di Rita Cugola
I mille volti della violenza sulle donne
E’ curioso: a parte qualche sporadica eccezione, sembra che la tv d’informazione non ami dedicare troppo spazio al famigerato fenomeno del femminicidio. Un fenomeno in crescita, se dall’inizio dell’anno le donne uccise sono già quarantasei. Media per sfuggire a una scomoda realtà, che non può certo esaurirsi in sterili parole raccolte nelle solite frasi di circostanza. Credo invece che si tratti di una manifestazione di impotenza nei confronti di qualcosa che esula da qualsiasi volontà.
Impossibile esprimere adeguatamente l’orrore per fatti scellerati che sconvolgono la civiltà, scuotono le coscienze, uccidono le donne e offendono quegli uomini ancora degni di essere considerati tali.
Del resto, nel corso dei secoli e con ampi margini di variabilità tra un punto e l’altro del pianeta – complice le diverse culture locali – il maschio dominatore ha sempre dimostrato di avere molta fantasia in materia di soppressione femminile.
In molti casi non è necessario arrivare all’omicidio vero e proprio (o – per usare un neologismo creato ad hoc – al femminicidio) per annientare una donna. Basta semplicemente negare la sua esistenza. E ciò può avvenire in svariati modi.
Nel Medioevo bigotto e punitivo, schiavo com’era di una religiosità distruttiva, era sufficiente formulare un’accusa di stregoneria – vera o falsa poco importava – per vedere una donna “scomoda” finire sul rogo con il beneplacito della “Santa” Inquisizione.
I tempi sono cambiati e le streghe non sono più arse vive, ma la persecuzione di genere non si è arrestata.
In alcune zone rurali dell’Estremo Oriente le bambine in quanto “femmine”vengono eliminate subito dopo la nascita e talvolta sono persino seppellite ancora vive. Altrove, in Africa e in certi paesi islamici le donne continuano a subire mutilazioni genitali atroci che hanno il solo scopo di assicurare all’uomo il dominio completo sul loro corpo mediante la certezza di aver così cancellato anche la minima traccia di vita sessuale.
In India (ma non solo) vige il costume abbastanza diffuso tra popolazione maschile di vendicarsi di mogli, fidanzate, sorelle o figlie considerate irrispettose ricorrendo alla potenza distruttiva dell’acido muriatico.
E ancora: non è un segreto che in Albania esistano donne costrette a rinunciare alla propria femminilità e ad adottare abiti, comportamenti e talvolta addirittura parvenze fisiche virili per poter sopravvivere in un contesto sociale ostile al genere femminile.
Poi esistono naturalmente le donne stuprate, picchiate, minacciate, svilite, psicologicamente distrutte o semplicemente inesistenti, ridotte a fantasmi ambulanti invisibili dietro un burqa.
La lotta contro la violenza maschile non si esaurisce nel solo contrasto della furia omicida a cui le cronache odierne ci hanno abituato e con la quale ci troviamo purtroppo a dover forzatamente convivere. No. La battaglia a favore delle donne deve e può essere combattuta a 360 gradi, perchè ciò che quotidianamente continua ad avvenire nel mondo, lontano dai nostri occhi e dalle nostre orecchie è una tragica realtà che va fatta emergere e deve essere rovesciata. E’ questo l’obiettivo prioritario cui rivolgere la nostra attenzione nel XXI secolo.
Rita Cugola, milanese del ’59.
Giornalista. Attualmente collabora con il quotidiano “Il Fatto” e ha lavorato per il mensile “SpHera” (ora chiuso), occupandosi, rispettivamente, di mondo islamico (immigrazione, problematiche politiche e sociali) e di egittologia, ermetismo, filosofia. Il suo blog http://rita-madwords.blogspot.it/
2 commenti
Cara Rita, io ho una mia teoria che si può sintetizzare telegraficamente in quattro punti. Non se parla perché: 1- invece che come fenomeno sociale grave da risolvere, lo si inserisce nei fatti di cronaca e, come tale, è detto e dimenticato alla pari delle condizioni metereologiche che meritano tutt’al più un’attenzione numerica con riferimenti all’anno prima o all’anno dopo; 2- se è vero che gli autori sono maschi, le loro madri sono femmine; 3-fa troppo male e pertanto lo si allontana da sè; 4-lo si minimizza storicizzandolo, che sembra un assurdo ma è così: lo si è sempre fatto solo che adesso se ne parla!
Sono d’accordo, ma credo che la ragione sia ancora più nascosta e profonda. Forse da’ fastidio ammettere che in una società ritenuta moderna, civilizzata, democratica la mentalità generale sia in fondo rimasta saldamente ancorata a tradizioni arcaiche, legate alla lotta per la supremazia maschile che non lascia molto spazio all’iniziativa femminile. Inoltre, troppe donne persistono tuttora nell’errore di un’eccessiva sottomissione al potere dell’uomo, accettando come “inevitabile” (e di conseguenza “tollerabile”) qualsiasi sua manchevolezza. Se è vero che gli uomini temono di perdere terreno sul piano dell’autorità, è altrettanto evidente che le donne dovrebbero finalmente considerare come assioma il fatto di non essere individui di serie B. Purtroppo questo non è un argomento che si esaurisce in poche righe e avremo certo modo di riparlarne in seguito.