di Monica Nappo, da Londra
Figli sì, figli no, differenze tra due paesi.
Recentemente sono rimasta davvero stupita su qualcosa che pensavo non sarebbe mai cambiato in quest’epoca.
Ero in un gruppo formato da altre 4 donne, eta’ tra I 35 e i 42,e in 4 abbiamo confessato di essere felici di non essere mamme. Mi ha stupito la percentuale,non perche’ non abbia mai incontrato donne non mamme e felici.Nel piccolo ma appaciato gruppo c’era solo una donna che era mamma, ma ormai sua figlia aveva 20 anni e passa e lei ce ne parlava con la serenita’ di chi era sopravvissuta a una guerra o a qualche prova eroica con tanto di medaglia.
Dopo qualche giorno apro il quotidiano METRO e noto sulla stessa pagina 2 articoli correlati.
Il primo si intitola” Vuoi un bimbo? Fatti mettere incinta adesso!”.
L’articolo spiega poi come I bimbi nati in settembre siano avvantaggiati perche’ quando inizia la scuola sono piu’ grandi ed hanno un migliore rendimento agli esami rispetto a quelli nati in agosto.Tutto questo in barba all’astrologia ed alle sue teorie sui caratteri collegati ai segni,pensavo io.(Ma questa e’ un ‘altra storia).
Scorro ancora un po’ di più la pagina e leggo un’articolo che mi informa che e’ stato coniato in inglese un nuovo termine: mumnesia.
Dovendolo spiegare il termine definisce quell’indistinto limbo tra il sentirsi non piu’ sexy ma solo stanchi, non più a proprio agio col proprio corpo ormai diverso dopo l’esperienza parto e -last but not least -il non aver piu’ voglia di migliorare il proprio aspetto.Il termine e’ stato coniato dopo svariate ricerche ed interviste alle neomamme in uk, (che essendo una nazione fortemente multietnica, include donne provenienti da qualsiasi nazione al mondo).
Insomma, pere che dopo che diventi mamma il tuo partner smetta, appunto ,di vederti sexy. Solo il 2% pensa che il proprio compagno le definirebbe sexy e solo il 12% sente che verrebbe definita femminile. Il restante oscilla tra una larga gamma di definizioni quali :”sempre stanca/iperindaffarata/esaurita”.
Sono rimasta piacevolmente stupita dal fatto che questi legittimi sentimenti meritino il proprio spazio nella lista di nuove parole da usare. Alla parola maternita’ si associano giustamente sempre parole quali coraggio, amore incondizionato, senso di sacrificio, protezione, supporto, generosita’, forza, (etcetc) ma sempre poco si parla anche del lato doloroso, quasi buio di quel mondo misterioso,imprevedibile,totalizzante spaventoso e gioioso che e’ l’essere madre,con tutte le conseguenze che ne derivano.
Si parla pubblicamente poco, ad esempio,di chi I figli ha deciso di non farli.
O di chi, invece, rimpiange una parte di quella vita che ora non puo’ piu’ tornare indietro.
Perfino in America, nota al mondo per essere una cultura assolutamente cristiana e pro-creatrice c’e’ una nuova ondata di scritti da parte di donne che descrivono l’evento dell’essere mamma non proprio positivamente. Quel che e’ ancora piu’ sorprendente,direi,e’ che c’e’ un’enorme risposta di tante madri-anonime-che ora finalmente possono non sentirsi piu’ sole o”mostruose”,nel confessare che non e’ sempre tutto rose e fiori .E che iniziano quindi a parlarne apertamente in blog, lettere ai giornali,libri.Basta citarne alcuni,tra USA E UK:”Something I’m not” (Qualcosa che non sono) della psicoterapeuta Lucy Beresford, o “Regrets of a stay at home mum”(Rimpianti di una mamma tutta casa) di Katy Read,No kids:40 good reasons not to have children(Niente bimbi:40 buoni motivi per non averne)di Corinne Maier( anche lei mamma).Varie ricerche,condotte sia dall’universita’ di Waterloo,in Canada (e pubblicate su Psychological Science) e Florida State University ,sembrano arrivare alla conclusione che molti genitori non hanno il coraggio di confessare a se stessi la totalita’ dei loro sentimenti su quest’argomento,anche perche’ e’ un cambiamento radicale,che non prevede modifiche o ripensamenti(tranne la fuga!).
