di Daniela Accurso
Un dolore che non appartiene al corso della Natura, la morte di un figlio.
E la sopravvivenza di due genitori che devono continuare a vivere, parlare,sorridere, dormire , mangiare. La rassegnazione prende il sopravvento. Lo strazio lascia il posto alla sorda- assurda mancanza, attraverso una lenta tortura dell’anima e della mente, il cuore è lacerato. E non si riprenderà mai piu’.
Questa riflessione è scritta da una mamma, Gisa, 62 anni, che ha perso il suo primogenito, Andrea, a causa di un tumore.
Calvario dopo calvario, Andrea è spirato a 30 anni, ma i medici che l’hanno seguito in un percorso terapeutico sperimentale non sono stati vicino psicologicamente a questa famiglia.
I malati sono dati indispensabili per le statistiche? Sono casi da studiare per fare poi le comparazioni con altre esperienze cliniche? Oppure il numero di affetti da tumore cresce in maniera così esponenziale che non c’è tempo di soffermarsi per una parola, una telefonata, un conforto da parte degli operatori sanitari è pressocchè impensabile?
A voi , se ci riuscite, la risposta.
“Ogni individuo ha diritto ad essere trattato come persona nel significato profondo del termine,come essere capace di provare sentimenti, stati d’animo, emozioni. Spesso nella realtà ciò non accade,diventiamo gente e nel peggior caso numeri. E allora ci si sente smarriti , specie se accade quando sei più fragile e quindi indifeso. Andrea,mio figlio,é morto il 7 luglio per un glioblastoma.
E’ stato seguito all’ospedale Bellaria di Bologna, reparto oncologico, per 3 anni. Poi il precitare del male, l’intervento chirurgico,la sentenza ed il giorno successivo ad essa, il 2 maggio, le dimissioni tra la massima indifferenza. Dovevamo toglierci di torno,il caso clinico era chiuso, la malattia non più aggredibile. Subito via,meglio eliminare dalla vista l’ “oggetto” della sconfitta a cui il più delle volte la malattia porta. L’umanità?…un’altra storia. Poi silenzio. Il 6 ottobre ricevo una telefonata da una assistente del reparto oncologico, mi si chiede come sia finita…dopo 5 mesi! Non certo per interesse per il malato, dato i tempi, ma per la malattia,per la statistica. Sarebbe stato meglio telefonare al medico curante, no ? Andrea è diventato un numero, io mi sento un numero.”