di Cristina Obber
Una convivenza forzata e non bene accetta che ci insegue per tutta la vita.
Tra i 30 e i 40 anni, nelle cenette tra donne, si finisce col parlare di uomini.
Fidanzati, ex fidanzati, mariti o ex mariti, colleghi, amici, rimorchiatori da autogrill, chitarristi con cui flirtare in un locale underground, fruttivendoli brillanti che ti caricano la spesa in auto (lo faranno anche quando ne avrai veramente bisogno??), lavavetri al semaforo con occhi vivi, rappresentanti di aspirapolveri, dentisti.
Dopo, e per un bel po’, di uomini si comincia a parlare più distrattamente, e il più delle volte con una certa sufficienza. Si spiattellano le analogie nei difetti e le manchevolezze, si confrontano equilibri ma soprattutto squilibri di coppia, su cui si sospira e si sorride.
Dopo, e per un bel po’, tra i 40 e 50 anni, si finisce col parlare di ormoni.
Tra l’ antipasto e il primo si passa dalle ricette alle intolleranze alimentari, per scivolare durante il secondo verso rughe ed emicranie, e ritrovarsi al dessert a puntualizzare sui dettagli di un attacco d’ansia, elargire consigli per contrastare la sudorazione, confidare in rimedi omeopoatici per i dolori muscolari e i ritardi del ciclo.
Al caffè si parla di sbalzi d’umore.
Per scoprire che gli attacchi isterici o depressivi con i quali ci rendiamo insopportabili ai nostri familiari non dipendono da noi, che non siamo né più stronze né più stanche.
Siamo semplicemente in balia degli ormoni, microscopici esserini in circolo nel nostro corpo ai quali ci dobbiamo rassegnare.
Dopo anni di lotte per l’emancipazione, dobbiamo imparare a soggiacere.
Ma non è solo questo che ci turba.
Questi nuovi compagni di avventure e sventure, sembrano assumere personalità propria, per confonderci, destabilizzarci, inquietarci.
E noi li detestiamo. Perché?
Perché detestiamo convivere con qualcuno più capriccioso di noi!