di Laura Cima
E’ ora di smetterla di fare le portatrici d’acqua…
Quando finalmente venne alla ribalta lo scandalo del finanziamento dei partiti, con la vicenda della Margherita che aveva ricevuto milioni di euro di rimborsi elettorali pur non essendo più in Parlamento, come per altro tutti gli altri partiti, compreso quello dei Verdi in cui fino a sei anni fa militavo, mi sono chiesta com’è che queste vicende di ruberie sono passate inosservate alle militanti anche di partiti che si definiscono contro l’attuale sistema.
Mai sentito una denuncia su come venivano spesi allegramente i soldi pubblici senza necessità di essere rendicontati da parte di qualche politica che aveva potere nei partiti. Mai visto un documento collettivo di donne che chiedesse trasparenza, nè a livello nazionale nè a livello locale. Mai sentita una dichiarazione pubblica femminile che chiedesse di restituire il maltolto che il popolo italiano non voleva finisse nelle mani dei partiti.
La stessa Bonino che con i radicali aveva stravinto uno dei referendum contro il finanziamento pubblico dei partiti ha lasciato passare quasi 10 anni di gestione vergognosa e di spreco incredibile di finanza pubbliche senza riprendere con forza la denuncia.
Da parte mia ricordo la proposta inascoltata che con Silvia Costa, quando ero coordinatrice del gruppo riforme Istituzioni della Commissione Nazionale PO presso la Presidenza del Consiglio, avanzammo con forza per chiedere al Parlamento che legiferasse sull’art 49 in modo che i partiti, diventati enti giuridici, fossero responsabili della democrazia interna e dell’uso delle risorse. Allora nessuno ne parlava, nonostante fosse già avvenuto lo scippo sotto il nome di rimborso elettorale, di una somma dieci volte superiore a quella che si era bocciata come finanziamento pubblico. Ma si sa che nel nostro paese le istituzioni di parità contano come il due di picche, e la Prestigiacomo si affrettò a togliere voce alla più autorevole ed autonoma, cacciando le politiche che facevano richieste scomode ai Ministri, e riducendola a un Forum al suo servizio.
Non è di certo un caso che nella storia della nostra Repubblica ci siano state poche donne alle più alte cariche dello stato, capigruppo in Parlamento e segratarie di partito e mai nessuna, proprio nessuna, tesoriera.
La gestione del denaro pubblico non è concessa alle donne in Italia e di questo parlerò anche nel seminario di Altradimora di giugno, promosso da Marea, grazie alla lungimiranza dell’amica Monica Lanfranco che ha voluto promuovere: “Prendi i soldi e scappa” (trovate il programma sul sito Marea e www.radiodelledonne.org)
Adesso con la vicenda Lega le donne sono purtroppo in primo piano.
Nel ruolo di mogli, madri e badanti che hanno corrotto, così si dice, quel condottiero senza macchia che ce l’aveva sempre duro: Bossi. Per troppo amore famigliare ha ceduto alle richieste della moglie e dei figli. Ha finanziato con soldi pubblici diplomi e lauree false, auto di lusso, scuole e sindacati leghisti che ha regalato alla moglie, ai figli e alla badante.
Il cerchio famigliare si è allargato a pochi intimi, tesoriere compreso, ed è diventato quel cerchio magico contro cui l’altro condottiero senza macchia che ne era escluso, Maroni, si batte da tempo.
Bisogna riconoscere che le più avvedute sono state le segretarie che, sentita puzza di bruciato, si sono portate a casa quella documentazione compromettente che hanno potuto esibire davanti ai giudici che indagano. Sempre donne sono, che maneggiavano denaro, senza avere il potere di decidere. Sostengono di avere anche avvisato del rischio il boss, ma senza essere ascoltate.
Le altre donne della Lega, come alcune parlamentari che ho visto lavorare bene, non hanno mai avuto nè diritto di cronaca, nè potere nel partito, nè probabilmente informazioni. Se intuivano qualcosa si son ben guardate dal denunciare e sono state allineate e coperte, senza neppure prendere parte alle lotte intestine che agitavano il partito. Galleggiare e rendersi tecnicamente utili. Come per altro la maggioranza delle parlamentari di tutti i partiti.
Quando capiremo finalmente che per rompere i clan dobbiamo smetterla di portare acqua, di cercare un guadagno personale, di non avere voce in capitolo? Mi piacerebbe che le donne con cui sono in relazione leggessero con un’ottica responsabile queste vicende penose, tantopiù in questo periodo in cui chi non ha soldi e non ha lavoro, cade nella disperazione e, se uomo, rischia più facilmente persino il suicidio. Nessuno di noi è fuori da questo fango se non ci diamo una mossa.