Una vecchiaia negata dalla donna, l’uomo che resiste al cambiamento.Di questo ed altro parla in questa intervista Iaia Caputo, nota giornalista e scrittrice di saggi e racconti (il primo sulle donne lo ha scritto nel 2009: Le donne non invecchiano mai).
Sei una giornalista conosciuta che ha attraversato molte esperienze redazionali femminili. Anche Marina Piazza ha di recente scritto un libro sull’età matura. (L’Età in più). Le donne invecchiano meglio degli uomini?
Non direi che invecchiano meglio, anzi, da quando questa età è così tanto problematizzata se non negata, e comunque combattuta con ogni rimedio, dalla medicina all’estetica, proprio le donne sono le più condizionate dall’imperativo categorico del divieto di diventare vecchie. D’altra parte, in un paese dove il valore delle donne è stato decisamente non riconosciuto, nel quale la nostra età non gode di alcun apprezzamento in termini di status, esperienza, fascino, è ancora più difficile che altrove. Tuttavia, è vero che per quante donne vivano male il tempo che passa, altrettante, mi sembra più e meglio degli uomini, sappiano interrogarsi sul senso delle diverse età della vita, riuscendo a reinventarsi a trovare nuovi motivi di interesse e di entusiasmo, dimostrando di saper anche godere di quel che il tempo regala. E alle donne il tempo regala il tempo: sembra paradossale, ma con i figli che crescono, minori impegni di lavoro, si riguadagna tempo per sé, e non è un dono da poco.
Il loro ciclo biologico terminato con la menopausa non le priva di vitalità e creatività? Come è cambiata la ‘’nuova donna’’? Non più solo mamma e nonna?
Sulle donne italiane, come è noto, gravano ancora troppi compiti di cura, non solo domestici, ma anche invecchiando si trovano alle prese con genitori anziani da accudire o con i nipoti da crescere. E che siano donne che hanno lavorato e lavorano, magari anche alle prese con professioni importanti, non cambia molto. La mancanza di welfare viene pagato interamente da noi, a qualunque età. Però, se le nostre madri o nonne, con la menopausa si consideravano delle anziane, anche per le aspettative di vita che sono enormemente e rapidamente cresciute, oggi pensiamo a una cinquantenne come a una donna che è ancora nel pieno della vita, professionale, affettiva, sociale. E in realtà, se la salute non ci tradisce, non si smette mai di fare progetti. Magari non più a lungo raggio, piccoli, ma ci accompagnano fino ad età avanzate. Quante donne ultrasettantenni imparano a usare il computer o, rimaste sole, cominciano a viaggiare o a godere dei piccoli e grandi piaceri della vita?
Passiamo agli uomini. Hai dedicato un libro anche a loro con ‘’Il silenzio degli uomini’’. Su cosa ti interroghi? Sull’uomo in crisi o sul fatto che l’uomo non cambia mai?
Su entrambi i fenomeni: la resistenza al cambiamento è una delle cause di una crisi drammatica del maschile. Che certamente arranca rispetto ai cambiamenti enormi di cui sono state protagoniste le donne. Ma siamo in presenza di fenomeni contradditori: da una parte uomini profondamente trasformati e dall’altra uomini che non ne vogliono sapere. Diciamo che a questo punto una profonda riflessione sulla propria identità per gli uomini è ineludibile, basta pensare a quanto sono cambiati i rapporti di forza tra i generi, ma l’impressione è che questa riflessione stenti ad arrivare, più che mai dal punto di vista di un discorso pubblico.
Gli atti di violenza femminicida sono il risultato della sua impotenza?
Il copione del femminicidio è ormai, tragicamente, sempre uguale a se stesso: chi uccide è un uomo che è stato lasciato da una moglie, da una fidanzata, da un’amante, cioè da una donna che diceva o immaginava di amare. Naturalmente, i vissuti dell’abbandono sono sempre di dolore, smarrimento, frustrazione; lo sono anche per questi uomini, ma incapaci di dire il dolore, lo smarrimento, la frustrazione, l’unico sentimento che riescono a sentire è la rabbia. Uccidono nella folle pulsione di sancire un possesso defitivo, ma in realtà il loro è un gesto di impotenza di fronte alla libertà e alla autiderminazione femminile che non possono più fermare o ostacolare.
Come possiamo cambiare una società così maschilista come quella italiana? Cosa contribuisce o ha contribuito a crearla e rafforzarla ? La chiesa, una latinità esasperata, il mammismo italiano, il passato storico?
Le ragioni che spiegano la misoginia italiana meriterebbero un altro saggio: vengono da lontano, sono complesse e di difficile lettura. Ci siamo ritrovati a vivere in un paese arretrato che il ventennio berlusconiano non ha aiutato a evolvere. I dati sono drammatici: solo il 46 per cento di donne occupate, il 20 la percentuale di donne in Parlamento, una scarsissima rappresentanza in politica, nelle istituzioni , in generale nei luoghi dove si decide, a cui va aggiunta la mancanza di welfare, l’assenza di meritocrazia, e una penosa rappresentazione reale e simbolica delle donne da parte dei mass media e della pubblicità. Partiamo con enormi svantaggi rispetto al resto d’Europa. Ma, come dico sempre, abbiamo il dovere della speranza: basta pensare a quanto il quadro politico sia cambiato in pochi mesi. Naturalmente non ci sono ricette, ma certo bisogna partire con il riequilibrare la nostra presenza nel paese, premiare i talenti femminili, mettere in circolazioni modelli di donne reali, autorevoli e positivi.
Iaia Caputo è nata a Napoli (1960) e vive a Milano. È stata a lungo giornalista; ha collaborato con Il Mattino di Napoli, con la Rai e con diverse testate giornalistiche nazionali. Redattrice di Marie Claire per dieci anni, si è poi occupata di libri, come titolare della rubrica per Flair, e scrivendo per Il Diario, Il Mattino, e per D. di Repubblica. Ha pubblicato diversi saggi, tra cui Mai devi dire, sul tema degli abusi sui minori in famiglia, Conversazioni di fine secolo, una raccolta di interviste a scrittrici italiane e straniere; Di cosa parlano le donne quando parlano d’amore, e il romanzo Dimmi ancora una parola (Guanda) Da settembre 2009 è in libreria il suo nuovo saggio, Le donne non invecchiano mai (Feltrinelli): un saggio sul tema del tempo e dell’esperienza di invecchiare, tra nuove libertà ed eterni stereotipi, arrivato alla quarta ristampa. Da alcuni anni svolge come libera professionista la professione di editor di narrativa italiana.