Partita dalla Tunisia, la primavera araba, ha coinvolto molti paesi del vicino medioriente, fino ad arrivare ad una giovane democrazia, con le prime elezioni. Ma il ruolo delle donne?
Abbiamo voluto parlarne con Ouejdane Mejri, 35 anni, tunisina ha vissuto in Tunisia fino all’età di 21 anni dove ha studiato e conseguito una laurea in Informatica. E’ sposata con un italiano da cui ha avuto un figlio nato in Italia. Attualmente insegna al Politecnico di Milano dove si occupa anche di ricerca. Figlia di genitori tunisini, che vivono tuttora in Tunisia, ha cinque fratelli ( tre sorelle in Italia, una a Londra e il maschio è in Norvegia). I genitori li hanno incoraggiato a studiare all’estero e poi ognuno ha trovato la sua strada in campi completamente diversi. Ognuno ha lavorato per pagarsi gli studi e oggi lavorano informatica, chi nel cinema , chi nella finanza, chi in psicologia e chi in architettura. Ouejdane oltre ad essere giornalista e scrivere per la rivista Vita /Yalla, è presidente dell’associazione tunisini in Italia, Pontes.
Che ne pensi di quanto è accaduto e sta accadendo in Tunisia paese da cui è partita la rivolta?
Spesso quando si parla di elezioni si parla dei risultati ma nel caso di queste prime elezioni democratiche in Tunisia credo che sia molto importante sottolineare la valenza storica di questo evento. Per la prima volta nella storia della Repubblica tunisina, quindi dal 1956 (anno dell’indipendenza dal protettorato francese) i cittadini tunisini hanno potuto esercitare il primo diritto che fa di noi dei “cittadini”: quello di scegliere in un modo libero e trasparente chi ci rappresenta. Personalmente, l’ho vissuto come un momento incredibile di vera liberazione, sicuramente il momento più forte dal 14 gennaio in cui il dittatore è scappato dalla Tunisia.
Credi che in Tunisia si sia arrivati ad una svolta davvero democratica?
La democrazia è un percorso che è stato imboccato da noi tunisini il giorno in cui abbiamo iniziato a dire la nostra cioè “via al regime e al dittatore”. La costruzione di nuove istituzioni democratiche non dipenderà solo da chi scriverà la nuova costituzione ma anche dai cittadini che dovranno continuare a partecipare in modo attivo a questa nuova cittadinanza, stando sempre attenti ai loro diritti e per primi garanti dei diritti altrui. Sono fondamentalmente convinta che la Tunisia sia sulla strada giusta per vedere le libertà individuali garantite, grande passo per il nostro popolo oppresso per decenni.
Cioè la gente è stata davvero libera di esprimere la propria opinione?
Chi si è recato alle urne ha scelto sicuramente in modo libero, anche se poi l’influenza che alcuni partiti hanno cercato di fare era forte. Nessuno è stato sicuramente “obbligato” ma possiamo dire che c’è stata una forte propaganda sia a livello locale sia a livello internazionale, u na vera campagna elettorale per i partiti che avevano mezzi e uomini e azioni più piccole per i nuovi partiti e gruppi indipendenti. Non mi dimenticherò mai il giovane immigrato tunisino che davanti al seggio di Milano continuava a ripetermi che lui era lì per vedere se avrebbe potuto votare il suo partito, uno di quelli banditi dalla ex-dittatura. Sembrava sfidare il mondo con il suo voto. Era sicuramente troppo sorpreso di avercela fatta. Anche se non condividevo la sua scelta ero ugualmente emozionata di quel passo che facevamo insieme. Era quella la democrazia che sognavo.
E quanti hanno votato consci di quello che facevano?
La partecipazione elevatissima tra chi si era iscritto alle liste elettorali ha dimostrato quanto le persone fossero coscienti della valenza del proprio gesto. Non so quanto fosse chiaro il valore del voto, cioè quanto fosse determinante per la comunità. Credo che tra le cose più difficili dell’essere cittadino dopo una vita di dittatura di scoprire che la propria voce abbia valore, e non solo per se stessi, ma soprattutto per gli altri.
E le donne che ruolo hanno avuto ed avranno nell’amministrazione del paese?
Le donne sono presenti oggi nell’assemblea costituente (25% dei deputati) come lo sono state in piazza durante la rivoluzione. Noi donne tunisine abbiamo la fortuna di avere una storia locale che ci ha favorito tanto rispetto ad altre donne arabe, di aver inanzitutto acceduto a una educazione che ci permette oggi di far parte della vita pubblica. Credo che sia molto importante che le donne stesse siano le prime a mettersi in gioco e darsi l’opportunità di amministrare il paese insieme agli uomini. Il diritto c’e l’abbiamo, ora tocca a noi metterci in gioco.
Quando si dirà basta alle violenze?
Per me la violenza è quasi sparita dalla Tunisia, perché la violenza non è quella pubblica delle strade e degli scontri tra uomini quella che fa paura ma quella che vivevamo di nascosto. La violenza del regime oggi è quasi svanita. Il potere della polizia politica, la tortura, le violenze psicologiche e la paura che aveva un popolo intero oggi sono parte della nostra storia. Ci vorrà tempo prima che questi traumi spariscono, il resto si tranquillizzerà piano piano. Noi tunisini siamo fortunati di non aver vissuto le stragi che popoli come quello libico, siriano, yemenita o come oggi egiziano stanno vivendo.
E tu dall’Italia cosa provi?
L’unica parola che mi viene in mente è che sono fiera del mio popolo. Sono fiera di aver conquistato la dignità che i miei concittadini chiedevano in strada, quella che abbiamo sognato per anni e che oggi contro ogni pronostico siamo riusciti ad avere. Ora sento anche una grandissima responsabilità per questo dono che giovani come me ci hanno regalato offrendo la loro vita. Oggi tutti noi tunisini, in Tunisia o all’estero, dobbiamo portare avanti il progetto della libertà fino in fondo. Senza paura dell’altro, senza paura di noi stessi.
1 commento
La Grecia,come l’Irlanda e il Portogallo stanno pdnagao anni di crescita drogati dai finanziamenti della comunite0 europea. Mi stupisco che nessun addetto ai lavori non ne parli. Questi paesi ( sono cresciuti come i bambini a cui continui a dare le caramelle e poi tutto ad un tratto gli dici basta perche8 fan male ai denti ) lavoravano ed esportavano perche8 erano competitivi grazie a questi contributi senza essere previdenti che cif2 non poteva durare all’infinito. Ora, oltre al danno la beffa, perche8 chi in Italia ha dovuto lottare per tenere le posizioni rischia di ritrovarsi nella stessa situazione di chi gli aiuti li ha ricevuti e anche grazie alle tasse pagate da queste aziende Italiane.