di Cinzia Ficco
La storia di Roberto Lippolis e dei suoi tre bambini. Quando la legge sta dalla parte della donna.
“In Italia la spunta sicuramente la donna, se poi è anche potente sia finanziariamente, sia psicologicamente, allora è un dramma. Io vivo una guerra con due persone, madre e figlia. La mamma finanzia e incoraggia ogni nuova azione legale, ma soprattutto fanno un gran lavoro di squadra sull’educazione dei bambini”.
E’ la storia di Roberto L., pugliese, separato, con tre figli di 11, 9 e 7 anni.
Ci racconta la sua storia?
Dal 30 gennaio del 2004, per la disposizione del Presidente del Tribunale di Bari, posso vedere i miei bambini solo dalle 17 alle 19 del martedì e del venerdì, e a domeniche alterne dalle 10 alle 18. Ho diritto inoltre a 14 giorni in estate e 5 giorni durante le festività natalizie. Nelle udienze successive non c’è stata la possibilità di migliorare queste condizioni, in quanto la mamma si è sempre semplicemente opposta alle mie richieste. Ho ottenuto in 5 anni dal Tribunale, solo la possibilità di poter recuperare le ore di diritto di visita, perse per motivi di lavoro. Tale diritto è puntualmente negato dalla madre. Inoltre le poche ore insieme sono spesso negate per impegni dei bambini (palestre, feste con coetanei, o altro).
Pari opportunità negate?
Non credo si possa parlare di pari opportunità negate. Qui assolutamente non ci sono delle pari opportunità. Penso che in Italia una donna possa, soprattutto in presenza di figli, pensare e valutare con assoluta freddezza la sua scelta di vivere una nuova vita da sola o con un altro uomo. Non è assolutamente pensabile una analoga valutazione se sei un uomo. Nel mio caso, io ho dovuto subire la volontà della mia ex moglie, e comunque ho patito e continuo a subire oltre che ad innumerevoli tormenti psicologici, anche la privazione di una casa (nuova dove ho vissuto solo 5 mesi) e l’obbligo di un sostegno mensile che costituisce i 4/5 del mio reddito.
In Italia in caso di separazioni e divorzi la giustizia pende dalla parte delle donne?
Nel nostro Paese nel 98% delle separazioni i bambini sono affidati alla madre, anche in situazioni dove entrambi i genitori lavorano. Nei Tribunali molte situazioni vengono affrontate con dei protocolli, e con grande superficialità. Si cerca principalmente, e giustamente di salvaguardare i minori, ma in questa situazione, non capisco perché, si valuta sempre come il male minore, l’affidamento alla madre.
Perché tanti pregiudizi verso i padri?
Mi sono confrontato in questi anni con molti separati, sia in Italia che all’estero, e la situazione in Italia è davvero paradossale. In Italia si parte dal presupposto che il genitore non affidatario è un fastidio, ed un intralcio al regolare svolgimento della vita dei bambini e del genitore affidatario. Quindi le ore e i giorni del diritto di visita sono ridotti al minimo. Non credo assolutamente che nei Tribunali, o in Italia, ci sia la percezione di una generazione di padri più partecipi alla vita dei figli .
La spunta quasi sempre la mamma o la donna “potente”?
In Italia la spunta sicuramente la donna, se poi è anche potente sia finanziariamente e sia psicologicamente, allora è un dramma. Io vivo una guerra con due persone, madre e figlia. La mamma finanzia e incoraggia ogni nuova azione legale, ma soprattutto fanno un gran lavoro di squadra sull’educazione dei bambini.
Cosa pensa dell’affido congiunto?
Io non sto usufruendo ancora dell’affido congiunto, in quanto la nostra causa è ferma da più di due anni per l’inadeguatezza della seconda sezione del Tribunale di Bari. Ora sembra che finalmente ci sia un Giudice titolare, e a maggio, nella prima udienza dovrebbero darmi l’affido congiunto. Non credo cambierà molto la mia situazione, anche perché, si presuppone che nell’affido congiunto ci siano due persone in grado di confrontarsi sulla vita dei propri figli. Anche questa è una condizione che rende forte l’affidatario dei bambini. Se io non parlo con te, siamo in due a non dialogare, e quindi la mia volontà di cercare un dialogo, viene ancora una volta repressa.
