Intervista a una donna vittima di violenza, con la collaborazione di PANGEA Onlus
Premessa
Sono una blogger. E le blogger possono pure dare fastidio. Ti apri uno spazio nel web: scrivi e dici la tua. Io ho scelto di dire la mia e quella di altre donne che mi chiedono aiuto o amicizia o sostegno. Per quello che posso fare. Forse è niente, forse è poco, ma forse per loro è qualcosa in più rispetto a ieri. Io ci sono. Sempre dalla parte delle donne, di quelle vere.
Per questo vorrei capire qualcosa di più su questo flagello antico come il mondo, cancro orribile di società umane malate. La violenza sulle donne: fisica, sessuale e/o psicologica.
So già che si scateneranno alcuni contro questa intervista: “dovevi chiedere questo piuttosto che quest’altro”. E allora precisiamo subito. Ho contattato la Fondazione PANGEA ONLUS (www.pangeaonlus.org; www.sportelloantiviolenza.org) che si occupa, tra le tante altre attività svolte a favore delle donne, anche di questo problema.
Per non agire in modo invasivo-invadente su una donna vittima di violenza, ho pregato la responsabile dell’ufficio stampa di Pangea, Marina Tomacelli Filomarino, di fare da tramite. Io ho fornito le domande tramite email. Lei ha chiesto la libera adesione e disponibilità all’intervista da parte di una donna vittima di violenza, che ha intrapreso un percorso di uscita dalla violenza grazie all’aiuto di uno dei centri antiviolenza sostenuti da Fondazione Pangea. La donna che ha dato la sua disponibilità, si è presa tutto il tempo per riflettere sulle mie domande. Successivamente, ho ricevuto le sue risposte e le ho inserite nel file. Punto e basta (per modo di dire…. altro che punto e basta!).
Questa è una libera testimonianza sulla violenza maschile alle donne.
Qui nessuno ci guadagna un centesimo. Ma una donna – forse – è uscita dal numero delle statistiche per esprimere il suo dolore.
Tante sono le interviste coinvolgenti e terribili che troviamo da tempo sul cartaceo o sul web, su questo tema. Io ho voluto semplicemente dare il mio apporto.
Anch’io sono donna e voglio provare a capire, almeno un po’, almeno in parte.
Ringrazio la donna che ha aderito a questa iniziativa. Ringrazio la Fondazione Pangea Onlus. Ringrazio anche tutte quelle fondazioni, associazioni, onlus che si adoperano per questa piaga sociale, spesso arrampicandosi sugli specchi, spesso senza finanziamenti pubblici.
Credendoci e basta.
Marina Tomacelli Filomarino mi scrive: “questa donna è stata seguita per anni da uno dei centri che sosteniamo. E’ stata molto felice di fare l’intervista, consapevole che altre donne che oggi stanno subendo la sua stessa tirannia, magari troveranno il coraggio e la forza di agire”.
INTERVISTA A MARIANNA
Ciao. Vorrei che tu ti sentissi completamente libera di rispondere o meno a queste domande. Possiamo specificare solo due dati che ti riguardano? Sei italiana o straniera? Quanti anni hai?
Sono italiana, ho 42 anni.
Sei una donna vittima di violenza. Non entriamo nei particolari. Ma puoi almeno dire di quale tipologia di violenza si tratta (fisica, sessuale e/o psicologica)? Puoi definirla solo genericamente?
Per molti anni sono stata vittima inconsapevole di violenza psicologica, economica, sessuale.
Questo tipo di violenza a cui sei stata sottoposta rientra in ambito familiare o è riconducibile a persona/e esterna/e al tuo nucleo?
Il mio maltrattante è stato mio marito.
Non descriviamo qui gli aspetti dettagliati della violenza a cui sei stata sottoposta. Però potresti provare ad esprimere, a ricordare il sentimento che si prova? E’ un vuoto interiore, è rabbia, è paura, oppure…?
Sono molti i sentimenti che ti assalgono, dapprima ti senti triste e incredula. Poi la rabbia per non aver capito prima, ma la cosa più terribile è il senso di fallimento. Questo ti impedisce di reagire.
Come si fa a “sopravvivere”? A quali pensieri ti affidavi per andare avanti?
