di Caterina Della Torre
Un libro che cerca di squarciare il velo degli stereotipi, affinché tutti siano liberi di dimostrare il proprio talento, donne e uomini
Caporedattore dell’Europeo e studiosa ed estimatrice della storia delle donne, Valeria Palumbo ha pubblicato il suo ultimo libro ”L’ora delle ragazze Alfa”, Direttori d’orchestra, filosofi, piloti, maratoneti, scienziati. Dopo secoli di battaglie il loro nome è donna.” Un libro che cerca di squarciare il velo degli stereotipi, anche quelli perpetuati dalle donne stesse, affinché tutti siano liberi di dimostrare il proprio talento, uomini e donne.
La tua posizione giornalistica è di tutto rispetto (caporedattore centrale dell’Europeo). Dato che parli esaurientemente nel tuo libro della professione giornalistica femminile, è stato faticoso farti strada?
Quali ostacoli hai incontrato e come li ha superati?
Farmi strada è stato faticoso per due motivi: perché sono una persona onesta, che non appartiene a cordate di nessun genere e non ha raccomandazioni. Credo che nel giornalismo questo faccia purtroppo la differenza molto più del genere. Dopodiché quando ho cominciato, non volevano donne nei quotidiani e non ce ne n’erano al vertice dei periodici, se non nei femminili. In questi 25 anni (20 da quando sono uscita dal Master di giornalismo della Rizzoli-Corriere della Sera, ma lavoravo già dai tempi dell’Università) è cambiato tutto. Il che non vuol dire che per le donne non resti tutto più difficile (nelle posizioni di vertice, soprattutto in tv: alla base ci sono soprattutto ragazze, e alcune bravissime). Non va negato che la grande bellezza aiuta in tv, vista la tv che si fa in Italia (ma ovviamente da sola non aiuta a fare vero giornalismo). Quanto a me ho superato gli ostacoli in due modi: dedicandomi solo al lavoro e accettando l’idea che, come donna e come persona onesta, avrei avuto molte più difficoltà. La carriera ha sempre un prezzo: io sono disposta a pagare solo con la dedizione senza orari al lavoro (e quindi ho rinunciato alla stessa idea di avere una famiglia). Non sempre è l’unico sacrificio che si richiede. Gli altri sapevo in partenza che non li avrei accettati.
Quindi hai rinunciato anche all’idea di avere un figlio per il lavoro?
Non ho rinunciato a un figlio. Non ho alcuna vocazione materna ed è proprio questo che rivendico: l’istinto materno è una costruzione culturale come ci ha insegnato Elisabeth Badinter in ”L’amore in più”. Cambia con il tempo e le culture e non tutte le donne lo hanno. Non ho mai desiderato avere un figlio, anche e soprattutto perché ritengo che un figlio non sia una cosa” della madre, ma un progetto comune di un uomo e una donna. Trovo molto egoiste le donne che fanno figli per sé. I figli non sono la specifica delle donne. Si è donne senza figli e si è donne (per fortuna!!! Finalmente, dopo secoli di oppressione) anche se non si desidera averli.
Quanto tempo hai impiegato per raccogliere tutti i dati del libro da te pubblicato? E’ cosi’ ricco di informazioni che verrebbe voglia di tenerlo sul comodino.
Io raccolgo informazioni sulle donne dal tempo della mia laurea (su donne e fascismo), ovvero dal 1988. Il primo libro è del 2003, L’ora delle ragazze alfa è del 2009: è un lavoro di accumulo, che ho fatto anche mentre studiavo per gli altri libri. Semplicemente accumulo informazioni, anche quando non devo scrivere 🙂
All’inizio del libro dici che ti occupi di donne, ma perchè non dovresti farlo una gran parte (maggioritaria) della popolazione italiana è femminile? Il tuo interesse ti ha seguito durante tutta la carriera? C’è un motivo specifico che l’ha originato?Perché ti occupi di donne?
La risposta è: perché la storiografia non se n’è occupata abbastanza, perché trovo una vergogna che i diritti più elementari delle donne siano ancora calpestati e non soltanto nel Terzo Mondo, perché, come mi è successo proprio oggi leggendo una delirante email di un presunto intellettuale di sinistra che gioca pure a fare il filosofo, non riesco proprio a capire perché il nazismo sia condannato da tutti (o almeno da tutti coloro che ragionano) e il sessismo no. Ovvero perché il concetto di uguaglianza valga sempre un po’ meno per le donne e perché perfino raffinati pensatori ritengano legittimo credere che le donne possano essere in qualche modo e in qualche ambito discriminate.
