Nata in un harem di Fez, appartenente alla buona borghesia marocchina, Fatema Mernissi e’ la sociologa autrice di “L’Harem e l’Occidente“.
Me l’aspettavo sessantenne, magari con qualche capello bianco e con l’aria riservata e trasversale delle donne arabe. Invece, mi viene incontro una bella signora di eta’ indefinibile, con occhi vivaci e diretti, che con atteggiamento quasi familiare mi porge la mano.
Le domande che ho da farle sono tante: il mondo arabo, per noi occidentali autocentrati, e’ spesso un mistero. Le donne, poi, nascoste dietro il loro velo o chiuse in spazi familiari impenetrabili, sono ancora piu’ enigmatiche. Ma c’e’ una curiosita’, che prima di ogni altra, vorrei soddisfare.
In un’intervista a D Repubblica lei ha accennato al fatto che le nuove tecnologie stanno aiutando le donne mussulmane a “comunicare le loro idee e a mutare sostanzialmente il volto del pianeta”. Ma chi, di queste donne, e’ in grado influire sulla realta’ circostante: le docenti universitarie, le studentesse, le scienziate?
Tutte le organizzazioni mondiali insistono sull’alto tasso di analfabetismo delle donne mussulmane. Le racconto un aneddoto che le spiega il mio punto di vista. Un giorno, per i miei studi, ho intervistato una donna velata “analfabeta”: cosi’ avevo infatti scritto sulla mia scheda perche’ lei si era dichiarata tale. Dopo un po’ di tempo sono tornata a visitarla nella sua casa di Essouria, un paese sulla costa, e ho notato un dipinto con delle parole scritte. Le ho chiesto chi fosse l’autore: era lei. “Ma perche’ mi ha detto di essere analfabeta?”, le ho domandato. “Perche’ non ho un diploma scolastico”, e’ stata la risposta.
Le sembra che le donne che sanno fare i magnifici tappeti marocchini venduti in tutto il mondo, possano essere analfabete?
Seguire i disegni, contare e intrecciare i fili, implica spesso calcoli matematici sofisticati. Si dice che le donne mussulmane sono analfabete per pagar poco il loro lavoro, mi creda.
E Internet?
E’ un fenomeno che sta cominciando ad affermarsi anche in Marocco da qualche anno. Nelle grandi citta’, ma anche nei piccoli paesi, stanno comparendo i cybercafe’: i nostri giovani vanno li’ e si collegano. Ed e’ un mondo che si spalanca loro, aldila’ dei confini e dei mari.
Pero’, nei paesi mussulmani, le donne non hanno libero accesso ai luoghi pubblici se non sono accompagnate…
Certo, ma anche questo sta cambiando. E poi vanno magari in questi cafe’ con la famiglia e si collegano in Rete. Oppure, se sono benestanti, possiedono un computer personale a casa.
Ma quante donne hanno accesso alle nuove tecnologie?
Spesso si ignora che, da dieci anni, le donne mussulmane hanno occupato i vari settori scientifici e tecnologici, mentre gli uomini da sempre hanno preferito monopolizzare la politica. Ma oggi il campo tecnologico e’ strategico, dirompente, e sta producendo rapide trasformazioni anche nel mondo politico degli uomini. Le do’ delle cifre: le donne impegnate nella ricerca sono il 28,7% degli scienziati e dei tecnici in Egitto, il 29,3% in Turchia, il 31% in Marocco, il 37,6% in Iran, il 36% in Kuwait, il 40% in Indonesia e il 44,5% in Malesia.
Inoltre, le donne si sono battute a lungo perche’ l’educazione scolastica nei paesi mussulmani fosse statale e quindi accessibile anche a loro che non hanno gli stessi mezzi economici degli uomini e non si possono quindi pagare studi privati.
Quali cambiamenti comportera’ l’accesso delle donne alla Rete, e quindi al mondo anche non mussulmano?
Con i nuovi mezzi tecnologici a disposizione, le donne possono procedere a una rilettura pluralistica del Corano, mettendo in evidenza i versi in cui e’ negata la sacralita’ della violenza. Perche’, tradizionalmente, le donne contrappongono alla violenza degli uomini la comunicazione. Una metafora di questo drammatico confronto e’ Shahrazad, eroina dei racconti de “Le Mille ed una notte”, che per tre anni, narrando storie di ogni tipo, riesce a fare in modo che il marito si dimentichi di ucciderla, come faceva d’abitudine con le mogli dopo la prima notte di nozze.
Nel suo libro, oltre a Shahrazad, lei racconta un altro topos della cultura mussulmana – l’harem – che ha da secoli un’eco anche in Occidente…
Si, ma in una forma completamente differente. L’uomo mussulmano rinchiude le donne nell’harem – spazio privato in cui vivono le mogli e tutta la famiglia – perche’ stima e nello stesso tempo ha paura della loro intelligenza, quindi preferisce tenerle sotto controllo. Anche l’uomo occidentale ha paura della donna, ma anestetizza questa paura relegando la donna nel regno della Bellezza. La donna bella non e’ intelligente, quindi non se ne puo’ aver paura. E la donna intelligente raramente e’ bella. Per questo l’harem diventa, nell’immaginario occidentale, un luogo di lussuria sfrenata, dove e’ il corpo che trionfa e non la mente. Nell’Islam invece, Shahrazad insegna, senza cervello non puoi mutare la tua posizione.
Ma forse c’entra anche la religione cristiana che non permette la poligamia e invece nell’harem…
Certo, sarebbe interessante approfondire l’influenza che le diverse religioni hanno nel rapporto tra uomo e donna. Per questo, però, bisognerebbe scrivere un altro libro.
1 commento
interessante…..