di Alessia Gazzola
Un insolito connubio. Un campo da sempre elettivamente maschile, quello della Medicina Legale
Da qualche anno si assiste ad un peculiarissimo trend: sempre più donne scelgono di intraprendere la impervia e coraggiosa strada della Medicina Legale. Un settore molto in auge, grazie anche ad una pletora di telefilm e fiction che ne esaltano il ruolo, la temerarietà, il fascino. Un campo da sempre elettivamente maschile, quello della Medicina Legale. Indubbiamente, se si pensa alla componente tanatologica, è facile intuirne la ragione: una professione che richiede un animo poco impressionabile ed un forte distacco, qualità spesso ritenute estranee al gentil sesso. Che ormai di gentile ha ben poco, e si lancia sempre più frequentemente alla conquista delle virili roccaforti, affermandosi in professioni quanto meno insolite.
E la conquista della Medicina Legale non è che l’ennesimo esempio: basti pensare alle numerose donne chirurgo, o in altri settori, alle donne magistrato, o persino, come è apparso di recente su qualche giornale, alla famiglia matriarcale che si occupa di ferrare gli zoccoli dei cavalli.
La parità dei sessi è bella che raggiunta, e non resta che cercare di capire cosa sia ad attrarre, nella fattispecie, della medicina legale.
Chi crede che questa disciplina si esaurisca nelle autopsie o negli accertamenti di morte tralascia una grossa, se non quasi maggioritaria, fetta di materia: la medicina delle assicurazioni e la deontologia medica.
L’accertamento della responsabilità professionale e le perizie giudiziarie o per le assicurazioni sociali e private configurano un aspetto della Medicina Legale che offre grossi sbocchi lavorativi: ciò senz’altro contribuisce alla scelta di una strada difficile, in virtù di una più semplice ricerca di impiego.
Altre donne, la maggior parte, sono, invece, conquistate dalla ricerca della verità. Una sfida costante, in Medicina Legale: la verità in sede autoptica, la verità rispetto alle pretestazioni di lesività, la verità rispetto alla responsabilità professionale, un ambito, quest’ultimo, a tutti noto, dato il terrorismo mediatico che imperversa quotidianamente. I casi di malasanità crescono in maniera esponenziale, e la figura di un arbitro super partes, che abbia come obiettivo la valutazione nel solo interesse della giustizia e del cittadino si configura quanto mai essenziale.
Sotto questo aspetto, il medico legale persegue una professione basata su di una scrupolosa metodologia e su di un lavoro finemente cerebrale: non può permettersi di tralasciare nessun dato, pena la compromissione di una indagine, la rovina di un professionista, o per contro, la mancata giustizia verso il cittadino danneggiato.
Se da un lato, come è intuibile, la nobiltà di questa professione non può non colpire le menti più elevate e perché no, anche più ambiziose – per essere super partes, ossia sopra gli altri, è necessario avere una preparazione olistica e non comune – dall’altro rende oggetto di conflittualità nei riguardi dei sanitari che operano in ambito clinico, che riscontrano nel Medico Legale una figura ostile.
Saldezza, senso morale, metodo ed una vigorosa preparazione sono le caratteristiche indispensabili del buon Medico Legale: in questi tre aggettivi è racchiusa la sua stessa essenza. E poiché la donna non ha, per caratteristiche genetiche, oltre che sociali, nulla da invidiare all’altra metà del cielo, non deve più stupire che, superata l’epoca del sessismo in ambiente medico, si vadano affermando, con sempre maggiore frequenza, giovani dottoresse specialiste in Medicina Legale.
Alessia Gazzola
Alessia Gazzola ha 27 anni e vive a Messina. Nella vita è medico legale.
L’allieva è il suo primo romanzo.
La sua scrittura è sagace e fortemente cinematografica.