di Cinzia Ficco da Tipi Tosti
Il mio lavoro? Un servizio alle vittime della mafia”
Voleva fare la giornalista sin da bambina. L’aveva chiesto persino ad una stella cadente, una sera. Oggi è una scrittrice, una fotoreporter ed una giornalista professionista di successo, nonostante abbia un figlio tanto piccolo e venga dal profondo Sud. Merito della sua risolutezza e della sua sensibilità, che facilmente riscontri, se la domenica alle 10,32 si sintonizzi su Radio 1. A quell’ora c’è lei, Francesca Barra, che, da due anni, conduce un programma, dal titolo: “La bellezza contro le mafie”.
Nata a Policoro nel ’78, si è fatta conoscere per un libro, pubblicato l’anno scorso da Rizzoli, dal titolo: “Il quarto comandamento”, un saggio sulla vita del giornalista Mario Francese, che osò sfidare la mafia, e di suo figlio Giuseppe, che gli rese giustizia.
Francesca, però, all’attivo non ha solo questo lavoro. Nel libro corale “Non è un paese per donne”, edito da Mondadori, ha raccontato la sua esperienza di vita con donne senzatetto. Fra un mese uscirà il suo nuovo libro “Giovanni Falcone – un eroe solo”, edito da Rizzoli. Ha pubblicato inchieste sul settimanale Sette e lavorato a La7, conducendo vari programmi, e per sky. Gira l’Italia con la sua compagnia teatrale e lo spettacolo “Storie di donne non ordinarie”. Racconta storie e, soprattutto, per non consumarle soltanto, le vive sul blog de l’Unità: http://un-ora-nella-vita-del-mondo.comunita.unita.it/
Insomma, parecchi impegni. Sarà difficile starle dietro!
Sì, ancora oggi è impossibile stare dietro ai miei spostamenti, ma mai al mio modo di agire.
E cioè?
Sono molto più semplice di quanto appaiano la mia vita, i miei impegni.
E’ sempre stata così tenace e testarda? Non si è mai lasciata travolgere da momenti di delusione, stanchezza o atteggiamenti poco incoraggianti?
No, non ho mai dato retta a nessuno che volesse scoraggiarmi. Avevo in testa il desiderio di fare la giornalista e non mi sono mai arresa. Sentivo dentro un battito d’ali. Ho solo liberato la mia natura e l’ho assecondata. Sognavo di diventare scrittrice come Jo March di Piccole Donne. Scrivevo da piccolina racconti con la macchina da scrivere dei miei.
Viene dal Sud, è una donna, molto giovane ed è approdata a Radio 1. Qualcuno può malignare e dire che nella sua carriera avrà accettato compromessi e beneficiato di qualche aiuto.
Nessun maligno e nessuna voce di questo genere, perché non è la prima cosa che ho fatto. Quell’incarico è arrivato dopo anni di duro lavoro, gratificazioni e prove della mia dedizione al lavoro. L’ho proposto alla Rai. Volevo un programma che non facesse prevalere me, soggetto, ma l’oggetto, il contenuto, in cui potessi mediare fra alti interlocutori e persone comuni. Ci sono riuscita.
Secondo lei una donna del Sud, mamma, che voglia fare la giornalista, ma che non tenti, è solo pigra?
Qualsiasi donna che è anche mamma che lavora, che provenga da qualsiasi regione, nord o sud o centro senza distinzione, ha il diritto di essere sostenuta da familiari, leggi e datori di lavori. Il senso di colpa non deve prevalere perché la qualità è più importante della quantità e un figlio felice è il frutto di una mamma felice.
Ma come fa a conciliare la famiglia e un lavoro così assorbente? A cosa rinuncia?
La mia giornata è composta da un tempo infinito di ore e opportunità. Mi sveglio e accompagno la mia famiglia con il cagnolino a scuola. Facciamo colazione insieme. Poi scrivo sempre. Con il cellulare, la penna, mentre cammino, mentre sono in treno. Mio figlio è una priorità e spesso, pur di farmi trovare all’ora di cena e cucinare per loro, rientro in giornata anche dopo viaggi lunghi. Se, invece, sto fuori per alcuni giorni, recupero al rientro. Stacco e mi dedico alla mia famiglia in modo completo. Mio figlio a scuola ha detto alla maestra che io non lavoro. Vuol dire un cosa: il tempo che gli dedico è talmente ricco, che non si accorge del resto.
Quanto si sente tosta da uno a dieci?
Più che tosta, mi sento risolta, soprattutto perché non rinuncio agli amici, alle cose in cui credo, a telefonare tutti i giorni alla mia mamma, ad andare a trovare mia nonna, ad insegnare a mio figlio ad andare in bicicletta, a guardare una serie televisiva con mio marito, pur facendo il lavoro della mia vita. Quello che sognavo: etico e bellissimo.
Immagino serva tostaggine per condurre un programma sulle mafie. Come è nata l’idea e quanto tempo fa?
L’idea nasce dalla rabbia contro l’audience che spesso seleziona gli argomenti, escludendo molte storie.
Il suo programma si intitola: “La Bellezza contro le mafie”. Ma di quale bellezza parla?
Con il mio programma voglio dimostrare che la bellezza, quella citata da Peppino Impastato e riportata nel titolo, è nella resistenza, in quei nomi, nel lavoro delle gente onesta, nei territori che sono conosciuti solo per episodi di cronaca, ma che hanno bisogno di essere rivalutati. Il mio programma, in onda da due anni, ha raccontato più di mille storie. E’ un servizio pubblico senza precedenti. Devo essere grata al direttore per aver creduto in me.
<continua>