Il cielo è ancora blu scuro e all’orizzonte brilla una stella solitaria. Cammino a passo veloce, nonostante il tacco 10; l’aria fredda di fine inverno mi gela ancora il viso accaldato, apre il cappotto che non allaccio mai, scopre la minigonna nera e la camicia di seta rossa. Nella mia mente c’è solo Milano, il Duomo e quel profumo di primavera che si comincia a sentire. E’ profumo di futuro, il mio.- 7.11 stazione di Garbagnate, il treno delle Nord è in ritardo ed affollato.
Cadorna. Un fiume umano scende dai treni ed invade le scale del metrò. Duomo. Veloce fra le vetrine dei negozi ancora chiusi di Via Torino, passando accanto a quel bar che fuori ha il fornetto con le sfogliatelle calde, fino in Via dei Piatti, al n.2. Chissà, magari stamattina sono abbastanza fortunata da incrociare Enzo Tortora. 1981/82, avevo 16 anni e frequentavo una scuola privata di recupero anni perché, bocciata in prima superiore (ingiustamente), proprio non ci stavo a restare ferma al palo; additata come somara, ultima fra gli ultimi. In quella scuola il prof. di psicologia ci parlava di Comiso e di diacronica. La prof. di musica suonava nel Rondò Veneziano e raccontava delle vacanze passate con i Ricchi e Poveri. L’insegnate di italiano ci portava, ad ascoltare le poesie del Porta; io non mi sentivo più una somara al palo.
Quando me la bigiavo con i compagni, si saliva sul Duomo a piedi, contando i gradini, come se farlo ci aiutasse a non sentir fatica, ma poi una volta lassù la città era nostra. Cioè, loro; io ero troppo a pezzi “Per forza, con quei tacchi!”. Sorridevo e non sapevo che a era tutta colpa di Rosy. Piazza del Duomo, le sue guglie, la cattedrale stessa, fanno parte della mia adolescenza, della conquista di autostima, del mio essere donna, e Rosy è con me dall’82. Lentamente ha condizionato e limitato le mie uscite, ma non me. Frequentare Milano, gli amici, fare viaggi è diventato difficile. Insomma, non è facile portarsi dietro una come lei: non è simpatica, mette in imbarazzo ed è sconveniente. Ma con tenacia e la stessa vanità di allora sfoggio la minigonna e, per dirla come Totò, per andare dove devo andare, trascino Rosy su Internet, facebook, i blog, cercando di incontrare, condividere, confrontare, virtualmente. Ma non è per nulla divertente e mi manca la mia città, il contatto fisico con la gente, lo struscio.
Io sono una dei 56.000 malati in Italia di sclerosi multipla (Rosy, appunto), sono una persona disabile, ultima nella lista delle priorità della politica. E poi sono una donna, una moglie, una madre e una lavoratrice. Oddio, una sequela di ultimi posti! Abito ancora nella provincia di Milano fatta dei soliti treni affollati ed in ritardo e mi piacerebbe tanto poterne prendere uno per arrivare di nuovo in Duomo per fare una passeggiata in galleria, pregare nella nostra bella cattedrale, andare ad una mostra, ma resto al palo della stazione di partenza. Niente scale mobili, niente ascensori. Però ho la tessera regionale di circolazione gratuita e l’ingresso gratuito alle mostre di Palazzo Reale per il mio accompagnatore. Vorrei anche poter accedere alla diagnosi e, eventualmente alle cure per la CCSVI, la patologia scoperta dal Pro.Zamboni, attraverso il SSN.
Purtroppo sono stati bloccati gli studi osservazionali in Lombardia, a Milano e provincia. Questo mi lega al palo. Mi umilia. Mi mutila. Proprio qui dove c’è il maggior numero di malati e di strutture dedicate? Sono angosciata e spaventata, vorrei poter scegliere; Rosy avanza e ride di me. Per fortuna ho un lavoro, eppure la mia famiglia è l’emblema della precarietà. Mio marito mi sostiene e mi accompagna, ma è precario. Mio figlio (17 anni) è bellissimo e molto intelligente, studia in una scuola privata perché è dislessico; la scuola pubblica (un po’ come successe a me) non è stata in grado di garantirgli il diritto costituzionale all’istruzione. Io sono l’anello debole su cui poggia la mia bella famiglia.
Che dire? Io dico che il Sindaco di Milano è un po’ anche il mio Sindaco e Piazza Duomo mi ha dato davvero una bella botta di autostima se a 44 anni, nonostante tutto, ho coscienza di essere un esempio lampante del valore aggiunto che una persona disabile può offrire a questa società così impegnata a produrre, consumare, navigare e, ad escludere. Vorrei tanto poter conquistare una vita dignitosa, la libertà di potermi curare, la serenità di un lavoro certo per mio marito, per mio figlio, per tutti i figli. Perché ognuno di noi possa immaginare di costruire il proprio futuro fatto di scelte libere e responsabili. So di sembrare patetica, ma io spero davvero che a Milano si lavori per una politica di inclusione sociale, sostenibile, accessibile, di integrazione e a tutela dei diritti di tutti. Non ho perso l’abitudine a sognare e credo davvero che i desideri si possano avverare. Se ti impegni davvero per realizzarli, può succedere. E gli ultimi saranno i primi. Lei avrà il coraggio di investire sugli ultimi?
Diomira Pizzamiglio
Sono nata a Piacenza,sul Po’…una notte di settembre del 1966,ma non ci son rimasta molto per poterne ricordare il profumo.
Vivo e lavoro nella provincia di Milano e mi piace scrivere.
La scrittura non è il mio mestiere,è la mia passione,ed è talmente intensa che ho avuto il coraggio di autopubblicare il mio primo lavoro “La Sclerata Innamorata“ dal 2002 ho deciso che dovevo occuparmi attivamente di tematiche legate alla disabilità e nel 2003,anno internazionale delle persone disabilità ho iniziato a collaborare con diverse testate giornalistiche di settore come www.disabili.com,www.superando.it
Ma le nicchie mi stanno strette e così sono approdata sul blog di scrittura fellmile con la rubrica off°limits e poi è arrivato FB e l’occasione è stata ghiotta:ho fondato un gruppo a sostegno della dislessia DISLESSIA:Legge n. 170 / 8 ottobre 2010 Ho scoperto nulla può impedirmi di andare lontano e raggiungere chiunque.