Ci sono molte tue colleghe giornaliste che condividono l’approccio femminile al giornalismo, altre che invece si svestono i vestiti da donna e dicono di essere solo professioniste. Da questo è nato il tuo libro?
Potrò rispondere alla domanda solo quando mi spieghi che cos’è un approccio femminile al giornalismo. Esiste un buon giornalismo e un cattivo giornalismo. D’istinto mi vien da pensare che chi crede che esiste un approccio maschile, uno ebreo, uno femminile e uno musulmano, sia già partito col piede sbagliato.
Le ragazze alfa sono le figlie delle donne alfa della Caircross, tutte lavoro e responsabilità? O che?
Le ragazze alfa come sempre accade con le definizioni di comodo non esistono: è un termine che serve semplicemente a riassumere il desiderio delle nuove generazioni femminili occidentali di rompere le ultime barriere sul lavoro e nelle posizioni di vertice sociali e politiche. Come sempre è accaduto nella storia ci saranno decine di imprenditrici di successo, o di scienziate, o di musiciste, di generalesse e quant’altro che negheranno con orrore di appartenere alla specie. La definizione (che è americana, ma ha suscitato grande dibattito – soprattutto intra-femminista- in Germania) serve solo a riassumere: adesso diamo la spallata al soffitto di cristallo. Ovunque sia.
Nel tuo libro abbatti spesso molti luoghi comuni sulla solidarità delle donne o sulla loro diversità netta dagli uomini . Ti hanno deluso?
No affatto. Perché mai le donne dovrebbero essere migliori degli uomini? Da dove parte questa assurda contraddizione? Le donne sono distribuite, in bontà, intelligenza, senso di solidarietà, altruismo, etc. come gli uomini. Con la differenza che le popolazioni” discriminate tendono a essere (vedi gli ebrei) più solidali tra loro e più reattive. Passata la discriminazione saremo sceme e intelligenti come gli altri. Detto questo, finora, in media, ho trovato molte più donne brillanti ed eclettiche, che uomini brillanti. Soprattutto i nostri connazionali mi appaiono piuttosto seduti.
Nelle tue pagine, non dai mai un giudizio nemmeno nascosto ma lasci al lettore la facoltà di decidere e giudicare dai fatti. Ma tu hai un’idea, vero, su chi sono le donne oggi, dove vanno? Pensi che chi leggerà il tuo libro si farà un’opinione?
Non esiste una direzione unica della storia. Né i 3 miliardi e rotti delle donne costituiscono una massa informe come una popolazione di foche monache. Ognuna di noi andrà, in Occidente (e a seconda dei Paesi, dei luoghi, delle città), dove la portano i suoi talenti e la sua volontà. In molti contesti del Medio Oriente ce la faranno ancora a lungo in poche, in Cina sarà un’altra storia. Dopodiché mi sono sforzata anche di dimostrare che all’interno dei Paesi le tendenze sono contraddittorie: in Ruanda si fanno ottime carriere politiche, idem in Mozambico. Temo che però, in certe regioni d’Africa sia più facile arrivare al Parlamento, per una donna, che non essere infibulata. Voglio dire: la complessità culturale del mondo non si lascia definire e l’uomo moderno è inevitabilmente il frutto di un incrocio complesso di culture (soprattutto se non vive in un villaggio arroccato dell’Afghanistan.. ma come vedi pure lì si può avere un destino insolito).
Nell’incontro di presentazione alla Loggia dei Mercanti dell’8 settembre a Milano, la giornalista che era con te manifestava idee in netto contrasto con quello che si sarebbe potuto pensare delle donne, facendo scatttare un’obiezione da parte della prof. Zaiczyk che ha pronunciato la sua difesa a favore delle donne. Tu in realtà cosa che pensi che le donne siano dele gatte morte o che cerchino una propria strada che non necessariamente sia quella maschile?
Ma qual è la strada maschile? Io questo non lo capisco proprio. Ho scritto il libro proprio per ribadire che non esiste una strada maschile o una strada femminile o una strada trasgender o una strada ebrea o una strada gay al mondo. Sogno un mondo in cui ognuno riesce a esprimere il suo talento (se ce l’ha) senza essere imbottigliato in una definizione. La definizione gatte morte poi mi sfugge proprio: mi fa pensare solo a un curioso autunno 🙂
Hai scritto molti libri che indagavano la storia delle donne. Pensi che sia il caso di rivisitare la storia con un ottica non solo maschile? La storia insegna?
