L’anoressia. La bulimia. Alla fine, la resurrezione con il Jazz, passando per il Buddismo di Nichiren Daishonin.
E’ la storia di Simona Cosimi che, inseguendo il mito di Nancy Wilson, Billie Holiday, Ella Fitzgerald, è riuscita a ritrovare se stessa e a fare pace con il mondo.
Romana, quarantatre anni, dopo l’Accademia delle Belle arti di Bologna, non avrebbe mai immaginato di fare la cantante jazz. Sognava di diventare attrice. Ma dalla musica, nata nelle comunità afroamericane del sud degli Stati Uniti, si è sempre sentita attratta.
Oggi Simona vive a Londra, ha inciso un Cd “Don’t call me my love”. Ed è felice. Tante le battaglie che ha dovuto sostenere. La più sfiancante, quella con i genitori, che sognavano per lei un futuro più sicuro.
Simona, quando e come ha scoperto di voler fare la cantante jazz?
Molto tardi, esattamente cinque, sei anni fa. La mia vita è cambiata molto in questi ultimi otto anni. Sto vivendo in un modo, che non avrei mai immaginato fosse possibile, pur desiderandolo. E il jazz è un genere, da cui mi ero sempre sentita attratta. Anche se ascoltavo tutt’altro.
C’è stata una cantante in particolare, che ha segnato il suo destino?
Non proprio una cantante, ma un brano di musica classica: “Chiaro di Luna” di Beethoven. Mia madre da bambina ha studiato pianoforte. Qualche volta lo suonava. Ed io mi sentivo profondamente commossa e rapita. Avrò avuto sette, massimo otto anni. Avevo anche imparato a suonarne alcune battute.
Chi ha scoperto la sua voce?
Beh, io. A un certo punto mi sono resa conto che avevo una bella voce – meno comune nelle donne, perché sono contralto – mezzosoprano- un bel vibrato. Avevo venti anni. Stavo studiando recitazione in una scuola di teatro, a Roma. Ma solo intorno ai ventotto ho capito che era fatta anche per cantare o forse devo dire che solo allora ho sentito il desiderio di iniziare a cantare. Nella mia vita, però, ho fatto in ritardo un po’ tutte le scelte vitali per realizzarmi.
Perché?
Per tutta la mia adolescenza ho sofferto di anoressia e bulimia. Questo ha condizionato molto le mie relazioni anche in seguito. Non credevo neanche un po’ nelle mie capacità. Iniziavo a fare le cose, ma di fronte alle prime difficoltà, rinunciavo. Via via che passavano gli anni, mi chiudevo sempre di più in me stessa. Mi creda, non sapevo come uscire dalla gabbia, che imprigionava la mia mente. C’era un nodo grande, che mi bloccava. Avevo perso ogni speranza ed ero profondamente infelice. Poi, circa otto anni fa una persona mi ha parlato del Buddismo di Nichiren Daishonin. Ho iniziato a praticarlo e non ho più smesso. E sa perché?
Ce lo dica!
Ho visto che la mia vita cambiava e riuscivo ad avere la forza per affrontare le difficoltà, le stesse che prima mi facevano terrore. Ho cominciato a lottare.
E ad avere la forza di imporsi sui suoi genitori. Vero? Cosa hanno provato i suoi, quando ha detto loro che avrebbe fatto la cantante jazz?
Erano disperati e contrari. Soprattutto, perché avevo parlato della mia decisione di fare della musica la mia professione a tutti gli effetti. Una scelta non facile. Si immagini che oggi, quando in Italia mi chiedono cosa faccia, io rispondo che sono una cantante jazz. Di rimando mi chiedono: Bello! Sì, ma che lavoro che fai? A Londra è diverso. Esiste una dignità dell’ artista.
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