Avverto un disagio nello scriverne ancora, è ammissione di sconfitta di tutti noi ma soprattutto della politica intesa come agente di trasformazione delle coscienze.
La violenza sulle donne non ha tempo né confini, è endemica e non risparmia nessuna nazione o paese, industrializzato o in via di sviluppo che sia.
Non conosce nemmeno differenze socio-culturali, vittime ed aggressori appartengono a tutte le classi sociali.
Eppure si cerca sempre di relegarla nei confini della cronaca nera, nella caccia al diverso. Ma tutte noi, nelle nostre case , nelle nostre relazioni sappiamo bene che non è la verità!
Quante donne ancora ?
Un conteggio macabro che non può che aumentare se atteggiamenti volenti continuano a far parte del codice comportamentale di ragazzi sempre più giovani. L’assassino di Antonella non aveva ancora vent’anni!
Eppure contro una cultura tutta declinata al maschile ( anche da molte delle donne che detengono il potere) nulla può la consapevolezza, che sempre più donne producono, insieme ad associazioni di uomini che non si vogliono più riconoscere nella cultura dominante.
Ci accontentiamo di invadere i media ogni 25 novembre, giornata internazionale contro le violenze alle donne, con il nostro no contro ogni forma di violenza, ma il 26 cadiamo subito nella dimenticanza
Eppure noi manteniamo, durante tutto l’anno, aperta la riflessione sui perché: perché gli uomini uccidono le donne, perché nelle famiglie viene tutt’ora occultata la violenza, e cerchiamo disperatamente di compiere azioni che portino questi temi all’evidenza pubblica
Ma il silenzio è più forte
La Commissione ha prodotto pur tra mille difficoltà progetti che hanno tentato di scardinare luoghi comuni. Tra i tanti quello nelle scuole elementari, dove per la prima volta i bambini si scontrano con l’altro sesso con modalità ancora tutte fondate sul dominio e la violenza, e quello nelle emittenti locali dove si veicolano le notizie e, dove la figura femminile, pur numericamente presente, è insignificante e soffocata nella cornice della gradevolezza della informazione .
Sono tutti temi che dovrebbero esser assunti come buone prassi dell’agire politico e, nella costruzione di una società davvero attenta alle differenze di genere
La costruzione di una cultura differente è lenta ma andrebbe supportata in maniera ben più visibile da quanti hanno la visibilità ed il potere per agire il cambiamento.
Gli organismi di Parità hanno questo compito ma devono anche essere messi nelle condizioni per poterlo attuare.
Non comprendere quanto importante sia in questo passaggio valorizzare la competenza di quante hanno nel tempo lavorato su questi temi comprendendo quanto questi debbano ormai divenire questione sociale e politica e non luoghi autoreferenziali significa non comprendere ( o non voler comprendere) quanto davvero è necessario fare per ottenere quei cambiamenti da tanti invocati ma non sostenuti
Un vero cambiamento culturale porterebbe ad una costruzione rivoluzionaria del rapporto tra i sessi ancora purtroppo coniugata in senso rivendicazionista e/o come questione di ordine pubblico.
2 commenti
Cara Magda poiché conosco il tuo generoso impegno nella Commissione da te presieduta, non mi permetto di contraddirti, ma penso che non possiamo rimanere a riempire pagine di denunce, di condoglianze e di emozionate ed emozionanti analisi per l’ennesimo femminicidio. Lo scorso anno ce ne sono stati 127, tra cui anche uno nello stesso luogo di oggi, a Putignano. Ma chi si ricorda ancora di quello? e chi se ne ricorderà di questo tra qualche mese e fuori dalle circostanze da te citate? Io ho provato a leggere il rapporto che La Casa Internazionale delle Donne di Roma ha fatto con un’analisi statistica della violenza sulle donne nel 2010. Non ce l’ho fatta. Non ce l’ho fatta a leggere uno per uno i nomi e le storie delle donne uccise. Mi si è chiuso lo stomaco, come si dice in gergo. E l’assurdo è che tutta questa violenza per il 70,7 % avviene nei contesti familiari: assurdo che la donna perda la vita all’interno di un rapporto che dovrebbe proteggerla. E qui apro una parentesi per dire, secondo i numeri non le opinioni di qualche sociologo che lancia anatemi contro la Puglia, terra di sangue e violenze. Non è affatto vero che deteniamo il primato dei delitti contro le donne. Ho letto i dati del 2009, 2010 e 2011 e la maggior parte avviene al Nord, dove per l’indipendenza economica le donne sono meno disposte a piegare il capo.Lo scorso anno 61 i femicidi al Nord, 25 al Centro, 23 al Sud e 12 nelle isole.(Rapporto Eures-Ansa: Lombardia 17,7%; Toscana 10,2%; Puglia 9,5%). Ma detto questo, non voglio fare assolutamente una questione dei buoni e dei cattivi, così come non farei una questione di condizioni socio-economiche, perché quello che voglio dire è che siamo tutti artefici di questa situazione: Questa situazione infatti è culturale. E noi, donne in primis , e poi li uomini dei nostri giorni siamo lenti a cambiare, perché lo status quo è più comodo. L’acquisizione di una mentalità paritaria non la si impone, si acquisisce appunto con l’esempio, fin dall’infanzia. Guardiamoci intorno: quante neo-mamme educano i figli maschi e le figlie femmine allo stesso modo e non privilegiano invece la minigonna per lei, e la giacca da ometto per lui, la piccola borsetta e il tondo pallone, le lacrime si per lei, no per lui perché altrimenti sembra una femminuccia; lui sì può uscire con papà e lei no deve stare a casa con la mamma, che non sta bene; lui fa bene se fa a pugni e si difende lei no altrimenti è un maschiaccio…e si potrebbe continuare all’infinito in tantissimi gesti quotidiani, familiari, scolastici ( la Scuola è sempre peggio) e sociali. E non importa se le donne vanno in pizzeria come i maschi, vanno al cinema di notte e sono presenti in tutte le facoltà universitarie, e fanno tutti i lavori: restano sempre di seconda categoria. Nè si spiegherebbe altrimenti il fatto che appena 30 anni fa è stato cancellato il delitto d’onore e da poco di più che la donna ( quasi fosse una psicolabile mentale) ha potuto testimoniare nei processi ! La donna sì, che con la sua diversità, non è ancora considerata una ricchezza, ma un oggetto di cui disfarsi col sangue o con la blandizie, o da tenere a bada, o da relegare nelle postazioni di comando ad uno scalino più sotto. Dunque non cambierà nulla se non cambieranno le modalità dei rapporti relazionali all’interno delle coppie e delle famiglie, dai primi vagiti di un/a figlio/a, e persino le modalità del linguaggio. Basta celebrazioni e commemorazioni, ci vogliono azioni, AZIONI di DONNE, perché siamo noi come mogli e madri a nutrire i nostri figli. Interroghiamoci invece di piangere, e sosteniamoci tutte insieme per avere più coraggio e andare “controcorrente” verso una libertà consapevole di maschi e femmine.
cara Giulia, io sono con le tue parole e con i tuoi pensieri, anche io sono stanca e penso di averlo detto sono stanca di fare inutili giornata contro la violenza!
perchè mai dovresti contraddirmi anzi mi rafforzi