di Giulietta Settembrini
…OLTREOCEANO: NEI PANNI DI SOFIA…
Ilaria Ambrogi è una giovanissima attrice romana, ennesimo talento in fuga in America. Nei teatri di New York è nei panni di Sofia Loren in “Once upon a time in Rome” un one woman show diretto dal pluripremiato regista Carl Ford e prodotto da Slices of Lives Productions.
Ilaria continua a accumulare esperienze e formazione.
Come dovrebbe infatti essere sempre per le giovani della sua età. Anche se, incredibile paradosso, in Italia non si smette di parlare di “meritocrazia”.
Questa è la storia di Ilaria che ci racconta cosa accade quando si incontrano veri professionisti che puntano sul talento…Tutto si muove come per miracolo.
Quando hai deciso di lasciare l’Italia?
Era una decisione che mi portavo dentro da tempo, ma era poco chiara. Continuavo a ricevere elogi per il mio talento, e non vedevo affatto come coltivarlo, e soprattutto dove. Non facevo che accumulare piccole esperienze che mi davano solo la sensazione che stessi frantumando il tempo senza capitalizzare niente. Né me stessa, né la mia formazione, né il mio impegno. E poi mi era pure chiaro che dovessi insistere su una serie di cose, e che c’era molto da studiare e da lavorare. Nel luglio 2009 sono venuta a New York dove ho deciso di fare (l’ennesimo) stage. Ma è stato fondamentale. L’insegnante Susan Main usava il metodo Kristin Liklater conosciuto come “liberazione della voce naturale”. Ho capito quanti condizionamenti avessi sempre avuto rispetto alla mia voce, e quante idee preconcette su quale fosse la giusta voce da usare per interpretare un personaggio, quale voce per cantare e addirittura quale voce dovessi avere nella vita di tutti i giorni. Insomma è stato per me un salto in avanti notevole. Più che altro mi ha motivata a continuare la ricerca. Che però, purtroppo, si può fare solo fuori dal mio paese.
Cosa ti ha fatto decidere di restare in America?
Al solito la fortuna aiuta gli audaci. Una volta arrivata qui ho fatto un altro incontro fondamentale con Susan Batson che è una “acting coach” (istruttrice di recitazione) che lavora per attori come Nicole Kidman, Juliette Binoche, Liv Tyler, Tom Cruise, Jennifer Lopez e altri.
Il metodo di Susan ha le sue basi nello Stanivslaskj- Strasberg e va forse ancora più in profondità. Dobbiamo essere in grado di conoscere noi stessi completamente e avere anche il coraggio di attingere alle esperienze più dolorose. Se veramente facciamo con autenticità questo tipo di lavoro di scavo interiore possiamo interpretare qualsiasi ruolo: a quanto pare abbiamo almeno il 75% in comune con ogni personaggio! Non è entusiasmante? Il percorso con Susan mi ha reso consapevole di moltissimi aspetti di me stessa, ha cambiato il mio modo di “ entrare” nei ruoli, facendo partire tutto dall’interno…Questo mi permette ora di avere totale e libertà e assenza di giudizio nella creazione. Di fidarmi della mia unicità in ogni specifica interpretazione. Insomma, non solo il metodo di Susan fa scaturire il massimo del talento in ciascuno e arrivare così dritti al cuore delle persone tramite una storia o un personaggio, ma quando senti che una professionista simile sta puntando su di te… si può immaginare che difficilmente si ha voglia tornare nel vuoto italiano.
Proprio con Susan Batson ho lavorato al un mio one-woman show sulla vita privata di Sophia Loren, in uno spettacolo dal titolo “Once upon a time in Rome”, diretto dal regista Carl Ford. E’ stata una delle esperienze più intense che abbia mai vissuto! Mi sono appropriata sia dei lati negativi che positivi della grande star. E grazie al metodo di Susan, io che sono così diversa dalla Loren, mi sono sentita perfettamente a mio agio nell’interpretazione.
A parte la formazione così importante per il tuo futuro, riesci a lavorare con continuità in America?
Ovviamente non è affatto facile e ci sono mille difficoltà. Ma voglio dire che quando ti senti “riconosciuta” accetti qualsiasi sforzo e frustrazione perché sai che è momentanea e l’accetti come parte del gioco. “Domani andrà meglio” non so se lo dici in Italia, a 23 anni poi…So perfettamente che devo ancora fare tanto ma oggi più che mai sono certissima della mia scelta, proprio perché mi è stato dato il modo di misurarmi con me stessa e con le difficoltà. Inoltre, esattamente perché qui tutto parte dal riconoscimento del merito e del talento, l’organizzazione del lavoro e l’accesso al lavoro cambiano molto. Prima di incontrare Susan, sin dal primo mese ho fatto audizioni e incontri con direttori casting di alto livello senza bisogno di raccomandazione. Sono stata subito ascoltata nonostante l’ accento e la scarsa proprietà di linguaggio, e questa è stata vista come la mia unicità, è stata apprezzata e non giudicata. Sono riuscita a lavorare in vari progetti, anche cinematografici, soprattutto film indipendenti. Un’esperienza meravigliosa è stata quella con il film “Sloth”, diretto da un giovane regista italiano, Giulio Poidomani. Ce ne sono state poi molte altre: il film “I was”, “Profile” d”The Interview” di Jane Basina, “Normals”, diretto da Nicholas Peduzzi, “One Night” di Sara Leal. In questo momento sto lavorando a una webseries e uno spettacolo teatrale. Lo spettacolo sarà una ripresa del mio one woman show su Sophia Loren dell’anno scorso. Questa volta però accanto a me sul palco ci saranno altri due attori italiani: Nicole Cimino e Luca Manganaro – anche loro come me “scappati” oltreoceano – e che interpreteranno rispettivamente Anna Magnani e Vittorio De Sica. Sono contentissima all’idea di questo spettacolo, sarà una celebrazione del cinema neorealista italiano e una riflessione sul cinema di oggi e di allora.
Quali differenze hai notato con l’Italia?
Quello che mi affligge dell’Italia è l’inaccessibilità dei provini, sia teatrali che cinematografici, e la poca apertura verso i giovani talenti, in particolare quelli che puntano a quest’arte con impegno. E’ pieno di gente che studia tutto quello che c’è da studiare, e che lavora nei piccoli teatri da anni. Tutte queste persone non vengono mai scoperte. Sei “scoperto” – e è tutto da vedere come, e a quali condizioni – solo da Maria De Filippi.
Come potrà mai progredire quest’arte fondamentale per l’umanità se si lascia tutto alla gestione di una sola donna di televisione con delle esigenze di ascolti e di vendita di prodotti per casalinghe in tv? Tutto questo ovviamente rientra in un problema più grande. Si è affermata una mentalità pericolosa secondo cui la crescita intellettuale, culturale e spirituale non convengono. E così resta tutto fermo. Nessuno investe né in cultura e tanto meno nello spettacolo. Ovviamente, parlo dello spettacolo di livello e non dell’intrattenimento formattato per vendere detersivi e saponette in tv.
Però, però, si muovono delle cose, se solo lo capissero…Ho visto che si è sollevata una bella protesta in Italia. Il teatro Valle come la torre Galfa, di recente a Milano, sono due meravigliosi esempi di “resistenza” al vuoto e all’arroganza che hanno seppellito tutte le nostre energie. Sono sicura che porteranno molto lontano. Se non avessi intrapreso questa strada, oggi, sarei sicuramente con le mie colleghe e colleghi al teatro Valle.
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