di Cinzia Ficco
I giovani sognano ancora? E cosa sognano?
Qualche settimana fa Leo Palmisano, sociologo all’Università di Bari e autore del romanzo Trentaquattro (Il Grillo editore), aveva spiegato che i ragazzi oggi continuano a sperare, sognare, ma solo quello che non dovrebbe essere sognato.
Un lavoro, per esempio. Il rispetto per la propria persona, a prescindere da quello che si possiede o dai ruoli che si ricoprono.
Francesca Bitetto, sua collega, sempre nell’Ateneo del capoluogo pugliese, sembra più pessimista, perché dice: “Il problema non è circoscrivibile ai soli ragazzi, ma a tutta la società, che in modo magari differente cerca di rispondere a un disagio generalizzato. I giovani non riescono più a sognare. Il sogno è nutrito dalla fiducia, dalla speranza, dall’ottimismo. Oggi siamo sempre più qualunquisti, rassegnati, sfiduciati. Tutto ci sembra normale, non ci indigniamo più. Abbiamo perso il senso della misura, delle regole, ma anche la consapevolezza dei nostri diritti”.
Perché un discorso a tinte così fosche?
Io non sono più giovane in senso stretto, ma la società non è ancora in grado di offrirmi il lavoro per cui in questi anni ho studiato, compiuto sacrifici. Io, madre di fatto esclusa dalla società, ho difficoltà a trasmettere a mio figlio la fiducia che mia madre mi aveva trasmesso da bambina. Lo faccio, ma a volte prevale la stanchezza. L’ottimismo è venuto meno, ma così i sogni sono relegati nella sfera dell’immaginazione, non divengono forza in grado di trasformare la realtà.
E quindi?
A me è questa forza che interessa. Quando la vedo in mio figlio, colgo i frutti del mio investimento educativo su di lui. Ma mi capita di vedere anche i segni della sua paura o della sua sfiducia. La sua paura è il risultato oltre che dei tempi in cui viviamo, di una mia incapacità. Credo che in una certa misura le debolezze dei nostri figli siano generate anche dalle nostre disattenzioni nei loro confronti.
Ma quali potrebbero essere i desideri più intimi dei giovani oggi?
Possono essere desideri dell’altro imitati: dei genitori, dei testimonial, di altri personaggi importanti. Il problema si ha quando i ragazzi desiderano solo oggetti, merce, denaro, perché questo è stato insegnato loro in modo diretto o indiretto, consapevole o inconsapevole. La cittadinanza a pieno titolo quando si raggiunge? Se la nostra società non condivide poteri e responsabilità, ma accentra tutto nelle mani di pochi, saranno in tanti ad essere infelici.
A proposito di felicità, secondo lei è condivisibile la teoria dell’Economist, secondo cui uno stato di benessere ed entusiasmo pieni, si raggiungerebbe dopo i 46 anni?
Le tappe di transizione alla vita adulta sono spostate sempre più in avanti e a 46 anni, se tutto va bene, si può sperare di aver raggiunto qualcosa di cui essere fieri: una posizione sociale, lavorativa, affettiva.
Torniamo al discorso iniziale. Ai giovani. Quale dovrebbe essere il compito dei genitori oggi?
Credo che i genitori dovrebbero riappropriarsi del rapporto con i propri figli senza delegarlo eccessivamente a sedicenti specialisti dell’infanzia. Spesso i nostri figli sono soli.
Per questo diventa difficile cogliere i loro reali bisogni?
Sì. E per questa ragione diventa difficile rispondere alla domanda su quali siano oggi i reali desideri dei ragazzi. Potrei rispondere con altre domande: cosa è reale e cosa è immaginario? Ciò che consideriamo reale produce conseguenze reali, ma ciò che non consideriamo reale, è come se non esistesse.
Cosa vuole dire?
Se ci lasciamo vincere dal fatalismo, le opportunità si dissolvono, ma se ci armassimo di coraggio, tenacia, perseveranza, forse, come insegnano le fiabe, riusciremmo a sconfiggere anche i mostri più terribili.
Noi adulti dovremmo condividere con bambini e ragazzi responsabilità e privilegi, onori e oneri della vita quotidiana, insegnare loro ad ascoltare, ma anche a farsi ascoltare. Spiegare loro il senso dei diritti di cittadinanza dei soggetti minori. Perché la minorità” dei soggetti può essere anche prodotta e contro questo bisogna lottare. I film e i libri sono l’alimento principale della speranza, ma anche della consapevolezza. Però, vanno presi sul serio.
Qualche titolo che potrebbe essere di aiuto?
I titoli potrebbero essere tanti, ma allo sguardo dei potenti potrebbero apparire solo delle innocue forme di intrattenimento. E’ importante il modo in cui si guarda alla realtà, solo da uno sguardo libero può nascere una nuova energia vitale. Su questo propongo di leggere La libertà negli occhi di Roberto Escobar, (il Mulino), che tanto può insegnarci sui nostri tempi e sui modi differenti di guardare il mondo. E poi il saggio di Galimberti, dal titolo L’ospite inquietante (Feltrinelli), fondamentale per prendere sul serio il malessere dei giovani. Suggerisco anche il film La tigre e il dragone, che parla dell’esercizio della lotta, dell’energia e del suo contenimento, per il raggiungimento dei nostri sempre più complicati obiettivi.