di Caterina Della Torre
In un mondo di adulti che invecchiano e non possono lasciare lo scettro ai giovani. E allora questi che fanno? Si creano una propria realtà. Solidale.
Come ha fatto Selene Biffi con la Youth Action for Change , la prima organizzazione a livello mondiale per giovani e gestita da giovani, che fa formazione, in rete, in campi diversi: dai diritti umani allo sviluppo sostenibile, dalla partecipazione giovanile ad altro ancora. E qual’è lo strumento adottato? Il web, con corsi, dialoghi con esperti, campagne specifiche e networking.
Oggi la Yac premiata dal Consiglio d’Europa con il World Aware Education Award raggiunge giovani in 120 diversi paesi, il 95 per cento in via di sviluppo.
Brainzola ventiquattrenne, laureata alla Bocconi, ci racconta la sua avventura, cominciata con 150 euro di capitale, come lei stessa racconta.
Come è nata l’idea e come è partita?
YAC è un’idea cha nasce dalla mia partecipazione al’International Youth Parliament, un’iniziativa di Oxfam International che riunisce giovani con idee sociali innovative e d’impatto ogni tre anni circa. L’idea con cui ero stata invitata a partecipare era inizialmente molto diversa da quella che è YAC oggi: volevo infatti creare un sito web che raccogliesse informazioni circa opportunità per giovani all’estero (eventi, borse di studio, programmi vari…), in quanto la partecipazione dei ragazzi italiani è sempre stata molto limitata, proprio perché queste informazioni non sono mai state facilmente reperibili. Arrivata al Parlamento però, mi sono resa conto che c’erano tantissimi ragazzi che, come me, volevano fare qualcosa per migliorare la loro comunità, ma che non avevano idea di dove poter cominciare. Contemporaneamente c’erano giovani che avevano già esperienza in vari ambiti nonostante la giovane età – project management, pr, diritti umani e altri – e ho quindi deciso di cambiare la mia idea iniziale con la creazione di un network che permettesse ai ragazzi di tutto il mondo di scambiarsi strumenti e conoscenze per poter lanciare piccole iniziative di sviluppo a carattere locale. Abbiamo iniziato le nostre attività nel 2005 con un corso ondine sullo Sviluppo Sostenibile, offerto – come tutte le nostre attività a oggi – in maniera totalmente gratuita.
Credi che i giovani, la nostra società abbiano bisogno di un nuovo inizio?
Credo che sia importante incoraggiare i giovani ad esprimere il proprio potenziale, a prescindere dal loro campo di interesse. Si vedono sempre esempi in negativo di quello che i giovani fanno, mentre gli esempi positivi fanno sempre un po’ fatica ad emergere. Bisognerebbe inoltre dare ai giovani lo spazio che meritano, tantissimi sono ad oggi costretti ad andare via dall’Italia per trovarsi una nicchia in cui poter diventare quello che hanno sempre sognato.
Sei sempre stata molto attiva nel solidale? E perchè? Chi studia alla Bocconi pensa al business.
Il sociale è qualcosa che si respira anche in casa; mamma e papà hanno contribuito a costruire un piccolo dispensario e una scuola elementare in India, nella città dove si recano ormai da molti anni, Varanasi. Oltre a quello, nei primi anni di università ho cominciato anche ad interessarmi ad altri progetti e iniziative, specialmente quelle indirizzate ai giovani. Il focus internazionale era però qualcosa di obbligato, in quanto nel 2001 o giù di lì per i giovani qui in Italia non c’era veramente molto: qui manca forse l’idea di una società civile attiva dove il singolo individuo, slegato da quella che è la solidarietà più legata al mondo politico o religioso, possa comunque fare nel suo piccolissimo qualcosa per ‘cambiare il mondo’. Ho così cominciato a seguire i programmi di organizzazioni internazionali quali Oxfam o ONU, e da lì ho poi deciso che quella avrebbe potuto essere la strada che cercavo da tempo.
E’ assolutamente vero il fatto che in Bocconi si pensa essenzialmente al business, e non posso negare il fatto che anche lì io abbia trovato difficoltà oggettive a promuovere la mia organizzazione e i miei progetti. Spero però che un domani le cose possano migliorare, per fare in modo che tutti coloro interessati in questo tipo di lavoro possano ricevere l’incoraggiamento e il supporto necessario per poter lanciare qualcosa di proprio, partendo appunto dall’università dove si sono formati.
YAC è nato pochi anni fa, ma già sei nel ciclone mediatico. Te lo aspettavi? Te ne compiaci o preferiresti più fatti che parole?YAC è nato nel 2005, e all’estero riceve da tempo attenzione mediatica; dopo tutto, siamo stati la prima organizzazione a livello globale di questo tipo. Un’organizzazione interamente gestita da giovani e che si rivolge a giovani, un’organizzazione italiana che purtroppo ha fatto moltissima fatica – e continua a farne – per promuovere il suo modello di cambiamento anche da noi.
Sarebbe bello se tutta l’attenzione mediatica che stiamo ricevendo ultimamente potesse esserci utile per continuare la nostra opera; abbiamo infatti sia programmi ondine che programmi sul campo in diversi Paesi, ma la mancanza cronica di fondi e supporto spesso non ci permettono di essere più incisivi. Qui da noi si fa ancora un po’ fatica a credere che dei giovani possano, in effetti, lanciare qualcosa che viene utilizzato in 130 Paesi, e il cui modelli è stato lodato anche dall’ONU o dalla Banca Mondiale, per esempio.
Il premio che hai vinto e il progetto che è stato poi replicato in altre parti del mondo è stato di aiuto all’iniziativa?
Nel 2006 la Nokia seleziona YAC tra i 20 migliori progetti sociali, l’unico a rappresentare l’Europa Occidentale. Il premio ci ha dato moltissima visibilità in America, e ci è stato assolutamente utile a promuovere il nostro modello, in quanto arrivava dopo solo un anno del lancio dell’organizzazione.
Pensi che le donne siano più soldali degli uomini? Per natura o per indirizzamento culturale?
Questa è una cosa non facile da rispondere; in generale le donne hanno un tipo particolare di sensibilità verso tutto quello che riguarda la solidarietà, ma ciò non significa che gli uomini non possano essere altrettanto solidali.
Quanti siete e quante donne lavorano con voi?
YAC è interamente gestito da volontari in quanto il nostro budget estremamente ridotto viene interamente investito nei programmi. Abbiamo un pool di quasi una cinquantina di volontari, e abbiamo al momento quasi 1300 membri in oltre 120 Paesi del mondo, il 95% dei quali sono Paesi in via di Sviluppo o Economie in transizione. Più della metà dei nostri volontari è composto da donne.
Progetti per il futuro?
Ci piacerebbe poter espandere l’organizzazione e lanciare nuovi programmi, qualora riuscissimo ad avere il supporto che da moltissimo tempo stiamo cercando.
——-
Questa intervista è stata fatta 3 anni fa. Dopo di questo Selene molti progetti sono stati lanciati e terminati. Selene ha conseguito un Master, è stata eletta come YGL al World Economic Forum, lavorato sei mesi in Afghanistan, fatto il Testimonial per il Sociale per il Ministro Meloni e aperto Plain Ink, una onlus che crea libri per bambini e fumetti educativi in Italia e India (plainink.org). Prossimamente, oltre a Plain Ink Selene farà’ parte di una nuova iniziativa per le startup e l’innovazione in Italia.