di Caterina Della Torre
Il 3D per questo nuovo film di Martin Scorsese era la tecnica più adatta. E che gli è valsa 5 Oscar. Vengono usate tutte le più moderne e raffinate tecnologie digitali e stereoscopiche.
Avventura, sogno, immagini di una Parigi lontana e vicina, si rincorrono fino a farti dimenticare che sei un adulto e quello che stai guardando è in un film, non sei tu.
Tratto dall’omonima graphic novel di Brian Selznick Hugo Cabret è la storia di un ragazzino orfano che vive in una stazione ferroviaria parigina negli anni ’30 facendo quello che sa fare meglio: l’orologiaio in erba. Dopo essersi imbattuto in un macchinario da ricostruire, Hugo entrerà in contatto con un misterioso gestore di un negozio di giocattoli (George Melies — interpretato dal Premio Oscar Ben Kingsley), finendo risucchiato in una magica avventura.
Emozioni, buoni propositi, storia della parigi che si è ricostruita dopo la guerra ma ha lasciato tante macerie dietro di sè, non ultime quelle dei sogni infranti di un produttore della preistoria cinematografica che con la guerra ha visto morire le proprie ambizioni ma anche un po’ se stesso.
La sua vita viene riscattata dalla curiosità temeraria e tenace di un orfano (Hugo Cabret) che facendo tesoro delle parole del padre morto, non rinuncia al proprio ruolo nella vita. Come gli ingranaggi di una macchina: tutti serviamo a qualcosa. Per fare del bene a se stesso fa del bene anche al vecchio cineasta.
Diretto Da: Martin Scorsese
Cast: Asa Butterfield, Chloe Moretz, Christopher Lee, Jude Law, Sacha Baron Cohen, Ben Kingsley tratto dal romanzo: ”La straordinaria invenzione di Hugo Cabre” di Brian Selznick.
Sito ufficiale: www.hugomovie.com
1 commento
Grande film, meravigliosamente anacronistico
Nell’era dell’”usa e getta”, in cui nulla vale la più la pena di essere aggiustato, un bambino dagli occhi spalancati sul mondo, sopravvive grazie all’ostinazione del riparare.
E’ un film che celebra l’artigianato, anche delle relazioni umane, dove bisogna ostinarsi all’altro perché la ferita possa essere curata, perché i margini del dolore possano prima o poi richiudersi.
Un film sull’attaccamento ad un progetto, anche impossibile. Un film sul tempo come ingranaggio che non puoi stravolgere, ma devi oliare, di cui devi prenderti cura.
E all’artigianato, che chiede una temporalità calma e accurata, si unisce la sollecitudine nei confronti dei rapporti umani, anch’essi bisognosi di lentezza e attenzione. Perché una piccola crepa non si trasformi in lesione insanabile, ci vuole uno sguardo che giornalmente, come quello di Hugo, passi in rivista gli ingranaggi degli orologi e li sincronizzi, un reiterato lavoro quotidiano, routinario ma fondamentale perché gli umani possano trovare una minimo di sintonia comune.
In questo il cinema ci insegna che il tempo diviene magia quando è inscritto su una pellicola, ma anche che ogni magia ha bisogno di attenzione, dedizione e memoria. Di tempo, appunto.