciancio, quarantenne romana con due figli e uno in arrivo.
Di formazione francese, ha poi studiato psicologia e comunicazione specializzandosi in Visual Design, settore nel quale ha lavorato negli ultimi 12 anni. Ha vissuto per alcuni anni a Parigi e a New York dove ha lavorato con Massimo Vignelli.
Dal 1999 lavora in Grandi Stazioni (società al 60% di
Ferrovie dello Stato e al 40% in mano ai privati), prima nell’ambito del coordinamento visivo aziendale e degli standards segnaletici, poi allo sviluppo Estero,posizione che le ha permesso di mettere a frutto la sua conoscenza linguistica.
Ha seguito il conservatorio di pianoforte fino all’8°anno, e si è diplomata in balletto classico e moderno.
Per interesse personale segue tematiche sociali e politiche.
Come ti sei trovata negli Stati Uniti? E duro entrare su quel mercato?
Il visual design italiano è molto diverso da quello americano, ma soprattutto devo ammettere che per un perfetto sconosciuto è difficile entrare negli States, a meno che non arrivi da università prestigiose che ti collocano così già nella fascia alta. Del resto gli americani spendono così tanto nel’istruzione che devono avere qualche ritorno tangibile una volta nel mondo del lavoro. Non voglio dire che la qualità sia migliore, ma che mirano ad alti standard.
E tu però ci sei riuscita?
Sì, grazie al fatto di aver cominciato ad occuparmi di comunicazione e design in uno studio prestigioso. Questo è avvenuto una decina d’anni fa, poi sono stata a Parigi. Dove sono andata all’avventura senza borse di studio…
E poi sei tornata in Italia?
Sì, quando ho capito che era il momento giusto per farlo. Era appena partito il progetto Grandistazioni di Ferrovie dello Stato e mi hanno proposto di collaborare. Si occupa di gestire il patrimonio ferroviario, le stazioni etc. Dato che in Italia c’è una carenza di sistemi segnaletici, sono arrivata ad occuparmi di questi.
Infine ero arrivata giusto all’età di mettere su famiglia. O lo facevo allora o mai più.
Tuo marito è collaborativo in casa?
Sì, molto. Del resto lavoriamo tutti e due e con due figli ed un altro in arrivo, dobbiamo rimboccarci le maniche.
Hai trovato difficoltà nell’inserimento lavorativo?
Non molto. Prima di partire era molto ricercata la professione di designer.
E adesso?
Adesso ho molti ostacoli. Avendo avuto figli, ogni volta che mi sono assentata per maternità al ritorno ho trovato che la mia mansione era cambiata e mi sono dovuta adattare.
Sei impegnata politicamente?
Sì, anche se non ho incarichi istituzionali. Amo la politica anche se oggi gran parte dei POLITICI (non la politica in quanto tale) lasciano piuttosto a desiderare… Tuttavia , anche se la politica è spesso ricerca del potere fine a se stesso, voglio continuare ad occuparmene anche oggi, perché sono stanca di stare a guardare e perché credo che se non ci muoviamo tutti in prima persona non cambieremo mai questo paese. Infatti sono molto impegnata sul versante femminile. Per esempio sto cercando di proporre delle modifiche all’articolo l’art.9 della legge 53 perché quell’articolo allo stato attuale non funziona (riguarda i finanziamenti per progetti finalizzati alla conciliazione tra vita lavorativa e famigliare). Diciamo che sto cercando di promuovere il talento delle donne e la loro partecipazione nella sfera pubblica, e che cerco di approfondire (per poi diffonderla) la CONOSCENZA della ampia materia delle Pari Opportunità sia come vastità normativa sia per le implicazioni di tipo culturale attraverso azioni di contrasto agli stereotipi di genere ed all’uso sessista e discriminatorio della pubblicità.
La maternità deve essere considerata come un benefit di tutta la società ed essere trattata come tale. Se le donne fanno figli e questi sono un bene in comune è giusto che donne vadano sostenute. Il modello di conciliazione tra dimensione lavorativa della donna e dimensione familiare andrebbe a mio avviso implementato sul versante del TEMPO effettivamente disponibile per la donna; e sopratutto allargato fino alla fascia di età delle elementari. Infatti ritengo che occorre restituire tempo alle donne non solo costruire infrastrutture. Le donne dovrebbero avere un’ora di tempo al giorno garantita. L’onere di questa agevolazione dovrebbe essere diviso tra lo stato e le aziende.
Abbiamo bisogno di uno stato che non risolva i problemi delle donne solo quando emergono, ma con una strategia concreta ad ampio respiro che ridia alle donne il posto che compete loro nella società italiana, come nelle altre società ed economie dei paesi sviluppati.