di Caterina Della Torre
Mentre da noi si parla di quote rosa, nel sud del mondo si muore per un diritto mancato: quello all’integrità fisica femminile.
Ho avuto il piacere e l’onore di conoscere Daniela Colombo di persona a chiacchierare come se ci conoscessimo da tempo. Ed invece era lì di fronte a me per la prima volta a raccontarmi la sua vita professionale, ma soprattutto i progetti di Aidos, la nota associazione da lei presieduta che si batte per i diritti (pochi) delle donne nei paesi del sud del mondo.
Era a Milano durante una delle sue visite per presentare un film, Mooladè, ideato e prodotto da Aidos, che parla delle mutilazioni ai genitali femminili perpetrate nei paesi africani.
Daniela da più di 30 anni si occupa di condizione femminile e di paesi in via di sviluppo. Ha un folto curriculum: che l’ha portata ad occuparsi sia di tecnologie che di sistemi formativi, per arrivare oggi a presiedere
Aidos di cui ci parla con passione ed entusiasmo e mi invita a diventarne madrina.
Infatti l’associazione ha ideato una modalità di allargamento del consenso lanciando il club della madrine, donne che si impegnano con la loro attività a far conoscere Aidos e ciò che viene da questa portato avanti.
Daniela ci parli dell’ultima campagna Aidos adotta una madre?
Nei paesi del Terzo mondo la salute riproduttiva e sessuale delle donne è costantemente messa a rischio dall’assenza di strutture socio-sanitarie adeguate. Ogni minuto, una donna muore per cause legate alla gravidanza o al parto: ogni anno si perdono così 530.000 vite, come se ci fosse una sciagura pari al crollo delle Torri gemelle ogni tre giorni.
I motivi sono vari : vengono date in sposa ancora bambine e quindi non sono ancora preparate ad affrontare un parto; per aborti clandestini; per mancanza di informazione sui contraccettivi nel caso non possano più affrontare gravidanze; per l’impossibilità di accedere a una assistenza sanitaria; per denutrizione. Inoltre, per ogni donna che muore altre 30 restano segnate sul proprio corpo.
La maggior parte di queste vite potrebbero essere salvate.
Infatti proponiamo a chi si associa ad Aidos bastano 20 euro al mese per 12 mesi per garantire a una futura mamma del Sud del mondo assistenza adeguata alla gravidanza e al parto e darle autostima e fiducia nel futuro.
In quali paesi operate e coprite con questa campagna?
L’assistenza medica viene garantita prima, durante e dopo il parto alle circa 44.000 donne seguite dai Centri per la salute delle donne gestiti, con il sostegno di AIDOS, da organizzazioni locali di donne in Giordania, Palestina, Nepal, Venezuela e Burkina Faso.
Adotta una madre è la prima campagna che si avvale del contributo del Club delle madrine e dei fondi raccolti attraverso l’indicazione del 5 per mille nella dichiarazione dei redditi.
La vostra comunicazione e’ di rottura. Come mai avete scelto immagini così aggressive per un’operazione si solidarietà sociale?
Adotta una madre si avvale delle immagini elaborate gratuitamente dall’Agenzia Bates Italia, che da quasi dieci anni cura l’immagine delle campagne di informazione di AIDOS, del volto della cantante Irene Grandi e di Luciana Littizetto, testimonial della campagna. La sede di Roma di Bates ha scelto un trattamento creativo con immagini e rappresentazioni ‘positive’, per suscitare solidarietà nei confronti di mamme costrette a vivere in condizioni meno fortunate. Nel primo soggetto appare l’immagine di Irene Grandi affiancata dalla headline ‘Oggi sono diventata nonna’. Nel secondo, sulla pancia di una gestante è stato tracciato un asse cartesiano accompagnato dalla scritta ‘Nel terzo mondo crescere non è matematico’. Nel terzo, sulla pancia è stato disegnato un grande ‘SOS’. Identica la body copy, che aiuta a capire in cosa consiste il progetto ‘Adotta una madre’.
E il film, Mooladè da voi ideato e prodotto?
Tratta della mutilazione ai genitali femminili, pratica introdotta e presente in quasi trenta paesi. In alcune aree viene inflitta a più del 90 per cento delle donne. Milioni di donne.
La trama del film è lineare e drammatica: una donna, Collé Ardo, vive in un villaggio africano. Sette anni fa, si è rifiutata di sottoporre sua figlia alla pratica dell’escissione, una pratica che considera barbara. Ora, quattro ragazzine scappano per sottrarsi a questo rito sanguinario, e chiedono protezione a Collé. Da qui lo scontro tra due tradizioni: il rispetto del diritto d’asilo (il Moolaadé) e l’antica pratica dell’escissione (la Salindé).
Sembra il meccanismo perfetto di una tragedia greca.
Ma Moolaadé è un film africano, regista africano, produzione africana .
E’ stato distribuito e ha ricevuto premi in tutto il mondo.
E’ il semplice e potentissimo racconto di una voce africana che parla di Africa, donne e pregiudizio .
Più dei documenti ufficiali, stilati dalle volonterose organizzazioni umanitarie occidentali, ci mostra la barbarie che mutila i corpi, ma suggerisce che una soluzione va cercata nelle immense risorse sociali di un continente. Africa non è solo fame, disperazione e violenza. E’ anche tradizione, valori, intraprendenza e coraggio, ricchezze umane inestinguibili.
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