Le statistiche dicono che la maggior parte delle donne al Sud sono disoccupate. In effetti statisticamente parlando, questo dato non fa una piega. Ci sono molte donne imprenditrici, insegnanti, giuriste, dottoresse, impiegate negli enti pubblici, in banca, nelle aziende e anche politiche molto determinate che lavorano in vari settori ed entrano nei dati delle “poche donne” occupate, ma, ora che ci vivo stabilmente, ( dopo quasi quarant’anni di vita “al Nord“) e posso accedere ogni giorno alla realtà della vita media delle donne del Sud, noto come le statistiche non ce la potrebbero mai fare a rappresentare la variegata situazione effettiva, del lavoro delle donne del Sud.
Certo, donne disoccupate ce ne sono parecchie ma, parlando in termini pratici, meno, molto meno di quelle che si possano immaginare. Ci sono donne che lavorano in nero, (o così o niente) di solito part-time, o in orari “disagiati”. Ci sono donne che lavorano in regola, ma quasi tutte sanno che prenderanno circa la metà di quello che firmeranno sulla busta paga. Ci sono anche donne che il lavoro se lo inventano: tipo baby sitter, confezionatrici di bomboniere, confezionatrici di pranzi per cerimonie casalinghe, domestiche, artigiane varie e laureate qualificate in master e corsi di aggiornamento, per spiegarci, che lavorano con “professionisti“, negli studi privati, per “far pratica”, per anni e anni, con ritmi da record dei primati e quasi gratis. Ci sono collaboratrici dei mariti e figli nell‘azienda di famiglia, dove se capita fanno di tutto, dalla contabilità alla pulizia dei wc, tanto non appaiono da nessuna parte…donne che lavorano di notte, quando gli esercizi pubblici chiudono… a pensarci bene, forse, quelle occupate in agricoltura, che potrebbero sembrare più svantaggiate, hanno qualche occasione in più di essere più o meno in regola, ma per tutte è comunque una vita dura!
Dura , e…incredibilmente aleatoria, non solo adesso che siamo in crisi, ma da sempre, un lavoro non lavoro, portato avanti con il sorriso sulle labbra, perche, almeno, loro, queste, se sono fortunate, “possono“. Laddove quel “possono” vuol dire molte cose: disporre di una piccola somma per se, ma più spesso comprare il corredo per la figlia, mettere via qualcosa, quasi di nascosto, perchè domani non si sa mai, mandare i figli all’università, permettere a tutta la famiglia di avere una vita più decorosa, fare qualche attività di volontariato, sì, perché qui il volontariato non solo è fiorente, ma è anche autofinanziato, e moltissime vi si dedicano come hobby, spendendo orgogliosamente “del proprio”. E le giornate passano!
Dopo questo lavoro fantasma, “dopo“, le donne tornano “a casa”: ovviamente lavano, stirano, puliscono, fanno la spesa, recuperano i figli piccoli dalle tate o più spesso dai nonni, se i nonni sono validi, sennò si occupano anche degli anziani, andando per loro dal medico, a fare piccole spese, sbrigare le incombenze più noiose, ritirare i vestiti dalla lavanderia, prenotare gli esami, ecc. ecc.…Si sa, degli anziani “sono le figlie femmine che se ne devono occupare“! E…sempre con il cellulare in tasca, perché in qualunque momento, qualcuno potrebbe chiamarle per comunicare loro l’orario per l’indomani, e “se non trovano una, passano a chiamare un’altra“, l’offerta è abbondante!
L’alternativa? Fare domanda nell’arma, o espatriare per far fruttare le proprie competenze… lo fanno in tante, che pur essendo donne del Sud entrano nelle statistiche lavorative altrove! Ma non tutte ce la fanno a lasciare la propria terra. Così, “ci si arrangia”.
La sera, prima di andare a letto si organizza l’indomani per mariti e figli. Al mattino sveglia alle cinque, scaricare la lavatrice che si è fatta andare nella notte, per via delle “fasce” agevolate, preparare qualcosa al forno, caso mai, verdure o i legumi nella pentola di coccio, così a mezzogiorno sono ancora caldi, nel frattempo ritirare i panni del giorno prima e stendere questi! E… le sentissi mai protestare, ribellarsi?! Mai! Le casalinghe caso mai si lamentano, le donne che lavorano, no, sono felici! Quando qualche volta parliamo delle giornate trascorse, dico loro: “ragazze, non è giusto! E poi, lavorate anche sottopagate!…” Ma loro mi guardano “strana“, (Oh, qui non siamo al Nord!) Il lavoro lavoro? Quello “giusto”’ E…sssì, sarebbe bello…ma intanto dobbiamo vivere, la famiglia deve andare avanti…i figli a scuola…il mutuo…se capitasse di trovare qualcosa di meglio, magaaaari! Ma dove lo trovi?
Ed io penso ancora alle statistiche: se emergesse, il lavoro di queste donne sarebbe almeno una volta e mezzo superiore a quello degli uomini. Il presente e il futuro, di molte, forse, potrebbero essere diversi. Ma, “disincentivate” sin dalla nascita, molte non riescono a considerare la propria attività lavorativa un valore “sociale” ed “economico”, non pretendono nemmeno il riconoscimento di un minimo contrattuale, le ferie pagate, uno straccio di contributo per la vecchiaia, un’assicurazione infortuni. Per lo più concepiscono quel poco di lavoro precario come un’ opportunità che la vita offre loro, perché possano assolvere bene il loro primo dovere, quello che, dopotutto, è il vero “valore principale” per una donna: far sì che “tutto funzioni”… soprattutto in casa.
Graziamaria Pellecchia. Nata a Bari nel1947. Ho frequentato l’Istituto commerciale e poi l’Università di Lingue a Bari. Nel 1973 mi sono sposata e ho raggiunto mio marito nel suo piccolo paese natale: Vaiano Cremasco in Provincia di Cremona . Ho lavorato a Milano negli anni settanta e poi a Monte Cremasco, per quasi trent’anni, come ufficiale demografico al mattino e bibliotecaria nel pomeriggio. Ho due figli. In pensione abbiamo deciso di stabilirci ad Adelfia, (BA) dove tutt’ora viviamo. Ho sempre amato scrivere. Penso che questo modo di raccontarci sia una delle migliori opportunità per condividere con leggerezza la nostra umana avventura.