La storia andrebbe, ancora una volta, rivisitata senza pregiudizi. Il che vuol dire ricordarsi delle donne, dei perdenti, di quelli che vivevano fuori dell’Europa, di chi non ha potuto o saputo imporre la propria versione…
Quale dei capitoli del libro ti è piaciuto scrivere maggiormente?
Mi appassionano le donne con un talento artistico e scientifico. Proprio come tra gli uomini, preferisco Mozart e Einstein agli uomini di potere (con qualche eccezione: adoro la figura di Alessandro Magno), tra le donne mi piacciono scrittrici, musicisti, pittrici, matematiche, astronome, etc. Dopodiché ho un’ammirazione immensa per le eroine disarmate.
A quali donne consiglieresti il testo da te scritto?
Alle ragazze: perché hanno bisogno di modelli positivi. Ci sono oggi, per fortuna. E a tutte le donne che credono di avere scuse per non provarci.
Infine: le ragazze alfa riusciranno a trovare un uomo alfa o sono destinate alla solitudine intellettuale e sentimentale, visto che i due mondi maschile e femminile sembrano non comunicare?
Se ti riferisci alla solitudine delle donne più emancipate (soprattutto in campo intellettuale, non mi sembra che imprenditrici e politiche soffrano di grande solitudine), è evidente che i maschi italiani (tra quelli occidentali) arranchino e siano a disagio. D’altra parte li capisco: secoli di dominio ed ecco lì, dall’oggi al domani (circa 40 anni), che la schiava non ci sta più. Non solo: quasi sempre i nostri uomini hanno avuto mamme che, perfino quando erano emancipate, li hanno messi sul piedistallo. Sono convinti di essere, per infusione divina, superiori, perché così è stato loro insegnato. Il loro stupore, perfino il loro fastidio, è comprensibile. Mi dirai che in 40 anni avrebbero potuto imparare. Il punto è che sono spesso le donne a perpetuare l’inganno. Insomma serve tempo. Non è che poi siano così intelligenti 🙂 Scherzo, però mi rendo conto quanto sia difficile rinunciare al più duraturo e fruttuoso dominio dell’uomo sull’uomo (inteso come essere umano). Sì, temo che, alcune donne rischieranno di restare ancora a lungo sole. Ma sono ottimista: si può sempre cercare un compagno nei Paesi scandinavi 🙂
Come vedi non rinuncio all’ironia (nella polemica). Sono fatta così: non vedo altra soluzione al dramma della vita che l’ironia e l’autoironia. Mi piacerebbe che uomini e donne si prendessero meno sul serio. A noi, in questo momento storico, riesce più facile. Ed è questo che ci rende più simpatiche 🙂
Caporedattore centrale de L’Europeo, collabora con vari giornali e siti Internet, tiene lezioni universitarie, conduce reading teatrali e incontri a festival storici e letterari. Membro della Società italiana delle storiche, ha pubblicato nel 2003 un saggio, Prestami il volto (edizioni Selene) sulle compagne di artisti famosi, vincitore del premio Il Paese delle donne (2006). Nel 2004 è uscito Lo sguardo di Matidia (edizioni Selene), sulla suocera dell’imperatore romano Adriano e le matrone romane. Ha pubblicato per Sonzogno Le Donne di Alessandro Magno (2005), Donne di Piacere (2005), e La perfidia delle donne (2006). Nel maggio del 2007 è uscito Svestite da uomo (Bur). A fine 2008, per Odradek, ha pubblicato Le figlie di Lilith, su “l’altra ribellione femminile”: la trasformazione del mito della femme fatale in diva. Nel maggio 2009 è uscito per Fermento, L’ora delle Ragazze Alfa, sulla terza ondata del femminismo (vincitore Premio selezione Anguillara Sabazia città d’arte 2010). Nell’aprile 2010 Lo sguardo Di Matidia è ristampato in una nuova versione: La Divina suocera. A fine novembre è uscito Dalla Chioma di Athena (Odradek). Nel maggio 2011 è uscito Veronica Franco, cortigiana e poetessa, (Edizionianordest).