Fa parte di qualche associazione di padri separati?
In periodi diversi ho seguito varie associazioni, facilmente reperibili su Internet, ma leggendo le vicende analoghe alla mia, tale consultazione non ha fatto altro che aumentare il mio stato di malessere. Inoltre vedo che l’unica vero aiuto è la commiserazione e l’incoraggiamento a tener duro.
Cosa spera?
La mia speranza più grossa è che cessi la spirale di bugie. Lei deve prendersi delle responsabilità in questa faccenda. Non può addossare a me delle responsabilità che sono sue. Non può pretendere che, avendo nei primi sette anni di matrimonio, investito tutte le mie risorse risparmiate in anni di lavoro e con l’aiuto di mio padre, queste costituiscano il nostro tenore di vita. Per cui la reale condizione economica le va strettissima. Spero tanto che riesca a lavorare seriamente, in maniera costruttiva. Anche perché il lavoro è soprattutto motivo di confronto, e lei non è particolarmente avvezza al confronto. Soprattutto vorrei che vivesse il rapporto con il suo nuovo compagno in maniera trasparente anche agli occhi dei bambini, per evitare confusioni. Io invece vorrei poter vivere la mia vita in funzione dei bambini, avendo però i bambini. Mi basterebbe poter fare le semplici azioni che un padre può fare in modo normale, come prendere qualche volta i bimbi da scuola, scegliere qual è l’attività sportiva che a loro piace e seguirli, fare soprattutto viaggi e scampagnate insieme senza l’assurdo impiccio degli orari.
Un messaggio a sua moglie
….e se l’educazione di tua madre fosse stata sbagliata?
Ma i giudici tengono conto dei desideri e dei sentimenti dei bambini quando emettono una sentenza?
Il più grande dei miei bimbi ha 11 anni, e quindi è presto per essere ascoltato. Loro sono stati ascoltati dal tribunale dei minori, per una delle varie, e infondate, denunzie fatte dalla madre. Non credo che in faccende come la nostra i bambini abbiano la possibilità di parlare, e comunque la volontà dei bambini è quella di vivere tranquilli.
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Link utili:
http://www.padriseparati.it/nuovo/1/basemenu1.asp
http://www.papaseparati.it/
4 commenti
Pingback: Parità? Nessuna per i padri separati. | Violenza di Genere
Consiglierei di leggere quest’articolo della Sacchi..http://27esimaora.corriere.it/articolo/divorzio-allitaliana-ecco-perche-e-bene-per-tutti-che-le-donne-lavorino/
”
3) A causa del divorzio gli uomini diventano poveri?
Se guardiamo i numeri, la risposta è no.
Quando una famiglia “normale” si rompe diventa necessariamente più povera perché vengono meno le economie di scala (le case da mantenere diventano due, etc) e si impoverisce a maggior ragione in questi anni di crisi economica. Questo è un dato indubbio del quale bisogna tener conto: le persone separate/divorziate rappresentano il 12,7% delle persone che si rivolgono ogni anno alla Caritas Italiana. La metà di loro (50,9%) ha problemi di povertà. Il 13% vive con figli minori.
Ma se (purtroppo) si deve guardare su chi ricadono nella media i danni, “certamente esistono padri in gravi condizioni, ma i dati Istat ci dicono che sono le donne sole e con figli separate/divorziate le persone a maggior rischio di povertà e non lo afferma solo l’Istat ma anche altre ricerche”, come dice Linda Laura Sabbadini, direttore di dipartimento Istat.
I dati Istat sull’incidenza di povertà relativa del 2010 dicono che tra gli uomini separati e single è povero l’1,6%, dato che cresce al 3,5% tra le donne single separate. Il dato esplode in presenza di figli: le donne monogenitore sono povere nel 10,4% dei casi, dato che sale al 15,4% se il figlio è minorenne. Per gli uomini il dato statistico di povertà è in molti casi non significativo.
