Sostenere il progresso e la valorizzazione delle donne nella professione di architetto: questo l’obiettivo dell’Ada_Na. Ce ne parla Maddalena Marselli, socia fondatrice
Maddalena Marselli, giovanilissima 50enne, è architetto della Soprintendenza per i Beni Archeologici di Napoli e Caserta. Insieme con altre sette professioniste ha fondato, nel luglio 2004, l’Associazione Donne Architetto – Napoli , con l’obiettivo di valorizzare il contributo femminile in questa professione.
Perché un’associazione di donne architetto? C’è ancora molta strada da fare per l’uguaglianza professionale?
L’associazione è nata dal desiderio di un gruppo di donne architetto (Anna Fresa, Emma Buondonno, Antonella Russo, Paola Spetrino, Paola Amato, Diana Melotti e Fabia Sampaolo, oltre a me) di praticare, discutere ed elaborare modelli alternativi della disciplina architettonica più congeniali alla propria vita e al proprio modo di essere.
Le donne hanno intrapreso la strada della affermazione dei propri diritti e hanno maturato la consapevolezza di poter avere un ruolo sociale nell’architettura, portatore di valori e modalità differenti dalla cultura egemone; ma lo spazio in cui operano e la visibilità di cui godono sono di modesta entità e, specie in alcuni settori, le opportunità di contribuire allo sviluppo della società sono poco praticate.
Il campo dell’architettura e dei processi di trasformazione delle città e del territorio costituiscono, certamente, un ambito in cui l’azione svolta dalle donne non è visibile oppure è del tutto assente.
L’Italia, tuttavia, è uno dei paesi con la maggior percentuale di donne architetto, dopo Grecia e Romania.
L’ADA ha avviato una riflessione di approfondimento per mettere a punto un database sul tema del mercato del lavoro nell’ottica di genere, con l’obiettivo di evidenziare le differenze di impatto che la realtà sociale e politica, a prima vista neutrale in termini di parità tra i sessi, produce per donne e uomini.
I nomi più noti nell’architettura e nel design sono maschili. Ma vi sono anche donne celebri, come Gae Aulenti… Tu, chi vorresti che fosse ricordata?
A tale proposito voglio segnalare due numeri monografici di riviste sull’argomento: il numero 732 – aprile 2005 – di CASABELLA e il numero 257 – maggio/giugno 2005 – di PARAMETRO: la prima propone, soprattutto, la generazione di donne architetto che sono entrate a far parte dello star system contemporaneo, di professioniste che vogliono essere giudicate per il loro lavoro e non essere viste come donne impegnate nella disciplina dell’architettura; l’altra, invece, ripropone riflessioni sulla condizione femminile partendo da quella che è oggi la posizione delle donne all’interno di una professione tradizionalmente maschile.
Nonostante il principio delle pari opportunità che si va affermando in ogni settore, le donne architetto che riescono ad affermarsi sono solo quelle che si sottomettono alla cultura egemone. L’ADA propone di dare attenzione ai contributi delle donne nell’ambito della disciplina e di sottolineare le esperienze delle madri dell’architettura, di riflettere sul lavoro delle progettiste affermate e sulle correnti emergenti al fine di trasmettere alle generazioni future un’eredità culturale che l’accademia – nonostante la presenza sempre maggiore di docenti donne – ha tralasciato.
Sotto quali aspetti pensi che le donne possano rendere meglio degli uomini, in campo architettonico?
Nei professionisti, spesso esiste una dissociazione fra la personalità del progettista e il progetto che è oggetto fuori dal sé. Le donne sono più inclini a partire dal proprio vissuto e approfondire il percorso creativo che conduce alla realizzazione di un progetto, dimostrando che le diversità sono una ricchezza e che possono tornare a beneficio della intera società. Se alle donne viene data la possibilità di esprimere le loro professionalità, si alimenta una proficua dialettica fra i diversi modi di interpretare la realtà. Le donne hanno un approccio diverso dagli uomini al progetto e alla professione: hanno maggiore sensibilità verso le tematiche dell’ambiente, della qualità, della sicurezza e della cura ed elaborano non solo soluzioni architettoniche e urbanistiche con maggiore attenzione ai tempi e ai modi di vivere lo spazio delle donne, dei bambini e, in genere, dei gruppi emarginati ma anche nuovi valori di una cultura condivisa fra i diversi generi.
Uno dei vostri obiettivi è contribuire a incrementare la presenza istituzionale delle donne in ruoli decisionali. Come intendete attuarlo?
Favorendo, sin dagli studi universitari, tutte quelle opportunità che possano consentire una piena espressione delle singole professionalità in sintonia con la dinamica dei tempi in cui, con l’esperienza del passato e con i problemi del presente, si possano trovare idonee soluzioni per il futuro e per una evoluzione delle istituzioni stesse, oltre che per consentire una realizzazione professionale molto spesso disattesa. Questi obiettivi vanno perseguiti mantenendo autonomia di pensiero e coscienza vigile nei confronti della omologazione culturale e disciplinare, che renderebbe altresì vani i risultati raggiunti.
Sul territorio, quali strategie pratiche si pone l’Ada_Na?
Svolgere incontri con le altre donne architetto, con le giovani che spesso non hanno consapevolezza della esistenza di una oggettiva e proficua diversità che, se opportunamente intesa e facendo tesoro delle esperienze storiche del movimento femminista, potrebbe rappresentare un patrimonio inestimabile anche a vantaggio di una maggiore umanizzazione dei comportamenti professionali dei colleghi uomini.
In particolare all’interno dell’ADA, si è formato un gruppo che lavora per favorire un rapporto interlocutorio di collaborazione con le istituzioni preposte al governo della città, e promuovere la messa in atto della reale visione di una “Campania plurale e della strategia di “Mainstreaming di genere che, finalizzata al raggiungimento delle pari opportunità, contribuisce a porre il punto di vista delle donne letteralmente al centro della corrente in tutte le politiche ed azioni della UE, promuovendo la loro partecipazione in campi o ruoli precedentemente loro preclusi.
Quindi, innescare un processo reale di partecipazione delle donne ai luoghi della pianificazione territoriale e, di conseguenza, di una governance, ovvero di un nuovo stile di governo, diverso dal modello del controllo gerarchico, tipico dell’approccio top down, e caratterizzato da un maggior grado di cooperazione e dall’interazione tra Stato e attori non statuali all’interno di reti decisionali miste pubblico/private.
Lavoro a parte, la tua vita è molto piena. Ami i viaggi avventurosi, il trekking, la vela; sei impegnata con Emergency e con gruppi ecologisti. Queste esperienze influenzano anche la tua professione?
Queste esperienze sono un modo di esprimere la mia personalità: nello stesso modo cerco di esprimerla nella professione. L’interazione fra i due momenti – quello ludico e quello professionale – comporta un continuo reciproco arricchimento: i viaggi mi mettono a contatto con altre realtà culturali; le mie esperienze professionali mi consentono di osservare realtà diverse con occhi diversi.