di Caterina Della Torre
Diretto da Aleksei Fedorchenko.
Un film che vuole esprimere il valore della vita e della morte innalzando un inno all’amore che conduce all’immortalità. Infatti l’ultima frase del protagonista è:”Tolko ljubov ne imeet konza”, solo l’amore non conosce fine.
Il titolo originale in realtà è “Ovsjanki” (Silent souls), come gli ultimi Merja di Russia , una popolazione ugro finnica, assorbita dagli slavi, chiamano le loro donne.
Miron, proprietario di una cartiera, uno dei due protagonisti principali, alla morte dell’amata moglie Tanya, prega un suo fidato dipendente, Aist, fotografo e scrittore, di accompagnarlo per compiere il rito di addio, secondo le tradizioni della cultura dei Merja.
I Merja, sono scomparsi da 400 anni e di questi sono rimasti solo il nome dei fiumi e un legame atavico che lega i suoi eredi alle acque, tanto da accompagnarli anche nella morte
Il viaggio sarò colmo di ricordi e particolari intimi della defunta, ”fumo” come li chiamano i Merja, e di immagini di quella deserta landa della Russia centrale.
Il film prende spunto da un racconto di Aist Sergeyev, The Buntings, in cui il protaginista parla dopo aver varcato le soglie della vita.
Un racconto tenero, di una nostalgia struggente, accompagnato dal cinguettio di due uccellini tenuti in gabbia, gli ”zigoli” che al momento dell’estremo saluto alla defunta vengono lasciati liberi decretando la fine stessa dei protagonisti.
Silent Souls, una storia triste, melanconica, talvolta inquietante, ma il ritorno alle origini primordiali dell’acqua dei fiumi, colma il cuore dello spettatore di vibrante serenità.
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