Prendiamo un’altra fonte: la Caritas Italiana. Del 12,7% di separati/divorziati che chiede aiuto alla Caritas, il 66,5% è donna, il 33,5% è uomo e “non ci sono modifiche significative nel tempo di questo rapporto”, dicono all’Ufficio studi dell’organizzazione pastorale della Cei (Conferenza episcopale italiana), sottolineando che
“noi non riscontriamo il fenomeno dei padri separati che ricorrono alla Caritas così come viene descritto.
Ci sono casi eclatanti che colpiscono, ma i numeri dicono una realtà diversa. Il punto – proseguono all’ufficio studi – sta probabilmente nel fatto che la donna separata riesce ad avere maggior accesso al welfare e alla rete della solidarietà, mentre i padri riescono meno e quindi ricorrono a forme più estreme”.
Su questo punto concorda anche Maglietta. “Ci sono casi di grossi sacrifici da parte dei padri, ma vedo tante più donne separate in difficoltà per il disinteresse dei padri nei confronti dei figli. Sono padri che fanno male a tutti, anche a chi vorrebbe una legge più equilibrata sull’affidamento dei figli, e inducono la magistratura a scelte sbagliate”. Maglietta stima nel 15% delle separazioni giudiziali la categoria dei padri emarginati, “il restante 85% è ben contento di fare il padre assente”.
Vittorio Vezzetti, medico e presidente di Adiantum, l’Associazione delle associazioni nazionali di tutela dei minori (dai Papà separati alle Mamme separate a Figli per sempre) ribatte, però, che “facciamo anche che siano il 10% del totale, si tratta sempre di 140-150.000 genitori massacrati dai Tribunali italiani. Quanto ai molti padri assenti, noi siamo per inasprire le sanzioni per chi si dilegua”.
Il vero discrimine, secondo Vezzetti, è nella casa (e questo ci ricollega al punto 4): “Con la separazione donne e uomini entrano in crisi economica. Ma l’emergenza abitativa – soprattutto nelle realtà urbane – colpisce solo gli uomini”. La soluzione, per Vezzetti, è nel cercare di recuperare potere economico per entrambi con una diversa gestione dei figli: non più il collocamento prevalente accompagnato dall’assegno di mantenimento ma l’alternanza del figlio presso i genitori, metà tempo dalla madre e metà del padre che direttamente provvedono alle sue necessità. Assicurando in questo modo ai figli due genitori “interi”. ”In Francia – prosegue Vezzetti – il 24% dei minori ormai vive in alternanza tra i due genitori e sta meglio di altri, è più socievole, più adattabile. Molti Paesi hanno adottato i tempi paritetici, oltre alla Francia, per esempio anche la Germania e la Svezia”.
Sul punto della povertà dei padri, Chiara Saraceno ha una visione netta. “È vero – dice – che c’è una minoranza di papà separati non abbienti per i quali la separazione produce dei costi e diminuisce il tenore di vita solo per il fatto di pagare l’affitto perché la casa è rimasta alla moglie perché lì abitano i figli . Ma oggi nei Tribunali si vede solo il flusso che esce dalle tasche dei padri e non si vede l’inadeguatezza di ciò che entra in quelle delle madri e non per cattiveria dei padri. Spessissimo i giudici sono più simpatetici nei confronti di un padre piuttosto che interrogarsi sull’altra parte, i bambini mangiano tutti i giorni. È una guerra tra poveri, ma proprio perché la donna a volte ha lasciato il lavoro e ha dedicato più tempo alla famiglia che non al lavoro, la sua capacità di lavoro è diminuita: è la persona con lo stecchino più corto”.
Sull’emergenza abitativa, un dato Istat 2010 che può essere utile: il 15,4% degli uomini separati/divorziati che sono tornati nella famiglia di origine sono poveri, per le donne il dato sale al 17,5%. Si tratta, per entrambi i sessi, di valori superiori alla media. Passiamo, così, al punto successivo: la casa.”
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