Quello che ti accade è talmente enorme che semplicemente nascondi a te stessa l’evidenza: sei come narcotizzata. Allora ti illudi che domani cambierà. Trovi giustificazioni per accettare ogni suo comportamento “anormale” e lo trovi giusto. Anzi: ti senti colpevole. D’altro canto lui te lo dice continuamente “è solo colpa tua se io agisco così.”
Hai mai provato sentimenti di vendetta? E’ possibile perdonare? Sei riuscita a perdonare?
Vendetta no. Non ho mai provato questo sentimento per lui. Ma molta rabbia, quella sì. Rabbia per avermi rubato la vita, gli anni migliori ….. credo che non potrò mai perdonarlo.
<continua>
2 commenti
A nessuno passa neppure per la testa che il brutto Paese contro i cui mali si battono e si spendono ha raggiunto questi livelli di ineguagliabile scempio anche perché ha escluso le donne. E così, nei loro gesti di coraggio, nelle battaglie che conducono non è previsto neppure un pensiero per questa assenza, che invece riproducono tal quale, o un cavalleresco gesto di riparazione che colmi il vuoto.
Nell’inasprimento della battaglia ideologica si rinserrano le file, gli eserciti contrapposti si danno battaglia. Si torna alla guerra e alle sue infinite metafore. Cosa c’entrano le donne con tutto questo? Sono in buona fede, gli eroi. Bastano a se stessi.Riteniamo, infatti, un grave errore politico, che va a discapito di tutta la società civile, la scarsa valorizzazione del talento femminile, tanto più che è noto come tante siano le laureate in economia, in giurisprudenza, nelle materie scientifiche, oltre che nelle materie umanistiche. Laureate, che non solo nelle statistiche puntualmente risultano in numero maggiore dei loro colleghi uomini, ma si laureano prima e spesso con voti migliori.
Mentre in Italia sorgono ogni giorno di più iniziative per chiedere una democrazia veramente rappresentativa, cioè una rappresentanza paritaria, che sarebbe il segno di un rinnovamento politico e sociale, nel contempo dobbiamo assistere a una politica travolta dagli scandali e segnata dalla propria incapacità di dare una prospettiva al Paese, di rimettere in discussione i vecchi equilibri nella gestione del potere, di dare impulso e sostegno alle energie tese al rinnovamento verso il futuro.la piena inclusione delle donne in ogni ambito della vita lavorativa, ma anche sociale e civile del Paese”,
In unione ideale con quei movimenti che mirano al miglioramento, proponiamo un’azione più circoscritta il cui fine è “portare ai vertici anche le donne”: non vogliamo, tuttavia, donne purché siano, ma donne che rispondano a caratteristiche accertate, che del resto dovrebbero possedere anche gli uomini (onestà, cultura, preparazione, competenza, senso etico della res publica, appunto).
Le donne, in tal modo, sono protagoniste della nuova stagione politica che si deve necessariamente aprire, partecipando attivamente a quel processo di cambiamento ormai indifferibile e assumendo responsabilità dirette, assieme agli uomini.
La necessità e l’urgenza di adottare misure atte a conseguire il mainstreaming di genere, vale a dire la considerazione e l’inserimento del punto di vista femminile in tutte le politiche e azioni, potrà consentire all’Italia di corrispondere alle direttive europee e allo stesso tempo di evolversi in politiche che rendano competitive, oltre che eque, le attività sociali ed economiche.
Succede, a volte, di provare una grande attrazione per qualcuno che poco ha a che fare con i nostri valori, le nostre abitudini, le nostre passioni. Che sia chimica, follia, istinto animale poco importa. Ciò che importa è che spesso, invece di dare alle cose il proprio nome, ci si affanna a interpretarle nel modo più indolore possibile, per non mettere in discussione la propria dignità, per tener fede a dogmi e precetti dai quali ci si sta svincolando, senza volerlo ammettere. (…) Si forniscono alibi, giustificazioni, si cercano attinenze che non esistono ma alle quali ci si aggrappa come polpastrelli in una scalata che renderà difficile sgretolare poi la roccia, pena il precipizio.la paura negli occhi, su suppliche e disprezzo, sull’espressione contratta rimane sul volto.La donna si appiattisce a vittima, l’uomo a carnefice. Non che non lo siano, ma il rischio è una caricatura in cui la vita non si rispecchia. Il mondo appare semplice quanto tremendo, e nessuno da casa si riconosce in quelle storie: “non a me”.