da Gi.U.Li.A. giornaliste
di Elisa Di Salvatore
GIuLiA ha fatto i conti: la nuova legge rivoluzionerà il gotha del capitalismo italiano. L’on. Mosca (prima firmataria): ma non c’è il decreto attuativo…
Il mondo dell’economia non è così miope come ancora purtroppo appare quello della politica, rispetto alla necessità del riequilibrio di genere nella governance del Paese. La legge “sulle quote rosa nei CdA”, che sarà operativa solo fra qualche mese, sta per cambiare l’immagine del gotha del capitalismo italiano. Non vedremo più tavoli di soli uomini in grigio, ma altri colori indosso alle tante donne che verranno a sedere loro accanto…
Non è stata certo la nuova gamma dei colori ad indurre gli esponenti più illuminati dell’imprenditoria a sostenere l’iter di questa norma, bensì i migliori profitti realizzati, anche nella crisi, dalle società con donne presenti nei board, come hanno evidenziato ricerche europee e di oltreoceano. La forza immediata dei numeri può dare un’idea della rivoluzione che sta andando a determinarsi: oggi i componenti gli organi di guida delle 261 società quotate sono 2600, gli uomini sono il 93,7% pari a 2413 unità contro 187 donne, cioè il 7,19%. Negli organi di controllo sono complessivamente 895, di cui 839 uomini (93,74%) e solo 56 donne (6,26%). Per raggiungere col primo rinnovo la quota del 20% bisognerà nominare rispettivamente 431 donne nei CdA e 220 in quelli di controllo. E per arrivare al 30% nei successivi rinnovi se ne aggiungeranno rispettivamente altre 333 e 30 per un totale complessivo 1257 donne.
Una fotografia altrettanto colorata uscirà dopo il rinnovo dei CdA di tutte le municipalizzate del Paese “a cui finora è stata data scarso risalto” sottolinea l’on. Alessia Mosca (Pd) firmataria della proposta legislativa, insieme all’on. Lella Golfo (PdL) – “ma che a regime porterà nei posti di vertice circa 6000 donne”. Una iperbole numerica, una rappresentazione sinora mai andata in scena in Italia, tanto da collocarci oggi al 29esimo posto sui 33 Paesi censiti dalla Commissione Europea. Manca ancora un tassello però per l’ingresso delle donne in queste società partecipate dalle amministrazioni locali: un decreto attuativo, non ancora emanato nonostante termini già scaduti da alcuni mesi.
Un regolamento che non serve per alcuni comuni, come Milano dove il Sindaco Pisapia, anticipando di molto la legge, si è impegnato ad inserire nei CdA delle municipalizzate un numero paritario di donne e uomini. Per gli altri servirà sicuramente e per sollecitarne l’emanazione l’on. Mosca ha rivolto una interrogazione al Premier Monti, calendarizzata per l’inizio di marzo, in cui chiede di completare le modalità attuative della norma e che possano anche contemplare uno strumento per il monitoraggio e la vigilanza sull’applicazione della legge. “Sarebbe un segnale importante – scrivono nella lettera indirizzata a Monti e Fornero, le deputate Mosca e Golfo- “che il Ministero dell’Economia ne anticipasse l’applicazione, prevista a luglio 2012, inserendo nella prossima tornata di rinnovi il 20% di donne nei CdA delle società partecipate dallo Stato come la Rai spa,’EUR spa, EXPO spa, GSE spa e Arcus spa; un atto di moral suasion perché anche le società private anticipino l’ingresso delle donne negli organi di direzione di prossima scadenza”.
Queste “quote rosa” hanno suscitato consensi ma anche forti critiche da parte di chi le vede solo come strumento di tutela per “la riserva dei panda” ossia le donne e non premianti il merito. Accuse che vengono respinte da chi questa legge l’ha voluta, intanto perché è operativa e funziona già da tempo in altri Paesi come Norvegia, Svezia, Finlandia, Spagna, Francia e Regno Unito e da noi, causa l’immobilismo e l’arretratezza culturale, è rimasto l’unico strumento per contrastare e superare i pregiudizi imperanti verso le donne. Inoltre la creazione di comitati indipendenti di nomine, come già realizzato all’ENI, potrà accrescere complessivamente le qualità professionali di tutti, donne e uomini. “Si tratta di uno strumento transitorio e temporaneo – ribadisce l’on. Mosca – che durerà per soli tre mandati”, abbastanza per modificare l’ambiente culturale e finalmente avere ai vertici di tutti i settori del Paese alte percentuali di donne, senza più considerarla un’anomalia.