di Caterina Delle Torre
Giornalista, ma non solo.
Manuela Longo, abruzzese della provincia di L’Aquila, dove è nata del 1980 e dove ha abitato fino al 2009, anno in cui per lavoro si è trasferita a Nettuno, nel Lazio. Laureata in Lettere nel 2004, all’Università La Sapienza di Roma ha sempre amato molto l’arte, tanto da scegliere l’indirizzo Storico-Artistico con l’intenzione di scrivere di Arte. Ha scritto un libr0 molto al passo mcon i nostri tempi: ”Mi invento un lavoro” dove racconta di tante nuove professioni che stanno nascendo o sono nate, come la personal shopper
Ci parli del tuo libro sulle nuove professioni delle donne?
Mi invento un lavoro (Morellini Editore, 2009) è una raccolta di 12 professioni emergenti “al femminile”, descritte in maniera dettagliata ma con una prosa leggera, fluida, perché l’intento del libro è quello di essere pratico ma anche godibile da leggere come un blog. Ed, infatti, è proprio dal blog che è nato tutto: inventalavoro.sthttp://yle.it. Per due anni su questo spazio web ho raccolto più di cento post intorno ai new business e alle professioni emergenti, quelli più gettonati, fattibili e interessanti sono stati analizzati nel libro.
Le idee del blog prima e del libro dopo sono nate dal mio lavoro giornalistico che per tanto tempo si è concentrato proprio sul mondo delle professioni e del lavoro. Scrivevo di questi temi per i femminili. Il libro mi ha dato grandi soddisfazioni, visibilità e, cosa della quale sono più contenta, ha gettato le basi perché alcuni lavori proposti, conosciuti pochissimo in Italia, attecchissero piano piano anche da noi.
Cosa accomuna e contraddistingue le nuove professioni? Creatività, attualità, concretezza?
La creatività è alla base di tutto. Ci vuole creatività per decidere di saltare il fosso e avviare qualcosa di nuovo. E ce ne vuole per inventarlo questo qualcosa di nuovo. Attualità sì, certo, ma con la consapevolezza che il concetto di “attualità”, oggi non è più sinonimo di “epoca” o “momento storico”, bensì di “oggi” nel senso più circoscritto del termine perché i cambiamenti sono molto più rapidi che in passato. Per questo tra le caratteristiche che contraddistinguono le nuove professioni aggiungerei anche “adattabilità” o, come mi piace dire, “resilienza”.
Tu sei una giornalista, professione molto gettonata e quindi inflazionata. Che ne pensi del cambiamento epocale nel tuo campo? Le nuove tecnologie aiutano?Troppi giornalisti o scrittori improvvisati?
No, il web ha trasformato questo lavoro come il digitale ha trasformato, per dirne uno, quello del fotografo. Sta al consumatore/utente riconoscere un lavoro professionale da uno amatoriale e scegliere di conseguenza. Dico sempre che un professionista non è uno che sa fare una certa cosa, ma che sa fare una certa cosa da professionista (che vuol dire, giusto per fare degli esempi, che si fa pagare il giusto, che è informato, che ha delle attitudini, anche nel privato, che siano affini alla scelta professionale compiuta, vale a dire che un giornalista “vive” da giornalista, ha uno sguardo curioso sul mondo, ha un’esigenza di farsi un’idea su tutto). Se tutto questo c’è, il lavoro ha un’altra “densità” che il lettore (o l’ascoltatore) percepisce. Nonostante ciò, (ed ecco perché ho risposto no all’inizio della domanda), credo che la possibilità di farsi leggere che il web fornisce a tanti “improvvisati” possa portare a conoscere dei veri talenti che, in altre epoche, forse per il rifiuto di uno o due editori, sarebbero rimasti nell’ombra. In questo modo, il libro o la rubrica su X giornale affidata al personaggio X che aveva un blog cliccatissimo, nascono dopo un successo avallato da un pubblico. E il protagonista in questione si è davvero “fatto da sé”. Questo, a mio avviso, è formidabile.
E i settimanali femminili? perchè continuano ad uscirne di nuovi? Le donne leggono alla fine i giornali? Come è cambiato il ruolo del periodico femminile?
Non credo minimamente alla scomparsa della carta in un futuro molto prossimo. Abbiamo bisogno di contatto, di àncore, di quella sensazione che, guardando un oggetto del desiderio sulla carta (una borsa? un bracciale? una casa?) in qualche modo possiamo considerarla un po’…. già “nostra”. Perché è lì davanti ai nostri occhi, in quell’angolo accanto al camino dove la sera lasciamo che la fatica si dilegui dentro una tazza di cioccolata o tra le pagine di una bella rivista dove i nostri sogni si sono fatti piccoli e ci dicono “in fondo, sono qui, sono possibile”. Internet è un mondo dove tutto è a disposizione ma se vai avanti con le pagine ti perdi. Come entrare in un supermercato ed uscire, frastornati, senza aver fatto la spesa. Quelle 100 pagine di rivista, invece, sono una piccola conquista. Naturalmente anche il periodico femminile non può che tenere conto del web, a volte finisce proprio per sintetizzare la marea di informazioni che si possono trovare in rete. Ecco perché deve essere smart, al passo, pratico. E ce ne sono anche in Italia che fanno un lavoro eccellente, a mio avviso.
Per cosa ti piacerebbe scrivere?
In questo momento mi occupo di arredamento e mi piace moltissimo. E’ un po’ un ritorno alle origini perché i richiami all’arte sono costanti. In più ho la possibilità di farlo in un bell’ambiente, stimolante, giovane, in crescita.
Per quanto riguarda altri ambiti, ce ne sono davvero molti che mi incuriosiscono e spesso sono diversissimi. Ad esempio, tutto il filone sull’autosufficienza. Vivere low budget e low impact. Oppure, mi piacerebbe lavorare ad un libro scanzonato, divertente, graffiante. Sono libri sottovalutati perché non hanno una trama alla stregua dei romanzi, ma essere veramente spiritosi è difficilissimo.