di Rita Cugola
Per le donne di Amman la scelta fra conservatorismo e occidentalizzazione è diventata quasi un imperativo. Le bancarelle dei mercati sono zeppe di mercanzia dalla provenienza eterogenea e non di rado capita che un perizoma in pizzo faccia capolino dalla pila delle lunghe tuniche tradizionali accatastate a casaccio sul bancone. Analogamente, i vasti centri commerciali della capitale giordana propongono merci occidentali di ogni tipo e marca, pur senza trascurare la produzione locale.
La contraddizione è ormai diventata parte integrante di una società in crescita, dove anche le donne rivendicano un ruolo attivo.
Un messaggio, questo, prontamente captato dal giovane re Abdallah II, educato in Occidente, che al fianco dell’avvenente moglie Rania sembra davvero aver portato una ventata di modernità nel paese.
La sua ultima mossa non è giunta inattesa. Il sovrano ha infatti esteso il diritto di divorzio a entrambi i sessi e ha provveduto ad approvare una legge volta ad assicurare una presenza femminile in parlamento pari al 10%. Ed è proprio una donna, la 62enne Rabiha Dabbas. a ricoprire la carica di Ministro degli Interni. Il suo è il primo caso del genere in tutto il Medio Oriente.
Rabiha riflette indiscutibilmente i ripetuti sforzi della famiglia reale in virtù di una vasta opera di modernizzazione e apertura socio-politica, ma non è facile estirpare le radicate contraddizioni sociali, culturali, politiche e religiose di un territorio tra i più poveri del mondo arabo.
“Le donne possono fare quello che vogliono, io ne sono la prova”, esordisce il Ministro. “L’Occidente non dovrebbe avere pregiudizi nei nostri confronti: il più grosso ostacolo per l’emancipazione femminile in in Giordania sono le donne stesse. Vogliono avere una vita facile, protezione e diritti: però senza sforzi”.
Apparentemente, dunque, la realtà parrebbe trascendere ogni sterile congettura del mondo occidentale. Ma non tutto è davvero come sembra, se è vero che quotidianamente ogni angolo del paese restituisce all’indifferenza generale le tragedie consumate ai danni delle donne comuni, quelle che non escono allo scoperto, che soffrono in silenzio, lontane da telecamere e giornalisti, isolate dalla solitudine e avvolte nel loro dolore personale