Tavola rotonda a Roma su ruolo e competenze per la tutela dei diritti di difesa
di Marta Ajò da L’Indro
La violenza sulle donne, la tutela dei loro diritti, la formazione di legali specializzati nella loro difesa: se ne è discusso ieri 15 marzo nel corso della tavola rotonda “Avvocati che difendono le donne”, organizzata in occasione del “VII Congresso giuridico-forense per l’aggiornamento professionale” del Consiglio Nazionale Forense e a cui partecipano annualmente duemilacinquecento avvocati circa provenienti da tutta Italia.
Un’ occasione per presentare il Percorso Formativo Multidisciplinare per Avvocati sulle materie attinenti a tutte le forme di violenza contro le donne
Il dibattito si incentrato sul ruolo dell’avvocato in relazione ad un reato che non rappresenta solo un problema giuridico ma la manifestazione di un problema sociale sempre più vasto. Il numero dei reati denunciati, infatti, non supera il 6% del totale di quelli effettivamente commessi contro le donne ed è evidente che gli avvocati chiamati ad occuparsene devono esprimere il massimo di competenza legale unita a una conoscenza approfondita del problema sociale che li genera e pronti a mettere in rete il loro sapere, per difendere e tutelare i diritti dei cittadini più deboli. Anche e, soprattutto le donne.
Patrizia De Rose, Capo del Dipartimento per le Pari Opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, una delle promotrici dell’iniziativa, ha sottolineato che dalla seconda indagine che l’Istat ha promosso, è emersa la necessità di compiere azioni mirate e di rivolgersi agli avvocati.
Il corso si rivolge a 80 avvocati delle regioni Calabria, Puglia, Campania e Sicilia e ha lo scopo di aggiungere anche una forma di “delicatezza in più” in presenza del processo per stupro che, come il caso dell’Aquila dimostra, non basta essere un buon avvocato ma è necessario anche affrontate le emozioni che questo genere di offesa comporta
L’ avv. Susanna Pisano, una delle due promotrici del progetto e Consigliere Nazionale CNF, ribadisce che sul territorio molti ordini di avvocati si occupano di violenza ma che non consente loro di formarsi se non episodicamente in queste materie cosiddette “povere” (perché non consentono parcelle rilevanti) del diritto. Investire in formazione di sistema attraverso le istituzioni consente, al contrario, agli avvocati, di ottenere una gratificazione professionale del proprio profilo. Inoltre una qualificazione di tale natura, è diretta a tutti giovani avvocati di non più di cinque anni d’iscrizione all’albo, consentendo maggiori prospettive d’ inserimento nel lavoro.
Molte sono le richieste per partecipare a questi corsi e l’anno prossimo si aggiungeranno le regioni del Piemonte, Lazio e Sardegna.
Rosalba Veltri, Direttore Generale dell’Ufficio per la Parità e le Pari Opportunità, la Comunicazione e gli Interventi Strategici del Dipartimento P.O. della Presidenza del Consiglio dei Ministri, altra promotrice dell’iniziativa, ribadisce l’importanza della prevenzione che passa anche attraverso la sensibilizzazione, non solo degli avvocati, ma soprattutto delle donne vittime e dei testimoni che devono comprendere l’importanza della denuncia. Per spezzare il silenzio esiste la necessità di stimolare le persone con attività di comunicazione. Per questo già dal 2009 è in funzione il numero pubblico 1522 . Quest’opera di sensibilizzazione è stata fatta con mezzi tradizionali, reti locali, nazionali, regionali affiancati da altri non convenzionali, come il numero impresso all’interno delle scatole delle pizze d’asporto, affissioni nelle stazioni, nella città; abbiamo inoltre promosso azioni nelle scuole e campagne informative sui social network. Dopo il lancio del numero abbiamo assistito ad un’ impennata di chiamate. Si evince quindi che un’ attività comunicazione è fondamentale se si pensa che i risultati sono stati di 162% in più di chiamate, 100 ogni giorno.
L’Avv. Antonella Anselmo del Comitato Se Non Ora Quando ha ribadito la responsabilità culturale dei media e dei codici pubblicitari mentre Teresa Manente, dell’Associazione Differenza Donna, associazione che raggruppa 107 centri antiviolenza , di cui 70 gestiti da donne, avverte sul rischio del momento del tentativo della conciliazioni tra le parti, in cui la donna diventa soggetto a forte rischio e in cui la violenza del partner aumenta spesso e purtroppo fino all’omicidio. Si evince dunque l’ importanza e l’urgenza di mettere in moto misure cautelari immediate.
La tavola rotonda si è chiusa, nel gran de interesse generale, con l’intervento dell’avv. Simona Napolitani, dell’Associazione Codice Donna, che a sua volta riferisce come spesso la donna da vittima divenga imputata in quanto spesso considerata la responsabile delle situazioni che avrebbero portato alla violenza.