Provo a pensare a tutte le mie amiche mamme,I taliane e inglesi, a cui ho chiesto qualcosa sull’argomento. A prescindere dalla differenza di lingua e cultura, immancabilmente tutte, appena ho chiesto loro come sia essere mamma,(ripeto,tutte) hanno drasticamente cambiato faccia.All’improvviso.
E tutte mi rispondono,chi con le occhiaie chi meno, che e’ iperstancante ma bellissimo.Me lo dicono tutto d’un fiato, nel caso dovessi registrare solo un’aggettivo(il primo). E fin qui,regna serena la globalizzazione.
Poi continuamo la conversazione e vengon fuori le differenze(generalmente parlando,ovvio)
Le italiane parlano dei pargoli senza fare riferimento a quando saranno grandi, con un senso di protezione a vita, come se I proprii figli non diventassero mai maggiorenni.
Le inglesi invece si proiettano gia’ in quella dimensione, quando cioe’ con curiosita’ li vedranno adulti che vanno via.
Altra differenza:la presenza dei nonni.
In Italia colonna portante e quotidiana ,nella maggior parte dei casi.
In Inghilterra notavo invece la voglia,da parte delle mamme di rivendicare il loro modo di crescere I bimbi, con uno Stato che le supporta molto di piu’.Ma non e’ solo per un’Iastituzione che , indubbiamente ,ti fa sentire tutto piu’ fattibile.C’e’ una differenza di peso, una maggior leggerezza appunto,con o senza crisi economic ache innegabilmente attraversa tutti,ovunque.
Si perche’, a conti fatti, quello che mi stupisce e come la famiglia sia cosi’ un totem intoccabile in Italia, ma come invece e’ qui in Inghilterra che io veda moltissimi giovani metter su famiglia, felici mamme e papa’ giovanissimi, con papa’ felicissimi di portarsi I figli in marsupio, dappertutto.
Insomma, dopo tutti questi pensieri, davvero non saprei.
Monica Nappo e’ un’attrice e vive a Londra dal 2008.Suo marito e’ il drammaturgo Dennis Kelly.
Inizia a 19 anni come cabarettista, fondando con alcuni suoi compagni di liceo un mini teatro a Napoli,il Bardefe’.Scrive i testi dei suoi sketches ed e’ la prima donna a vincere il concorso nazionale per comici “La zanzara d’oro”.Continuando come cabarettista, dopo un paio d’anni ovviamente le viene una forte depressione e incomincia a lavorare in teatro,(illudendo di salvarsi) e incontrando registi come Mario Martone, per poi continuare con Tony Servillo in 3 sue produzioni con lunghe tourne’ nazionali ed europee.Lavora con Servillo per circa una decina d’anni, ma affianca quando puo’ lavori di drammaturgia contemporanea, sia come attrice che come regista.E’ la prima a portare in Italia i lavori di Sarah Kane “4:48 psychosis ” e “Quale droga fa per me” di Kai Hensel.Affianca anche alcuni lavori cinematografici, lavorando con Sivio Soldini, Matteo Garrone, Paolo Sorrentino, Tristam Shapiro nella serie Pulling per la BBC3,ma anche in film piu’ “indie” quali W Zappatore. Ha all’attivo anche un album di poesia e musica elettronica:Kyo,con M.Messina dei 99posse. I suoi ultimi lavori al cinema sono “La Kriptonite nella borsa” di Ivan Cotroneo e “Nero fiddled” di Woody Allen. Ma alle volte e’ ancora un po’ depressa, poi pero’ le passa.
3 commenti
interessante; trovo solo improbabile l’espressione “essere felici di non essere mamme”. Si può essere felici di come si è impostato la propria vita, ma non per esserti negato un’esperienza che non hai vissuto (non so se riesco a spiegarmi)..
Non tutte le donne vedono nella maternità una loro realizzazione..
ci mancherebbe, sono convinta che ogni donna abbia il suo personalissimo modo di realizzarsi che non deve passare necessariamente attraverso l’esperienza della maternità…
Intendevo dire che posso esprimere una valutazione di giudizio su ciò che conosco. Ho due figli, posso fare un bilancio della mia vita giudicando sulla base del mio passato ma non mi sento di dire che sarei stata più o meno felice se non li avessi avuti. era questo il senso della mia affermazione (spero di essermi spiegata meglio)